Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 23-05-2013) 27-05-2013, n. 22936

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Svolgimento del processo
In data 12.01.2013 R.B. venne arrestato a seguito di provvedimento di cattura emesso il 03.10.2012 dall’autorità giudiziaria di xxx (xxx) sulla base della sentenza del Tribunale di xxx del 07.03.2007 che lo aveva condannato alla pena di anni sei di reclusione per tentato omicidio commesso il (OMISSIS). L’arresto venne ritualmente convalidato dalla Corte di appello di Bari, con applicazione in via provvisoria della misura coercitiva, di cui venne data comunicazione all’autorità richiedente in data 14.01.2013.
Con ordinanza in data 21.03.2013, la Corte di Appello di Bari ordinava l’immediata liberazione del predetto, in applicazione dell’art. 16, comma 4 della Convenzione Europea di Estradizione (corrispondente al coordinato disposto dell’art. 716 c.p.p., comma 5, e art. 715 c.p.p., comma 6), per mancato invio nel termine di 40 giorni della domanda di estradizione e relativi allegati.
Avverso tale provvedimento ha proposto impugnazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Bari, deducendo che non sussiste in fatto il presupposto del mancato invio della domanda di estradizione, in quanto risulta dagli atti che la domanda di estradizione è stata tempestivamente inviata al nostro Ministero della Giustizia, come da fax spedito il 19.02.2013 alla Corte d’appello di Bari.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Il P.G. ha, invero, documentato che effettivamente il Ministero della Giustizia ebbe a comunicare alla Corte d’appello di Bari, con fax del 19.02.2013, il tempestivo invio, da parte delle autorità macedoni, della domanda di estradizione, riservandosi di trasmetterla, con l’allegata documentazione, dopo l’effettuazione della traduzione in lingua italiana.
Non sussiste, dunque, il presupposto del mancato tempestivo invio, posto a base del provvedimento impugnato.
Per completezza, si può aggiungere che la mancata contestuale traduzione della domanda in lingua italiana non può per sè inficiare la validità dell’invio ai fini della richiamata norma di cui all’art. 16, comma 4 della Convenzione Europea di Estradizione del 13.12.1957. Vero è infatti che l’art. 23 di tale Convenzione dispone testualmente che "gli atti da produrre saranno redatti sia nella lingua della Parte richiedente sia in quella della Parte richiesta. Quest’ultima potrà richiedere una traduzione nella lingua ufficiale del Consiglio d’Europa che essa sceglierà.". Senonchè la statuizione in parola, corrispondente alla disposizione dettata dall’art. 201 disp. att. c.p.p. (che prevede che "le domande provenienti da un’autorità straniera nonchè i relativi atti e documenti sono accompagnati da una traduzione in lingua italiana"), pone a carico dello Stato richiedente un onere allo scopo di assicurare la funzionalità ed il celere svolgimento delle procedure estradizionali ma non determina di per sè la "nullità" della richiesta di estradizione e della relativa procedura (v. in tal senso Sez. 6, n. 24707 del 24/05/2007, xxx, Rv. 237113; Sez. 6, n. 18704 del 18/03/2008, xxx, Rv. 239678). Se, quindi, il mancato assolvimento di tale onere giustifica la richiesta di adempimento della parte richiedente, ciò non significa che l’autorità italiana ricevente non possa decidere (come avvenuto nel caso di specie) di provvedere in proprio alla traduzione, prima di inoltrare gli atti all’autorità giudiziaria competente.
In conclusione, dunque, la documentazione di cui al coordinato disposto dell’art. 16, comma 4, e art. 12 della Convenzione Europea deve ritenersi tempestivamente pervenuta al competente ministero, che ha espressamente accettato di riceversela, agli effetti dell’art. 23 Conv. cit..
Di qui la fondatezza del proposto gravame e il conseguente annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Bari per l’ulteriore corso a sensi del coordinato disposto dell’art. 716 c.p.p., comma 3, e art. 715 c.p.p., comma 2.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Bari per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2013

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