Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 17-08-2012, n. 14554

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Svolgimento del processo
B.M. impugnava avanti il Tribunale del lavoro di Brescia il licenziamento intimatogli dal datore di lavoro xxx s.r.l., per giusta causa, di cui chiedeva l’annullamento con ogni conseguenza di tipo risarcitorio. Nel ritirare una precedente contestazione disciplinare il B. richiedeva un permesso per il pomeriggio che non veniva accordato. Il lavoratore, secondo la contestazione, avrebbe inveito contro i superiori dopo il rifiuto ricevuto ed avrebbe dichiarato che il permesso se lo sarebbe preso ugualmente, magari per malattia; nel pomeriggio aveva in effetti allegato una impossibilità di recarsi al lavoro per ragioni di salute. La xxx s.r.l. si costituiva ribadendo la gravità dei fatti integranti un’ipotesi di "insubordinazione". Il Tribunale di Brescia con sentenza del 19.1.2009 rigettava la domanda del B..
La Corte di appello di Brescia con sentenza del 10.12.2009, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava l’illegittimità del licenziamento ed ordinava la reintegrazione dell’appellante nel posto di lavoro, con risarcimento del danno L. n. 300 del 1970, ex art. 18, come da sentenza. La Corte territoriale osservava che effettivamente alla luce delle dichiarazioni rese dai testi non poteva affermarsi che fosse stato richiesto alcun permesso in specifico per motivi di salute; tuttavia era emerso che la notte successiva a fatti prima ricordati (richiesta di un permesso la mattina ed assenza per allegate ragioni di salute il pomeriggio) verso le ore 2, il B. era stato accolto al pronto soccorso e ricoverato in neurologia ove era stato trattenuto una settimana per accertamenti in quanto, trattandosi di soggetto che già nel 2002 era stato colpito da ictus e da allora soffriva di frequenti dolori al capo, il dolore continuo e pulsante, refrattario ai calmanti, e la difficoltà di eloquio avevano reso necessario un approfondimento diagnostico. Tali elementi, per la Corte territoriale, rendevano altamente plausibile (unitamente a quanto emergeva dalla stessa cartella clinica) che nel pomeriggio il dolore al capo (già insorto la mattina) rendesse impossibile una resa adeguata della prestazione lavorativa, dolore cui si accompagnavano difficoltà nel linguaggio (anche nello spiegare adeguatamente il suo stato), che certamente potevano spiegare anche il modo poco urbano con cui era stata avanzata la richiesta di un permesso ed il nervosismo dimostrato. In ogni caso l’assenza ingiustificata era durata solo poche ore, comportamento che era sanzionato con la misura della sola multa dal contratto collettivo. Circa il comportamento tenuto la contestazione era generica e generiche erano state le dichiarazioni testimoniali in quanto non erano state riferite ingiurie o minacce particolari, salvo la frase per cui "sarebbe rimasto a casa lo stesso in malattia", inidonea a dimostrare la contestata insubordinazione, potendo essere collegata al malessere insorgente del lavoratore, attestato dal ricovero presso il pronto soccorso dopo poche ore dalla richiesta del permesso. Per tali ragioni la Corte escludeva che i fatti contestati e ricostruiti alla luce della prova espletata integrassero gli estremi della "grave insubordinazione" di cui al punto 5 lettera e) del CCNL con la conseguenza dell’illegittimità dell’irrogato licenziamento.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre la xxx s.r.l. con due motivi.
Motivi della decisione
Circa il chiesto rinvio dell’udienza di discussione la circostanza dedotta per cui è pendente un giudizio in revocazione, non costituisce un motivo idoneo all’accoglimento dell’istanza.
Con il primo motivo si allega la contraddittorietà e/o illogicità della motivazione con riguardo ad un punto decisivo della controversia e cioè alla ritenuta sussistenza di una malessere (cefalea) di cui il sig. B. avrebbe sofferto sia nella tarda mattinata dell’8.5.2007 quando egli avanzò la richiesta di permesso negatogli dall’azienda, sia nel primo pomeriggio dello stesso giorno quando egli comunicò che non si sarebbe recato al lavoro. Non era stato richiesto alcun permesso per ragioni di salute e quindi il B. non presentava alcun disturbo posto che comunque era rimasto al lavoro sino al termine dell’orario antimeridiano e nel pomeriggio era rimasto a casa ben 14 ore prima di recarsi al pronto soccorso. Inoltre le difficoltà nel linguaggio certamente non si erano manifestate al mattino e tale dato non emergeva dalla cartella clinica. Dagli accertamenti effettuati al pronto soccorso emergevano nel complesso solo modesti disturbi.
Il motivo appare infondato. La Corte territoriale ha già osservato che dopo 12 ore dalla telefonata con cui l’intimato comunicava l’impossibilità di tornare al lavoro lo stesso veniva ricoverato al pronto soccorso ove rimaneva per accertamenti una settimana trattandosi di soggetto che aveva avuto nel 2002 un ictus e che soffriva di frequenti dolori al capo. L’inferenza per cui il dolore pulsante (refrattario al trattamento) e le difficoltà di eloquio denunciate in sede di ricovero potessero dimostrare l’insorgenza di disturbi già nel pomeriggio ed uno stato di malessere e nervosismo complessivo del soggetto, con difficoltà nello spiegare la propria situazione ai colleghi nella mattina appare logicamente corretta e fondata su elementi obiettivi ed accertamenti compiuti da un Presidio sanitario di pronto soccorso. A ciò si aggiunge che il comportamento addebitato all’intimato, dopo il rifiuto del permesso, è stato dalla Corte territoriale ridimensionato in quanto è stato escluso (alla luce di quanto riferito dai testi) che il B. abbia pronunciato minacce o ingiurie, salvo la frase sull’assenza che ben può essere spiegata con l’insorgente malessere. Pertanto l’esclusione dell’ipotesi di "insubordinazione" appare congruamente e logicamente motivata posto che, come detto, l’assenza nel pomeriggio appare giustificata in relazione ai disturbi emersi poi obbiettivamente con il successivo ricovero e il comportamento tenuto nei confronti dei superiori non è stato nè minaccioso nè di sfida aperta potendo essere spiegato in virtù del progressivo manifestarsi del dolore e delle difficoltà di parola di cui si è parlato. In realtà le censure mirano ad una rivalutazione del fatto, inammissibile in questa sede.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Disciplina generale del CCNL applicabile con riguardo ad un punto decisivo della controversia e cioè alla ritenuta natura della violazione disciplinare commessa dall’intimato. Al B. non era stata contestata solo l’assenza ingiustificata di poche ore, ma la deliberata volontà di sottrarsi alla disciplina aziendale, rimanendo assente per la durata del permesso richiesto e denegato dal datore di lavoro.
Il motivo appare infondato alla luce delle considerazioni già svolte in precedenza. Il ricovero dell’intimato e la cartella clinica del pronto soccorso portano a ritenere che il B. non fosse nel pomeriggio in grado di rendere la propria prestazione lavorativa e che già nella mattinata i dolori a capo e le difficoltà comunicative lo avessero reso nervoso e non in grado di spiegare con calma la propria situazione ai superiori ed ai colleghi. Sul punto la motivazione appare congrua e logicamente coerente, mentre le censure in realtà mirano ad un diverso esame di merito degli elementi di fatto, inammissibile in questa sede.
Si deve quindi rigettare il ricorso. Nulla sulle spese.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2012

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