Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 23-05-2013) 24-05-2013, n. 22485

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. La Corte d’appello di Potenza con sentenza in data 4.4.13 ha disposto la consegna ad autorità giudiziaria romena del cittadino romeno C.V., per l’espiazione di pena detentiva in relazione a sentenza di condanna definitiva per reati di furto aggravato, guida senza patente, guida con targa contraffatta e guida con autovettura non immatricolata, fatti commessi tra il (OMISSIS), negando la sussistenza della stabile dimora del C. in Italia.

2. Su tale ultimo punto della decisione sono proposti due motivi di ricorso, proposto dal difensore nell’interesse del richiesto in consegna:

– violazione della L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. R perchè la Corte distrettuale si sarebbe fermata ad una nozione formalistica della nozione di "senza fissa dimora", ignorando la nozione comunitaria del termine dimora, nella specie sussistente;

– "vizi alternativi" della motivazione in ordine al requisito del legame affettivo con lo "Stato di esecuzione", in relazione al dato della presenza in Italia del padre naturale, della compagna di questi, nonchè della moglie e dei figli di C..

Il ricorrente in particolare censura il credito dato alla indicazione della mancanza di fissa dimora proveniente "dagli inquirenti", evidenziando come il padre naturale sia titolare di attestazione di regolare soggiorno di cittadini comunitari e lavori nel settore agricolo e che presso la medesima abitazione sono ora anche la compagna ed i due figli di C. (nati rispettivamente nel (OMISSIS)), che solo perchè "trasferitosi" da pochissimi giorni in quel Comune di (OMISSIS) non avrebbe potuto regolarizzare la propria presenza anagrafica. Evidente pertanto sarebbe, per il ricorrente, "l’interesse a vivere nella medesima contrada con tutto il proprio nucleo familiare".

Motivi della decisione

3. Osservato preliminarmente che dal mandato di arresto Europeo risulta che in realtà la pena di tre anni, inflitta con la sentenza straniera, corrisponde a quella per il delitto di furto unica che in concreto verrà eseguita (secondo il sistema sanzionatorio previsto dagli artt. 33 e 34 c.p. romeno per il concorso di pene, comportante l’assorbimento nella pena più grave delle condanne per gli altri capi, il che supera ogni questione sulla comune rilevanza penale dei fatti per cui è richiesta la consegna), il ricorso va dichiarato manifestamente infondato.

La Corte distrettuale ha evidenziato come dalle stesse dichiarazioni del ricorrente risulti che la propria compagna ed i figli erano giunti in Italia da sette mesi, mentre lui era appena arrivato. Dalla stessa prospettazione del ricorrente risulta confermata una presenza nel territorio dello Stato, sua e del proprio nucleo familiare, del tutto estemporanea e successiva alla condanna intervenuta in Romania.

Nè il radicamento del diverso ed autonomo nucleo familiare del padre naturale può giovare ad estendere al C. le caratteristiche di quel diverso radicamento, in una sorta di proprietà transitiva.

Neppure ha rileva l’interesse soggettivo a scegliere luogo e modalità di esecuzione della pena, ciò che solo ha rilevanza, perchè la richiesta di consegna possa essere respinta contestualmente disponendosi l’esecuzione della pena in Italia, essendo l’autonomo radicamento precedente, e per tempo apprezzabile, del soggetto specificamente interessato (radicamento, oltretutto, che deve qualificarsi per le caratteristiche più volte precisate da questa Corte suprema, tra le quali sono essenziali il tempo apprezzabile di effettiva permanenza nel territorio del nostro Stato, la stabilizzazione anagrafica, l’attività lavorativa, la presenza stabile e consolidata – non occasionale – di contesti affettivi soggettivi: per tutte, Sez. 6, sent. 43011/2012).

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, equa al caso, di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2013

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