Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 23-05-2013) 27-05-2013, n. 22926

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con sentenza in data 08.10.2010 il Tribunale di Massa condannava B.E. alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione per il reato di cui all’art. 368 c.p., per avere, con denuncia-querela presentata alla Procura della Repubblica di Massa il 26.02.2007, incolpato falsamente P.S. e ignoti impiegati delle concessionarie S.r.l. xxx e S.r.l. xxx, che sapeva innocenti, dei reati di falso e truffa, commessi in relazione all’acquisto di due autovetture, effettuato apponendo la sua firma sul contratto di vendita presso la concessionaria S.r.l. xxx e sulle richieste di finanziamento ottenute dalla SpA xxx presso detta concessionaria e dalla SpA xxx presso la S.r.l. xxx. Su appello del prevenuto, con sentenza del 20.10.2012 la Corte d’appello di Genova confermava la pronuncia del Tribunale.
Contro la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore, deducendo che:
– egli, nella denuncia-querela, ebbe ad accusare soltanto il P., all’epoca già deceduto, con conseguente inconfigurabilità del reato ascritto, a sensi dell’art. 49 c.p., comma 2;
– i moduli di cui al capo d’imputazione erano comunque stati sottoscritti in bianco e il prevenuto intendeva in sostanza solo affermare di non avere mai sottoscritto quei documenti con apposte le specificazioni in essi contenute, con conseguente esclusione dell’elemento soggettivo del reato.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato per quanto attiene alla contestazione di calunnia nei confronti del P., già deceduto al momento della presentazione della denuncia-querela. Non può, infatti, parlarsi di calunnia nei confronti di persona non vivente all’epoca in cui viene formulata a suo carico la falsa incolpazione, perchè presupposto della calunnia sono l’attribuzione di un reato a persona determinata, e la possibilità di inizio di un procedimento penale a carico di un innocente; non è infatti concepibile l’esplicazione dell’attività giudiziaria in relazione ad un fatto illecito attribuito ad un morto, non potendosi procedere penalmente contro una persona non vivente.
(Sez. 6, n. 2020 del 12/11/1973 – dep. 09/03/1974, xxx, Rv.
126433; conf. Sez. 3, n. 797 del 12/06/1967 – dep. 03/10/1967, xxx, Rv. 105594).
Correttamente, peraltro, i giudici di merito hanno ritenuto che, nella sua denuncia-querela, il B. intese accusare della condotta truffaldina (aggravata dall’entità del danno e, quindi, perseguibile d’ufficio) da lui riferita anche gli impiegati delle concessionarie di auto che avevano trattato le vendite, autenticando le firme false (identificabili, per la xxx, in M. V. e, per la xxx, nel duo B. – R. L.), come risulta dal tenore dell’atto e come puntualizzato dallo stesso imputato nella opposizione da lui presentata il 26.10.2007 alla richiesta di archiviazione avanzata dal P.M. per morte del P., ritenuto il presunto responsabile dei reati di falso e truffa denunciati dal B..
Per tale parte il reato ascritto al prevenuto è stato certamente da lui commesso, con l’evidente intento di sottrarsi al rimborso dei finanziamenti, e con piena consapevolezza. Egli, infatti, nella denuncia-querela (come efficacemente sottolineato dal primo giudice) non formulò sospetti o ipotesi ma affermò con certezza di non aver mai apposto le firme in esame. Nè può ritenersi che intendesse solo escludere la firma dei moduli dopo il completamento degli stessi, posto che, sempre nella denuncia-querela, ebbe anche a precisare – a conferma di una esclusione assoluta e totale dalla vicenda – di aver mai avuto contatti con le citate concessionarie.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste in ordine alla calunnia in danno di P.S. e la pena per il residuo reato in danno degli impiegati delle concessionarie deve essere ridotta al minimo di un anno e mesi quattro, risultante dalla intervenuta concessione delle attenuanti generiche.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la Sentenza impugnata in ordine alla calunnia in danno di P.S. perchè il fatto non sussiste. Rigetta nel resto il ricorso, rideterminando la pena per il residuo reato di calunnia in danno degli impiegati delle concessionarie in anni uno e mesi quattro di reclusione.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *