Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-08-2012, n. 14588

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Svolgimento del processo

che la Corte d’appello di Caltanissetta, adita da S. F. per il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole durata di un processo del lavoro svoltosi nei tre gradi di giudizio, nel quale il F. era risultato soccombente, con decreto in data 29 giugno 2011 ha rigettato la domanda, condannando il ricorrente al rimborso delle spese;

che la Corte territoriale ha rilevato che il processo presupposto – promosso per ottenere il riconoscimento di una rendita da malattia professionale, svoltosi durante al Tribunale del lavoro di Agrigento, alla Corte d’appello di Palermo e alla Corte di cassazione e durato dall’11 gennaio 2001 al 23 novembre 2009 – aveva avuto una durata ragionevole, perchè dalla durata complessiva di otto anni e dieci mesi occorreva detrarre il periodo di un anno per i rinvii richiesti dalla parte ed il periodo di due anni, avendo il F. utilizzato tutto il termine lungo per proporre, prima, appello e, poi, ricorso per cassazione;

che la Corte d’appello ha in particolare sottolineato che l’arco temporale complessivo di cinque anni e dieci mesi è conforme alla durata ragionevole del giudizio;

che per la cassazione del decreto della Corte d’appello il F. ha proposto ricorso, con atto notificato il 12 gennaio 2012, sulla base di quattro motivi;

che l’intimato Ministero ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

che il collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata nella redazione della sentenza;

che il primo motivo – con il quale si prospetta la violazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 167 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., nonchè dei principi di non contestazione, lealtà, probità ed economia – è infondato, giacchè (a prescindere dal rilievo che nella specie l’Amministrazione convenuta aveva chiesto, nel giudizio di merito, il rigetto della domanda, anche per profili attinenti all’an) spetta al giudice verificare, in concreto e con riguardo alla singola fattispecie, se vi sia stata violazione del termine ragionevole di durata: e questo potere valutativo la Corte territoriale ha, appunto, esercitato;

che anche il secondo motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 della Legge Costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 cod. civ. e degli artt. 6, par. 1, 13 e 35 della CEDU), ed il terzo motivo (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio), con cui si duole che la Corte di merito non abbia riconosciuto la violazione della ragionevole durata nel processo presupposto, sono infondati;

che, infatti, la Corte d’appello – nel valutare come ragionevole la durata complessiva di cinque anni e dieci mesi del processo presupposto, svoltosi nei tre gradi di giudizio, due di merito ed uno di cassazione – ha fatto applicazione dei principi, da tempo consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, per un verso, anche nel processo del lavoro, si considera rispettato il termine ragionevole quando il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado e di un anno nel giudizio di legittimità (Cass., Sez. 1, 24 settembre 2009, n. 20546;

Cass., Sez. 1, 30 ottobre 2009, n. 23047), e, per l’altro verso, l’individuazione di distinti termini di fase non incide sul dovere del giudice di operare una valutazione sintetica e complessiva del giudizio presupposto, anche quando si sia articolato in più gradi (Cass., Sez. 1, 13 aprile 2006, n. 8717);

che il decreto della Corte d’appello va anche esente da censure nella parte relativa alla detrazione, dalla durata complessiva, dei periodi di due anni (per le impugnazioni) e di un anno (per i rinvii): sia perchè non va computato in detta durata complessiva, in considerazione dell’impegno limitato della controversia, tutto il tempo trascorso per la proposizione dell’impugnazione, e ciò sebbene la legge processuale consenta alle parti di poter fruire pienamente dei termini stabiliti per proporre le impugnazioni di legge, tenendosi conto, ai fini del computo, soltanto del tempo strettamente necessario a tal fine; sia perchè il giudice a quo ha ravvisato nelle richieste di rinvio formulate dalla difesa dello stesso F. una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento;

che il quarto mezzo, relativo alle spese, è infondato, perchè nei giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, trova applicazione la disciplina della responsabilità delle parti per le spese processuali e della condanna alle spese: e tale principio non è in contrasto con l’art. 34 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo, come modificata dal protocollo n. 11, atteso che l’impegno a non ostacolare l’effettivo esercizio del diritto non postula che la parte, la cui pretesa si sia rivelata priva di fondamento, debba essere sottratta alla statuizione sulle spese giudiziali (Cass., Sez. 1, 15 luglio 2009, n. 16542);

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Ministero controricorrente, che liquida in Euro 565,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 19 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2012

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