Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-05-2013) 06-06-2013, n. 24956

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- M.A. e V.D., già condannati, in abbreviato, in primo e secondo grado – gip del Tribunale di Venezia in data 30.9.2009 e corte di appello di Venezia in data 29.5/24.7.2012 – per i delitti in continuazione di concorso i nei delitti di estorsione e di acquisto e detenzione di eroina – art. 81 cpv. 110 e 629 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 – alle pene, il M., di anni tre, mesi otto di reclusione ed Euro 1.500 di multa, la V. alla pena di anni due, mesi otto di reclusione ed Euro 1000 di multa,ricorrono, con due distinti atti, avverso la seconda decisione deducendo rispettivamente, e richiamando l’art. 606 c.p.p., comma 1 lett. b), d) ed e), nell’ ordine: M.:

a) illegittimità della decisione per aver utilizzato a fondamento del ragionamento giudiziale elementi di prova acquisiti al di fuori del contesto procedimentale e processuale; b) illegittima valorizzazione della deposizione della persona offesa, S. A., inaffidabile per incoerenza ed illogicità; c) manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenute, ma insussistenti minacce alla persona offesa tramite telefono; d) vizio di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche pur richieste a fronte della condotta collaborativa; e) erronea applicazione della legge penale per l’insussistenza di elementi costitutivi della condotta contestata;

f) violazione di legge per doversi il fatto, qualificato come estorsione, inquadrarsi invece nell’archetipo normativo dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni tramite violenza alle persone;

g) mancata assunzione di una prova decisiva quale l’accertamento di impronte sui bilancini rinvenuti e sequestrati nell’area condominiale dell’abitazione del prevenuto.

V.: oltre che ripetere le censure di cui alle precedenti lett. b), c), e) ed f), si deduce l’illegittimità della sentenza, con il richiamo all’art. 391 bis c.p.p., per non essere state acquisite le pur richieste prove documentali afferenti alle deposizioni di terze persone rese in un diverso procedimento che scagionavano da ogni responsabilità la ricorrente, impedita a svolgere così indagini difensive.

-2- In breve il fatto come ricostruito dai giudici di merito: in seguito all’omesso pagamento di dosi di eroina ceduta a tale S.A., i due imputati, con ripetute minacce, lo costringevano a consegnare loro la somma di Euro 1.500,00. I giudici di merito ritenevano attendibili le dichiarazioni della persona offesa, in quanto puntuali, circostanziate e coerenti, peraltro riscontrate dall’arresto del M. nella flagranza del reato, nell’atto cioè di ricevere la somma di denaro estorta, dalle telefonate minacciose ed assillanti deponenti, stante poi la notevole disponibilità di denaro dell’imputato, per la causale di natura illecita delle richieste, stante ancora l’inverosimiglianza della giustificazione fornita dall’ interessato che riferiva la richiesta di denaro per un anticipo finalizzato all’acquisto di piastrelle.

-3- I ricorsi non possono accogliersi perchè inammissibili.

La critica sulla motivazione supportante la dichiarazione di colpevolezza tracima i confini del campo di conoscenza di questa corte, risolvendosi in critiche sul merito del provvedimento. Anche se le regole dettate dall’art. 192 c.p.p., comma 3 non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, puntualmente svolta nel caso di specie, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, peraltro svolta dai giudici di merito in modo penetrante e rigoroso rispetto all’esame cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone, il discorso giustificativo giudiziale sul punto non ha mancato di riferire su riscontri esterni, anche in senso logico, come sopra delineati nella descrizione del fatto.

Condivisibili, poi, le censure relative all’indebita acquisizione di dati probatori acquisita aliunde dal giudice di merito e non facenti parte del fascicolo, ma anche irrilevanti per essere stata la sentenza di appello sottoposta alla prova, vincente, di resistenza.

Non condivisibili invece le censure che lamentano il rigetto della richiesta di acquisizione di nuovi elementi, ostandovi il rito, abbreviato, prescelto. Generiche le censure sul difetto di motivazione in merito alla sussistenza del fatto di reato, nella sua materialità e riferibilità soggettiva, manifestamente infondate quelle funzionali ad una operazione ermeneutica volta alla diversa qualificazione del fatto: invero non è ravvisabile il delitto di "ragion fattasi", ma quelli più gravi di rapina o di estorsione, ogni qualvolta la pretesa si fonda su un fatto illecito- acquisto di stupefacente-, non potendo comunque assumere la consistenza di un diritto azionatole.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013

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