Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 17-08-2012, n. 14555

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Svolgimento del processo
1. Con ricorso depositato i 6.7.2001 C.V., premetteva che aveva lavorato alle dipendenze della xxx s.r.l. dal dicembre 1997 come frantoiano e successivamente come custode ed aveva avuto in uso gratuito, sin dall’inizio del rapporto, una abitazione annessa allo stabilimento oleario, compreso il consumo dell’acqua, dell’energia elettrica e del gas; che per tutta la durata del rapporto di lavoro aveva percepito solo piccoli acconti sulla retribuzione, vantando un credito per tale titolo pari ad almeno Euro 108.033.339, come da conteggi allegati al ricorso, cui doveva aggiungersi la somma di Euro 60.000.000 per la costruzione di tutti gli infissi e della recinzione in ferro dello oleario, stabilimento realizzati fuori dall’orario di servizio; che, in data 23.6.2001, gli era pervenuta da parte della società comunicazione di licenziamento, tempestivamente impugnato.
Tanto premesso, chiedeva al Giudice del Lavoro di Brindisi la declaratoria di illegittimità del licenziamento irrogato per mancanza di giusta causa e di giustificato motivo, con conseguente ordine di riassunzione, ovvero risarcimento del danno, ed in subordine assegnazione di un congruo termine per il rilascio dell’immobile; chiedeva, inoltre, la condanna della società convenuta al pagamento in suo favore delle somme rivendicate a titolo di retribuzione, oltre accessori.
Si costituiva la società convenuta ed eccepiva innanzi tutto la nullità del ricorso; nel merito, negava che il C. avesse mai svolto attività di frantoiano, essendosi limitato di fatto ad abitare l’immobile, concessogli dopo sue ripetute insistenze, al solo fine di far avvertire la sua presenza ad estranei, e continuando a svolgere in loco la sua attività autonoma di fabbro, all’uopo utilizzando altri due locali annessi all’azienda. Rilevava che il recesso era stato determinato dalla assoluta mancanza di prestazioni da parte del ricorrente. Precisava, inoltre, che il ricorrente aveva ricevuto anticipazioni per l’importo di Euro 35.118.936, oltre le somme indicate nelle buste paga, e per suo conto erano stati ritirati e pagati da essa società appellante effetti cambiari per l’importo di Euro 68.820.604. Chiedeva, pertanto, il rigetto delle avverse pretese e conclusioni e, in via riconvenzionale, il rilascio dell’immobile occupato senza titolo, nonchè la condanna del C. al rimborso delle somme relative al consumo di acqua, luce e gas ed agli effetti cambiari suindicati, oltre al risarcimento dei danni conseguenti.
Il Tribunale di Brindisi, quale Giudice del Lavoro, con sentenza n. 2663/03 dell’8.10.2003, dichiarava la inammissibilità delle riconvenzionali proposte e disponeva per il prosieguo relativamente alla domanda principale.
La causa veniva istruita mediante prova per testi e xxx; quindi, il Tribunale di Brindisi, quale Giudice del Lavoro, con sentenza del 6.3.2007, accoglieva la domanda per quanto di ragione; dichiarava e la illegittimità del licenziamento intimato al ricorrente in data 23.6.2001; per l’effetto, condannava la società resistente al pagamento, in favore del C., di una indennità pari a tre mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi e rivalutazione, ovvero alla riassunzione del suddetto C. entro tre giorni; condannava, inoltre, la società resistente al pagamento, in favore del C., della somma di Euro 67.328,86, oltre rivalutazione ed interessi sulla sorte capitale di Euro 55.704,57 dal 7.3.2007 al saldo, nonchè alla rifusione delle spese processuali.
2. Proponeva appello la xxx S.r.l. (xxx) con ricorso depositato il 30.5.2007 ed eccepiva innanzi tutto la nullità del ricorso introduttivo per indeterminatezza del petitum e della causa petendi. Nel merito, lamentava che il giudice di primo grado avesse accolto la domanda sulla base di una semplice dichiarazione di assunzione ed iscrizione del soggetto nei libri paga e matricola aziendali, con conseguente adempimento degli oneri di contribuzione da parte del presunto datore di lavoro, pur in presenza dell’interrogatorio reso dal C., il quale aveva dichiarato di non avere in realtà svolto alcuna attività che potesse essere qualificata di lavoro dipendente. In subordine, censurava la impugnata sentenza laddove questa aveva ritenuto il licenziamento come privo di giustificazione. Chiedeva, pertanto, previa sospensione della efficacia esecutiva della sentenza impugnata ed in riforma della stessa, il rigetto della domanda a suo tempo proposta dal C..
Si costituiva quest’ultimo con memoria depositata il 22.6.2007 e contestava la fondatezza dell’appello, del quale chiedeva l’integrale rigetto.
Con ordinanza del 26/29.6.2007 la Corte d’appello di Lecce disponeva che la esecuzione della sentenza di primo grado rimanesse sospesa per la somma eccedente Euro 25.000,00. Successivamente pronunciava la sentenza non definitiva 25 novembre 2008 – 6 dicembre 2008 con cui accoglieva l’appello parzialmente e, per l’effetto, ritenuta la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti per il periodo dal 9.12.97 al 23.6.2001 e con l’inquadramento nel 6^ livello del C.C.N.L. per la piccola industria alimentare, condannava la società appellante al pagamento, in favore del C., delle differenze retributive dovute, come già calcolate da xxx di primo grado, detratto l’importo complessivo di Euro 21.971,30 e calcolato, altresì, un periodo di assenza per malattia di sei mesi, dal febbraio al luglio 1998.
3. Con separata contestuale ordinanza la corte d’appello disponeva xxx per la determinazione della somma spettante, maggiorata di rivalutazione monetaria ed interessi legali dal 14 dovuto al saldo.
Successivamente il xxx designato, Dott.ssa Cu. A. L., consulente del lavoro, depositava il data 24.3.2009 relazione scritta ed allegati.
A seguito di note critiche da parte della società appellante, veniva disposto un supplemento di xxx e la Dott.ssa Cu. depositava ulteriore elaborato in data 21.9.2009.
La corte d’appello di Lecce pronunciava quindi sentenza definitiva 6- 16 novembre 2009 con cui accoglieva l’appello parzialmente e, per l’effetto, condannava la società appellante al pagamento, in favore del C., della somma di Euro 49.558,62, comprensiva di interessi e rivalutazione sino al 31 maggio 2009, oltre ulteriori interessi e rivalutazione dal 1 giugno 2009 al saldo. Confermava nel resto l’impugnata sentenza. Compensava tra le parti le spese del grado e poneva a carico di entrambe quelle di xxx.
4. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l’originario ricorrente con tre motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata che ha proposto anche ricorso incidentale, cui ha resistito il ricorrente principale con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
All’odierna udienza la causa veniva decisa come da dispositivo infra trascritto.
Il collegio autorizzava la motivazione semplificata della sentenza.
Motivi della decisione
1. Il ricorso principale è articolato in tre motivi.
Con il primo motivo deduce che la sentenza n. 2663 del 2003 (sentenza non definitiva) era da ritenersi passata in giudicato in quanto non appellata. La Corte d’appello di Lecce, che ha ripreso le domande formulate in via riconvenzionale nel giudizio di primo grado dalla società convenuta, non ha tenuto conto di tale giudicato formatosi tra le parti e quindi ha violato l’art. 2909 c.c..
Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 1241 e 1243 c.c.. Erroneamente la corte d’appello con la sentenza non definitiva ha accolto parzialmente l’appello della società riducendo per detrazione il credito del ricorrente principale nella misura di Euro 21 mila 971,30.
Con il terzo motivo il ricorrente principale denuncia vizio di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio. Erroneamente la Corte d’appello ha riconosciuto un credito della società pari ad Euro 18.137,43 senza che di ciò sussistesse prova alcuna.
2. Il ricorso incidentale della società è articolato anch’esso in tre motivi.
Con il primo motivo, denunciando la violazione dell’art. 2730 c.c., contesta che sussistesse la prova del riconosciuto rapporto di lavoro.
Con il secondo motivo, denunciando la violazione della L. n. 218 del 1952, artt. 19 e 23, lamenta che la corte d’appello abbia recepito acriticamente le conclusioni cui è pervenuto il consulente d’ufficio.
Con il terzo motivo, lamentando la violazione falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., nonchè vizio di motivazione, deduce che erroneamente siano state calcolate alle spettanze retributive del dipendente senza tener conto della detrazione del periodo di sei mesi di malattia. Chiedeva altresì che la sentenza parziale della corte d’appello non era stata impugnata con ricorso per cassazione e quindi doveva considerarsi passata in giudicato e pertanto la corte d’appello non poteva riesaminare tale punto della controversia.
3. I giudizi promossi con i due ricorsi, principale ed incidentale, vanno riuniti per connessione oggettiva è soggettiva, avendo ad oggetto la stessa sentenza impugnata.
4. Il ricorso principale – i cui motivi possono essere considerati congiuntamente in quanto connessi – è infondato.
La Corte d’appello non ha affatto preso in considerazione la domanda in via riconvenzionale della società ma ha tenuto conto – e poteva farlo – di quanto erogato dalla società al titolo di anticipazioni su crediti retributivi del lavoratore. Si tratta quindi di una mera partita di dare ed avere sì che correttamente il consulente tecnico ha tenuto conto, in detrazione, delle anticipazioni ricevute dalla lavoratore.
5. Il ricorso incidentale è inammissibile nel suo primo motivo che riguarda la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato, decisa con la sentenza non definitiva del 25 novembre 2008. Il motivo è infatti manca del quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., all’epoca applicabile.
Gli altri motivi del ricorso incidentale, che riguardano invece la sentenza definitiva e che non sono soggetti al regime dell’art. 366 bis citato, sono infondati perchè muovono generica censure a conteggio effettuato dal xxx.
6. Entrambi i ricorsi vanno quindi rigettati.
La reciproca soccombenza consente la compensazione delle spese di questo giudizio di cassazione
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2012

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