Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-05-2013) 05-06-2013, n. 24448

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con sentenza del 2.12.2009, il Tribunale di Catania, Sezione distaccata di XXX, dichiarò B.A. responsabile dei reati di appropriazione indebita e truffa, commessi nel (OMISSIS), unificati sotto il vincolo della continuazione e – concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti – lo condannò alla pena di mesi 7 di reclusione ed Euro 300,00 di multa, pena sospesa.
L’imputato fu altresì condannato al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese a favore della parte civile XXX S.p.A..
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Catania, con sentenza del 5.12.2011, confermò la decisione di primo grado e condannò l’imputato alla rifusione delle ulteriori spese di giudizio sostenute dalla parte civile.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo vizio di motivazione e mancato raggiungimento della prova che l’autore dell’ammanco dei buoni spesa (se esistente) e l’illecito utilizzatore degli stessi sia l’imputato. M.S., amministratore giudiziario di XXX S.p.A., ha riferito che la querela era stata sporta indicando quale responsabile B. sulla scorta degli accertamenti effettuati dalla società XXX. B., all’interno di XXX, era addetto al controllo dei buoni spesa.
Tali buoni erano stati riutilizzati due volte presso un punto vendita affiliato a XXX. I buoni una volta utilizzati tornavano alla sede centrale e dopo il controllo dovevano essere distrutti. M. ha riferito che il nome di B. era stato segnalato dal responsabile del punto vendita pur non sapendo indicare il nome di costui e neppure quello della cassiera. M. era stato vago anche in ordine al fatto che talora i punti di vendita, anzichè restituirli obliteravano o tagliavano i buoni spesa, ma non sapeva indicare se erano intervenute contestazioni; ignorava il periodo di vendita e chi era addetto alla distruzione all’interno di XXX. Non sarebbe vero quanto scritto in sentenza (p. 4) e cioè che B. era addetto alla distruzione dei buoni ed egli non era l’unico dipendente che entrava in contatto con tali buoni. Le dichiarazioni di M. sono de relato.
C.D., di Loggia Service, ha riferito di essere stato incaricato di appurare chi aveva effettuato i pagamenti con i ticket XXX ed aveva descritto una persona alta cm. 170 con capelli corti di cui non conosceva il nome e che successivamente era stato indicato in B., ma non avrebbe fornito alcun elemento certo per la sua identificazione.
G.D., titolare di due supermercati, ha dichiarato di aver riconosciuto B. su riconoscimento di XXX e che era stato il responsabile della sicurezza Ca.Lu. a segnalare il nome di B. e non ricordava se il nome di B. era stato fatto anche da Bl.To., come contestatogli, ma che se aveva ciò dichiarato doveva essere necessariamente così. G. era vago sull’utilizzo dei buoni ed indicava in T. la fonte sostanziale.
I giudici di merito avrebbero perciò travisato il contenuto degli atti quando indicano in G. il teste chiave presente ai fatti.
A.G., responsabile della tesoreria Global Service, gestita da XXX, non ha saputo indicare eventuali ammanchi.
P.C. ha affermato di non aver nulla da riferire riguardo a B..
Bl.An., il quale ha riferito di aver appreso da G. D. che B. aveva speso i buoni, sarebbe stato smentito dal teste diretto.
c.l. ha riferito di essere arrivato a dedurre che l’autore della spendita fosse B.. Le dichiarazioni circa quanto appreso da un operatore non sarebbero utilizzabili per la mancata indicazione della fonte.
S.S.M., direttore commerciale di XXX, a cui faceva capo anche la sicurezza, ha affermato di aver constatato l’ammanco di circa 15.000 buoni ha dichiarato che non erano riusciti ad identificare B. e che erano risaliti a lui perchè aveva ammesso di aver preso i buoni da un affiliato. B. ha negato tale circostanza ed ha riferito circa i cattivi rapporti che aveva con S.. Lo stesso S. ha però ammesso che quando gli fu contestato il fatto B. aveva detto che non doveva dare alcuna spiegazione.
T.L.R., dipendente del supermercato "Sicilia and Food", ha dichiarato di non ricordare di aver ricevuto una segnalazione da parte della cassiera To.Si. in ordine agli ammanchi dei buoni spesa ed è stato dubitativo circa l’utilizzo di buoni da parte di B.. Ha escluso di aver visto o identificato B..
To.Si.Al., cassiera presso il menzionato supermercato, ha riferito di aver fatto una segnalazione a T., che conosceva B. solo come cliente e che non lo aveva fermato perchè non aveva tale compito.
Mancherebbe la prova che sia stato B. a spendere i buoni.
L’imputato ha dichiarato che non era suo compito distruggere i buoni sconto e che aveva avuto un diverbio in proposito con Ar., venendo cosi spostato ad altro incarico.
Sarebbe stata peraltro necessaria la complicità di altri soggetti per realizzare la condotta attribuita a B..
Chiedeva pertanto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ed in subordine la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
In via ulteriormente subordinata chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna.
Al ricorso sono allegate le trascrizioni delle dichiarazioni.
Il difensore della parte civile XXX S.p.A., con memoria depositata in data 8.5.2013, ha chiesto dichiararsi inammissibile o comunque rigettarsi il ricorso.
Motivi della decisione
Il motivo di ricorso relativo al vizio di motivazione per travisamento della prova è inammissibile perchè, sotto il profilo della violazione della legge processuale e del vizio di motivazione tenta di sottoporre a questa Corte un giudizio di merito, non consentito neppure alla luce della modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), introdotta con L. n. 46 del 2006, ed inoltre è manifestamente infondato.
Va premesso che la modifica normativa dell’art. 606 c.p.p., lett. e), di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46, lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza, illogicità o contraddittorietà può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati.
E’ perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorchè si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia.
Attraverso l’indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od omessa si consente nel giudizio di cassazione di verificare la correttezza della motivazione.
Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice.
Infine il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere carattere di decisività non essendo possibile da parte della Corte di cassazione una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito.
Nel caso in esame il ricorso ripropone invece l’intero materiale probatorio e prospetta una ricostruzione in fatto alternativa a quella ritenuta dai giudici di merito.
Peraltro il motivo di ricorso è anche manifestamente infondato, posto che, dallo stesso ricorso, risulta che la teste To.
segnalò B. quale spenditore dei buoni, precisando che lo conosceva come cliente, sicchè il fatto che non lo abbia fermato è irrilevante.
Il motivo di ricorso relativo alla mancata concessione della non menzione della condanna è manifestamente infondato.
Il motivo di appello relativo era stato dedotto in modo generico, con esclusivo riferimento alla modestia del fatto.
Correttamente perciò la Corte d’appello ha ritenuto inammissibile il relativo motivo di appello (p. 6 sentenza impugnata).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Da ultimo il Collegio osserva che non possono trovare applicazione le norme sulla prescrizione del reato, pur essendo maturati i relativi termini, dal momento che – secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte – l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla mancanza, nell’atto di impugnazione, dei requisiti prescritti dall’art. 581 c.p.p., ovvero alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p., (cfr: Cass. Sez. Un., sent. n. 21 del 11.11.1994 dep. 11.2.1995 rv 199903; Cass. Sez. Un., sent. n. 32 del 22.11. 2000 dep. 21.12.2000 rv 217266).
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese a favore della parte civile XXX S.pA che si liquidano in Euro 3.000,00, oltre I.V.A. e C.P.A., alla luce dell’attività defensionale svolta.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile XXX S.pA liquidate in Euro 3.000,00, oltre I.V.A. e C.P.A. Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2013

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