Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-05-2013) 20-06-2013, n. 26900

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Il P.M. presso il tribunale di xxx ricorre per cassazione avverso due ordinanza del tribunale del riesame di xxx, datate 28.12.2012, che, in riforma della pregressa ordinanza emessa il 7.12.2012 dal gip del predetto tribunale, sostituiva alla misura cautelare in carcere la misura dell’obbligo di dimora nel Comune di xxx, di xxx, di xxx, di xxx, di xxx e di xxx, rispettivamente nei confronti di N.A., F.M., D.B., N.C.F., Nd.Ib., F. T., Di.Kh., indagati tutti per i delitti di associazione a delinquere al fine di detenzione e vendita di prodotti contraffatti – ex artt. 416 e 648 c.p.-, deducendo mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione giudiziale. Il fatto si colloca nel contesto di una generale indagine della guardia di Finanza che vede coinvolti una serie numerosa di senegalesi organizzati e dediti alla ricettazione di considerevoli quantitativi di prodotti con marchi contraffatti. Il giudice del riesame, escluso il pericolo di fuga degli indagati, ai quale era stato sequestrato un biglietto aereo di andata e ritorno dal Senegal, valutava la rappresentazione nel contesto sociale di una attenuata pericolosità sociale per il delitto di vendita di merce con marchi contraffatti e comunque, in forza del principio dell’extrema ratio a base della disciplina dei mezzi coercitivi della libertà personale, riteneva compiutamente fronteggiabile la pericolosità dell’indagato con la misura dell’obbligo di dimora per ognuno nei Comuni dianzi indicati, dove gli indagati risiedevano o risiedevano loro parenti e comunque lontani da xxx, dove erano stati consumati i reati contestati. La dimora per il solo Fa.Ta. era individuata in xxx dai giudici di merito che rilevavano che l’allontanamento da xxx dei suoi correi lo avrebbe privato di quei riferimenti utili alla reiterazione delle condotte illecite.
Di opinione contraria il P.M. ricorrente: il ruolo rivestito dagli indagati, in collegamento tra loro e con tale Nd.Ib., che dava direttive e consigli al fine di garantire l’impunità degli associati e la conservazione delle merci, la strutturata associazione che si valeva di alloggi, dove venivano custodite le merci contraffatte e dove le merci stesso venivano falsificate, l’uso di macchine e telefonini per la consumazione dei numerosi reati di smercio delle cose contraffatte, collocavano gli indagati nel contesto di una organizzazione pericolosa tale da evidenziare l’inadeguatezza della misura adottata. Il ricorso non merita accoglimento.
I giudici di merito della cautela hanno svolto un discorso giustificativo che, lungi dall’omessa considerazione di tutte le circostanze evidenziate dal P.M. ricorrente, hanno ritenuto una pericolosità sociale, collegata alle condotte incriminare, caratterizzata da un disvalore depotenziato dal comune ricorrere all’acquisto dei beni contraffatti dalla maggioranza degli utenti.
Una pericolosità non accentuata (si pensi invece a quella connessa allo spaccio di droga) e considerata fronteggiabile da una misura che, relegando gli indagati in una località ben lontana dal contesto topografico delle condotte criminose, era impeditiva della possibilità di commissione dei reati. Un ragionamento non certo caratterizzato dalla manifesta infondatezza, come quello relativo al pericolo di fuga contraddetto dall’acquisto dei biglietti di andata e ritorno dal Senegal, al quale i ricorrenti oppongono un discorso improntato ad una logica sì, ma incapace di evidenziare la patologica illogicità del ragionamento contrapposto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2013

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