Corte di Cassazione – Sentenza n. 13979 del 2011 Acquista un garage poi ne eccepisce le dimensioni rivuole la caparra

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.B. conveniva in giudizio davanti al tribunale di Rovigo la s.r.l. (…) (d’ora innanzi semplicemente Impresa) e chiedeva la declaratoria di risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare con il quale l‘Impresa le aveva promesso in vendita un garage di circa 24 mq. ubicato al secondo piano interrato di un edificio in corso d costruzione; chiedeva inoltre la conseguente condanna dell’Impresa alla restituzione del doppio della caparra versata; assumeva che il garage sarebbe stato inutilizzabile per il ricovero di due autovetture di dimensioni medio grandi considerata l’impossibilità di manovra per potervi accedere. La convenuta si costituiva, contestava la fondatezza della domanda attrice e chiedeva in via riconvenzionale la risoluzione del contratto per inadempimento della promissaria acquirente e l’accertamento del diritto alla ritenzione della caparra. Il Tribunale di Rovigo espletata l’istruttoria, accertava che l’autorimessa e la rampa di accesso rispettavano le misure minime di legge e rigettava la domanda della B. accogliendo, invece, la domanda riconvenzionale dell’Impresa. La B. proponeva appello al quale resisteva l’impresa; dopo l’espletamento di c.t.u. La Corte di Appello di Venezia accertava il diritto della B. al recesso dal contratto preliminare per inadempimento dell’Impresa che condannava al pagamento del doppio della caparra. La Corte Territoriale, sulle contestazioni dell’Impresa, disattendeva le conclusioni del c.t.u. circa il mancato rispetto dei requisiti minimi di pendenza e larghezza delle rampe di accesso, ma rilevava : che gia nella relazione tecnica del consulente di parte erano descritte le gravi difficoltà di accesso alle rampe per le auto di dimensioni medio-grandi; che il Comando dei Vigili del Fuoco aveva osservato che, pur nel rispetto dei requisiti dimensionali, l’accesso degli autoveicoli non era facile e che avrebbero dovuto essere adottati degli accorgimenti. Sulla base di tali considerazioni riteneva provate difficoltà di transito e manovra per chi utilizzasse vetture di dimensioni consistenti ancorché non eccezionali e che queste difficoltà incidessero sul godimento del bene, tanto da legittimare il recesso dal preliminare a fronte dell’inadempienza addebitabile all’ impresa.
Ricorre per Cassazione l’impresa sulla base di sette motivi; resiste con controricorso B. M. Si è costituito con procura notarile rilasciata dal curatore del fallimento dell’Impresa, dichiarato nelle more, l’avv. C. B.

Motivi della decisione

Il primo e il seconda motivo devono essere trattari congiuntamente perchè pongono problematiche tra loro connesse.
Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 3.6.3 e 3.7.2 D.M. 1/2/1986 in materia di norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio di autorimesse e con il secondo motivo la violazione dell’art. 12 preleggi in materia di interpretazione della legge.
La disposizione regolamentare statuisce che le corsie di manovra devono consentire il facile movimento dei veicoli; la ricorrente sostiene che la Corte territoriale ha interpretato la normativa secondo un inammissibile criterio soggettivo facendo riferimento alla maggiore o minore abilità di guida dei singoli conducenti e che una volta rispettati i limiti dimensionali minimi, nessun altro accertamento avrebbe dovuto essere compiuto sulla possibilità di facile movimento. –
Il motivo è del tutto infondato: il criterio della facile manovrabilità non è soddisfatto dal semplice rispetto dei minimi dimensionali perché, altrimenti, non vi sarebbe stata alcuna ragione per aggiungere l’indicazione dei minimi dimensionali di ampiezza anche il requisito della possibilità di facile movimento degli autoveicoli; tale criterio non è un criterio soggettivo e il giudice del merito non ha introdotto un criterio soggettivo perché la facile manovrabilità è collegata al dato oggettivo della dimensione del veicolo rapportato alla ristrettezza degli spazi (e, implicitamente, alle difficoltà che incontra un qualunque conducente dotato di normale abilità) e, quindi, la Corte di Appello, facendo riferimento alla mancanza di quel requisito in relazione alla dimensione del veicolo ha fatto buon governo dei criteri di interpretazione della norma, non ha violato l’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e ha correttamente valutato la situazione sottoposta al suo esame. Il garage non è totalmente inidoneo all’uso al quale è destinato, ma e inidoneo rispetto a particolari tipologie di veicoli.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce contraddittorietà della motivazione nella parte in cui, da un lato si sono ritenuti soddisfati i requisiti dimensionali stabiliti dal DM e, dall’altro, si è ritenuta la non facile manovrabilità che, invece avrebbe dovuto essere una immediata conseguenza del rispetto dei suddetti requisiti ; il motivo e infondato per le stesse ragioni sopra esposte in quanto confonde e sovrappone due situazioni diverse che invece devono essere autonomamente valutate: da un lato il rispetto, in generale, dei limiti dimensionali minimi e, all’altro, la tipologia dei veicoli che usufruiscono delle rampe di accesso che in relazione alle loro dimensioni devono essere facilmente manovrabili indipendentemente dal rispetto dei requisiti minimi.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 121 CdS perché la Corte non avrebbe considerato che il rilascio della patente di guida presuppone la positiva verifica delle capacità di guida e, quindi, non deve assumere rilievo una valutazione di minor capacità di un conducente.
Il motivo e inammissibile perché non coglie, come già detto, la ratio decidendi della Corte di Appello la quale non ha valutato una soggettiva imperizia, ma il dato oggettivo della difficoltà di manovra per qualunque conducente dotato di normale abilità che si ponga alla guida di auto di dimensioni medio grandi come quella che doveva essere utilizzata dalla B.
1. Il quinto e il sesto motivo devono essere esaminati congiuntamente in quanto attengono ad un comune profilo di vizio di motivazione in relazione alle prove acquisite.
Con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c. che obbliga il giudice a fondare la propria decisione sulle prove proposte dalle parti, perché la Corte di Appello non ha considerato che la B., prima di sottoscrivere il preliminare, aveva visionato i garage (due o tre volte, secondo quanto dalla stessa dichiarato all’udienza del 28/2/1996 avanti al Tribunale d Torino e secondo quanto dichiarato dal teste R. P. all’udienza del 20.05.1997, e che la prova dimostrativa dell’accesso al box effettuata sull’autovettura del P. e da questo condotta, non aveva dato adito ad alcun problema (sono al riguardo richiamate le testimonianze di P. D. e P.Do.) –
Con il sesto motivo la ricorrente deduce il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia perché il giudice del merito non avrebbe considerato che il preliminare era stato concluso dopo che la B. aveva visionato il garage e lo aveva percorso a bordo dell’auto condotta dai P.
Le predette censure devono essere accolte sotto il seguente profilo.
La B. ha chiesto la risoluzione de preliminare per inadempimento perché il bene (secondo quanto si legge nella sentenza di appello) “era risultato inutilizzabile per ricoverarvi due autovetture secondo la destinazione prefigurata e l’agibilità sollecitata”; pertanto non ha dedotto di aver stipulato il preliminare per errore, ma ha dedotto che il bene non presentava le caratteristiche promesse.
Tuttavia, all’esito di istruttoria sarebbe risultato (secondo gli stralci delle testimonianze trascritte in ricorso) che la B., prima di stipulare il contratto preliminare, aveva visionato il bene e
aveva provato il percorso a bordo di un’autovettura di dimensioni medio-grandi.- Questa circostanza, se ritenuta provata, avrebbe dovuto condurre alla conclusione che l’attrice aveva promesso di comprare proprio quel bene che aveva preventivamente verificato e che il promittente venditore non avrebbe venduto nulla di diverso da quanto la promissaria acquirente aveva previamente visionato.
Il giudice di appello ha accolto la domanda attrice senza alcuna valutazione delle prove orali e, da un lato, non ha affermato che vi fosse una assoluta incommerciabilità del bene sotto il profilo del rispetto della normativa antincendio e, dall’altro, ha fondato il preteso inadempimento della promettente venditrice sulla mera circostanza che era difficile la manovra per auto di dimensioni medio – grandi, senza alcuna motivazione in ordine alla rilevanza di tale circostanza rispetto al preliminare concluso dall’attrice previa verifica dei lunghi.
Pertanto la motivazione è totalmente carente e il ricorso deve essere accolto con riferimento a sesto motivo esaminato in collegamento con il quinto.
Restano assorbiti il settimo motivo (relativo al contrasto tra la c.t.u. e le prove testimoniali) e l’ottavo motivo relativo al regolamento delle spese processuali al quale dovrà procedere il giudice del rinvio, individuato in altra sezione della Corte di Appello di Venezia, anche per le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

la Cassazione accoglie, nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di queste giudizio, ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.
Depositata in Cancelleria il 24.06.2011

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