Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-05-2013) 06-06-2013, n. 24958

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- F.W., già condannato in concorso con XXX, in primo e secondo grado -sentenze del tribunale monocratico di Avezzano in data 8.2.2006 e corte di appello di Aquila in data 3/25.3.2012- alla pena di anni uno,mesi uno di reclusione ed Euro 400,0 di multa per i delitti, in continuazione, di truffa e di ricettazione – art. 81 cpv. e 640 c.p., e art. 648 c.p., comma 2 – ricorre avverso la seconda decisione e deduce, con il richiamo all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e): a) difetto di legittimazione alla presentazione della querela da parte di B.V., gestore di fatto del locale notturno, del quale titolare era la di lui madre, in buona sostanza quindi solo persona ingannata, e non danneggiata, per essere stato a lui, in tesi, consegnato, a titolo di pagamento di consumazioni nel predetto esercizio da parte degli imputati un assegno oggetto di furto; b) inattendibilità della testimonianza del predetto B. che avrebbe ricevuto un assegno di importo superiore all’entità del credito derivato dal consumo dei due imputati, avventori. Il ricorso è destituito del tutto di fondamento.

Non vincente certo la prima censura difensiva: il possesso tutelabile in sede penale ha una accezione più ampia di quella civilistica, includendo non solo il possesso "animo domini" ma qualsiasi rapporto di fatto con la cosa esercitato in modo autonomo ed indipendente dalla titolarità del bene quale espressione di un legittimo "ius possessionis", di guisa che il responsabile di un esercizio commerciale, pur sprovvisto di poteri di rappresentanza o institori del proprietario dei beni posti in vendita, ha legittimazione alla proposizione della querela per i fatti di furto della merce detenuta ed esposta al pubblico (Sez. 6, 15.6.2012/9.1.2013,Vignoli, Rv.

253888). Non solo: il delitto di truffa si compone di ben quattro eventi naturalistici a cui corrispondono altrettante persone offese e interessi dal diritto tutelati: artifizi e raggiri e induzione in errore, i primi due eventi volti a tutelare la libertà di determinazione dell’offesa, disposizione patrimoniale – evento tacito – e danno patrimoniale, eventi volti a tutelare per l’appunto il patrimonio.

La seconda censura è del tutto inammissibile in sede di legittimità: invero le regole dettate dall’art. 192 c.p.p., comma 3, e richiamate dal ricorrente, non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. Nel caso di specie le dichiarazioni di B.V., coerenti ed attendibili, rinvengono un serio riscontro nelle dichiarazioni del coimputato non ricorrente, V.E., che ha tentato di "scaricare" la responsabilità della consegna al solo imputato ricorrente. Senza successo per avere i giudici dell’appello sottolineato che con la consegna dell’assegno gli imputati, entrambi presenti, avevano inteso estinguere il complessivo debito conseguente alle loro consumazioni nel locale notturno gestito dal B.. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013

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