Corte di Cassazione – Sentenza n. 25001 del 2011 Applicata la misura della custodia cautelare a una dentista accusata di truffa in danno dell’Azienda Sanitaria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

Con ordinanza in data 23/2/2011, Il Tribunale di Messina, a seguito di istanza di riesame avanzata nell’interesse di Z. M., indagata per falso e per numerosi episodi di truffa ai danni della Azienda sanitaria provinciale di Messina, confermava l’ordinanza del Gip di Messina, emessa in data 10 febbraio 2011, con la quale era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere.
Il Tribunale, respinte le eccezioni in rito di incompetenza territoriale e di inutilizzabilità degli atti di indagine eseguiti dopo la scadenza del termine di sei mesi, riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria fondato sulle dichiarazioni di numerosi pazienti dello studio dentistico della Z., medico odontoiatra, convenzionato con il SSNN e sulle indagini svolte dalla P. G.. Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva sussistente il pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato, per cui la custodia cautelare in carcere appariva l’unica misura adeguata. Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagata, per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando sei motivi di gravame con il quali deduce: 1) Violazione di legge in relazione ai principi contenuti negli artt. 13 e 27 della Costituzione in tema di garanzie della liberta personale. Al riguardo si duole che il Tribunale per il riesame abbia dichiarato la parte decaduta dalla facoltà di eccepire l’inutilizzabilità degli atti di indagine effettuati dopo la scadenza del termine, osservando che il difensore non avrebbe potuto eccepire la decadenza nel corso dell’interrogatorio di garanzia, non essendo ancora a conoscenza degli atti di indagine, di cui poteva estrarre copia soltanto dopo la richiesta di riesame;
2. Violazione di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, con riferimento agli artt. 406, 335 e 407, 3 comma, c.p.p.. In proposito rileva che il P,M. aveva iscritto la Z. nel registro degli indagati in data 18/12/2008 ed aveva delegato le indagini alla Guardia di Finanza il 5/5/2009. Soltanto in data 18/11/2010 (rectius 2009) il P.M. provvedeva ad iscrivere nuovamente la ricorrente nel registro degli indagati per il reato di cui agli artt. 81 – 640 c.p. A parere della difesa, tale aggiornamento non poteva essere effettuato, essendo scaduto il termine per le indagini preliminari, senza che il P.M. ne avesse richiesto la proroga;
3) Violazione di legge in relazione all’art. 8 c.p. per difetto della competenza territoriale dell’AG procedente;
4) Violazione di legge in relazione agli artt. 62, 63, 192 c.p.p., nonché 46, 48, 640, 483 c.p. Al riguardo si duole che le dichiarazioni dei pazienti della Z. non potevano essere utilizzate in quanto raccolte senza le garanzie di cui agli artt. 62 e 63 c.p.p.. Costoro infatti, avendo riconosciuto di non aver ricevuto la prestazione, contrariamente a quanto dichiarato mediante la sottoscrizione dell’impegnativa, dovevano ritenersi concorrenti nel reato di truffa a danno del Servizio Sanitario;
5) violazione di legge in relazione ai reati di falso e truffa contestati;
6) Violazione di legge con riferimento al reato di tentata truffa commessa in concorso con F.M.R..
Successivamente il difensore della ricorrente ha depositato una memoria aggiuntiva nella quale dà atto che, in data 7 marzo 2011 è stato emesso dal Gip presso il Tribunale di Messina decreto di autorizzazione a proseguire le indagini, sulla base della richiesta di proroga presentata dal P.M. in data 22/10/2009, Al riguardo eccepisce che la richiesta di proroga poteva essere accolta solo per un semestre, a norma dell’art. 406, comma 2 bis c.p.p. (pertanto), per cui il Gip non poteva concedere l’autorizzazione fino al termine massimo di 18 mesi.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato nei limiti di quanto si dirà.
Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di incompetenza territoriale dell’A.G. procedente. Secondo l’insegnamento di questa Corte: “Il momento consumativo del delitto di truffa, anche agli effetti della competenza territoriale, è quello dell’effettivo conseguimento dell’ingiusto profitto, con correlativo danno alla persona offesa, e tale momento si verifica all’atto dell’effettiva prestazione del bene economico da parte del raggirato, con susseguente passeggio dello stesso nella sfera di disponibilità dell’agente” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3869 del 30/05/1997 Cc. (dep. 30/06/1997) Rv. 207988; Sez. 1, Sentenza n. 29368 del 21106/2001 Cc. (dep, 19/07/2001) Rv 219416; Sez. 2, Sentenza n. 42958 del 18/11/2010 Ud. (dep. 03/12/2010) Rv. 249282).
Nel caso di specie il Tribunale ha fatto esatta applicazione di tale principio ritenendo radicata la competenza territoriale in Messina perché è qui che il soggetto passivo del reato, l’Azienda Sanitaria provinciale di Messina, provvedeva a deliberare le singole erogazioni oggetto dei reati di truffa contestati alla ricorrente.
Sono fondate invece, le censure circa la pretesa decadenza della ricorrente dalla facoltà di eccepire l’inutilizzabilità degli atti d’indagine compiuti dopo la scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari.
È ben vero che secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide: “L’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine ordinario o prorogato fissato dalla legge per la chiusura delle indagini preliminari non è assimilabile alla inutilizzabilità delle prove vietate, ex art. 191 c.p.p., e non è, pertanto, rilevabile d’ufficio ma solo su eccezione di parte; ciò significa che essa è sostanzialmente assimilabile ad una nullità a regime intermedio, soggetta, in quanto tale, alle condizioni di deducibilità previste dall’art. 182 c.p.p., con la conseguenza che, quando la parte assiste all’atto che si assume viziato, la relativa nullità deve essere dedotta prima che il predetto atto sia compiuto ovvero, ove ciò non sia possibile, immediatamente dopo” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1586 del 22/12/2009 Cc. (dep. 141Q112010 ) Rv. 245818), Tuttavia, nel caso di specie, il Tribunale ha fatto un’applicazione errata di tale principio, dichiarando la difesa decaduta per non aver sollevato l’eccezione durante l’interrogatorio di garanzia. È del tutto evidente che in tale sede il difensore della ricorrente non avrebbe mai potuto sollevare l’eccezione di inutilizzabilità degli atti d’indagine per scadenza del termine, non avendo ancora estratto copia degli atti d’indagine. Pertanto l’eccezione di inutilizzabilità è stata tempestivamente sollevata con la richiesta di riesame.
Tale questione deve essere esaminata, tenendo presente che l’intervenuta concessione della proroga, da parte del Gip, in data 7 marzo 2011, ha, indubbiamente, effetto sanante per tutte le attività di indagine compiute dopo la scadenza del termine, nel caso in cui la proroga sia stata tempestivamente richiesta da parte del P,M. (Cass. Sez. 1, n. 2219 del 1994 Rv. 198143, n. 2666 del 1996 Rv. 205516; Sez. 3, Sentenza n. 146 del 21/1/1997 Cc. (dep. 03/03/1997) Rv. 207597; Sez. 3, Sentenza n. 28124 del 26/05/2004 Ud. (dep. 23/06/2004) Rv. 229066).
Nel caso di specie la proroga – come rileva il Tribunale nel provvedimento impugnato – è stata tempestivamente richiesta dal P.M. in data 22/10/2009. Con provvedimento in data 7/3/2011 il Gip ha autorizzato la prosecuzione delle indagini, rilevando che la proroga può essere concessa anche successivamente alla scadenza e che si rientra nei termini massimi di cui all’art. 407 c.p.p..
Orbene, per quanto la proroga possa essere concessa in sanatoria, non v’è dubbio che essa rimane comunque soggetta alla disciplina di cui all’art. 406, comma 2 bis, che prevede che “ciascuna proroga può essere autorizzata dal giudice per un tempo non superiore a sei mesi”.
Pertanto il provvedimento di autorizzazione alla prosecuzione delle indagini emesso dal Gip di Messina, non può estendere i suoi effetti al di la del termine di sei mesi, a decorrere dalla scadenza del semestre, coincidente con la richiesta del P.M. (22/10/2009). Pertanto il termine di durata massima delle indagini preliminari, nel caso di specie, deve considerarsi decorso alla data del 22/04/2010. Nel procedimento de quo le indagini compiute dalla Guardia di Finanza sono state consegnate il 13/7/2010. Rispetto a tali indagini devono essere considerati utilizzabili tutti e soltanto gli atti di indagine compiuti entro il 22/4/2010.
Si impone pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina che procederà ad un nuovo esame, utilizzando gli atti d’indagine compiuti entro il 22/4/2010, restando assorbite tutte le altre questioni sollevate con il ricorso.
Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà della ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

Annulla con rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Messina per nuovo esame.
Si provveda a norma dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

Depositata in Cancelleria il 22.06.2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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