Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-05-2013) 05-06-2013, n. 24443

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con sentenza 24.9.2009, il Tribunale di S. Maria Capua Vetere dichiarò A.A. responsabile dei reati di estorsione aggravata e violenza privata aggravata, unificati sotto il vincolo della continuazione e lo condannò alla pena di anni 7 di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, pene accessorie.
Avverso la pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Napoli, con sentenza 1.3.2012, confermò la decisione di primo grado.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:
1. violazione dell’art. 500 c.p.p., dell’art. 629 c.p., e mancanza di motivazione in quanto la sentenza d’appello si è limitata a richiamare la motivazione di primo grado benchè fossero svolte specifiche censure nei motivi di gravame; in particolare era stato segnalato che il presupposto per il reato di estorsione era un pregresso reato di usura da parte di D.P.A. in danno di P.P., ma che costui aveva escluso in dibattimento tale ipotesi; la sussistenza del reato di usura era stato pertanto dal Tribunale basata solo su una contestazione effettuata dal P.M., utilizzabile però solo per valutare l’attendibilità del teste; sul punto la Corte territoriale si è limitata a dare per scontata l’esistenza del reato di usura per il quale D.P. è stato giudicato separatamente;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione del fatto quale estorsione anzichè esercizio arbitrario delle proprie ragioni; nei motivi di appello era stata evidenziata l’esistenza di rapporti fra D.P. e A. che avrebbero richiesto una specifica trattazione;
3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità per il reato di violenza privata in danno di B.D.; difetterebbe argomentazione con riguardo all’accertamento della costrizione del soggetto passivo ad una condotta determinata; la condotta che avrebbe dovuto essere oggetto di coercizione (non allontanarsi dal deposito) si era esaurita per l’arrivo di P.;
4. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche ed alla misura della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono infondati.
Il punto decisivo della motivazione della sentenza impugnata in relazione al reato di estorsione attiene al fatto che la minaccia fu effettuata con una pistola e con la prospettazione di incendiare i camion di proprietà della persona offesa, minaccia ritenuta sproporzionata rispetto al fine di azionare un preteso diritto (citando Cass. Sez. 6^ sent. n. 32721 del 21.6.2010). Solo in via sussidiaria ("Inoltre…" p. 4) viene richiamata la sussistenza di un rapporto usurario fra D.P.A. e P., la cui esistenza o meno non incide sull’argomento principale.
Tale argomento è fondato sulla giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, secondo il quale, nel delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, la condotta violenta o minacciosa è strettamente connessa alla finalità dell’agente di far valere il preteso diritto, rispetto al cui conseguimento si pone come elemento accidentale, e, pertanto, non può consistere in manifestazioni sproporzionate e gratuite di violenza, in presenza delle quali deve, al contrario, ritenersi che la coartazione dell’altrui volontà sia finalizzata a conseguire un profitto "ex se" ingiusto, configurandosi in tal caso il più grave delitto di estorsione. (Cass. Sez. 2^, Sentenza n. 35610 del 27/06/2007 dep. 26/09/2007 Rv. 237992. In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto integrato il delitto di estorsione in un caso nel quale l’imputato, al fine di ottenere l’adempimento di un debito di importo pari inizialmente ad Euro 8.676, e poi cresciuto fino ad Euro 30.000, aveva minacciato il debitore sia con armi che con esplosivi. In senso conforme Cass. Sez. 6^ sent. n. 32721 del 21/06/2010 dep. 07/09/2010 Rv. 248169).
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3, non essendo stato dedotto con i motivi di appello.
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Le attenuanti generiche sono state negate per la "estrema gravita e reiterazione delle condotte realizzate espressione di una personalità violenta ed incline al delitto.
La determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicchè l’obbligo della motivazione da parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 c.p., ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello. (Cass. Sez. 6^, sent. n. 10273 del 20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf. mass. n. 155508; n. 148766; n. 117242).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2013
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