Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-08-2012, n. 14584

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 30.5.89 Di.Do.

A. evocava in giudizio avanti al Tribunale di Roma M. e U.G. chiedendo che fosse accertata l’efficacia di una scrittura privata datata 26.10.1969 quale atto di compravendita di un’area (un terrazzo) sovrastante l’appartamento sito in (OMISSIS) di proprietà dei convenuti ed ordinasse la trascrizione di tale porzione immobiliare in favore dell’attore. Si trattava più precisamente di una scrittura redatta materialmente dal muratore che aveva eseguito i lavori ivi elencati, interessanti i confinanti immobili di entrambe le parti ed espressamente accettata per iscritto da G. e U.M., proprietari dei terrazzo realizzato ex novo sull’area sovrastante il loro appartamento che sarebbe stato da essi ceduto al Domenicantonio per essere accorpato alla sua abitazione.

A questo giudizio veniva riunito quello proposto dagli U. contro il Di.Do., con il quale essi chiedevano accertarsi che quest’ultimo non aveva acquistato alcun diritto sull’indicata superficie e di conseguenza il rilascio da parte dello stesso dei terrazzo in questione.

L’adito Tribunale con sentenza 1834/94 rigettava la domanda del Di.

D. ed accoglieva quella degli U., ritenendo che il preteso contratto di compravendita del terrazzo, difettava di forma scritta in quanto la scrittura prodotta costituiva una semplice ricevuta di pagamento. La pronuncia veniva appellata dai D. D. secondo cui la scrittura privata in questione conteneva una proposta di cessione dell’area (tetto trasformato in lastrico solare a livello del proprio appartamento), proposta formulata da un terzo (il muratore che aveva eseguito tali lavori) fatta propria dagli Urbani e che era stata espressamente accettata dal Di.Do., il quale aveva pagato quanto indicato in detta scrittura, che aveva poi provveduto a registrare.

L’adita Corte d’Appello di Roma con sentenza n. 3631/97 rigettava il gravame ritenendo che il documento proveniente da un terzo non poteva costituire un atto di compravendita immobiliare, mancando dei requisiti legali di forma e di sostanza.

A seguito di ricorso del Di.Do., questa Corte di Cassazione con sentenza n. 8817/02, preso atto che la Corte capitolina non aveva valutato nella sua interezza il documento, avendo ignorato la dicitura "Per accettazione" con la relativa sottoscrizione di G. e U.M. (postilla neppure riportata nella sentenza impugnata), mentre ai sensi dell’art. 1362 c.c. e segg. avrebbe dovuto procedere a una valutazione completa e complessiva dell’atto, accoglieva il ricorso rinviando la causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

Di.Do. provvedeva quindi a riassumere la causa avanti a tale ufficio giudizio, presso il quale successivamente iniziava anche altro giudizio ex art. 389 c.p.c. con cui chiedeva la restituzione del terrazzo in precedenza riconsegnato a controparte a seguito di atto di precetto da essi formulato. La stessa Corte capitolina, con sentenza n. 2171/05 depositata il 17.05.2005, rigettava l’appello compensando le spese del giudizio di legittimità e di quello di rinvio. La corte ribadiva che la mera dizione "per accettazione" che figura in calce alla scrittura in esame contenente un elenco dei favori eseguiti dal muratore, non era elemento tale da far ritenere l’atto alla stregua di un contratto di compravendita immobiliare, sembrando piuttosto che l’accettazione di una proposta di acquisto del terrazzo, il consenso per quanto riguardante la natura, entità e costo dei lavori eseguiti nell’interesse sia degli U. che del Di.Do..

Avverso la suddetta decisione ricorrono per cassazione gli odierni ricorrerli quali eredi di Di.Do.Am. nel frattempo deceduto sulla base di n. 3 censure; gli intimati resistono con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso gli esponenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 3, 4 e 5;

omessa motivazione su un punto decisivo circa il mancato esame della causa iscritta con il n. RG 239/03 ai sensi dell’art. ex art. 389 c.p.c., non menzionata nè nella motivazione della sentenza, nè nel dispositivo. La doglianza non ha pregio atteso che il rigetto della domanda dei Di.Do. necessariamente implicava anche quello della distinta domanda formulata ai sensi dell’art. 389 c.p.c.. Sotto tale profilo non si ravvisa neppure un interesse dei ricorrenti a far valere l’omessa pronuncia su una domanda la cui soluzione era assorbita dalla decisione del giudice del rinvio.

Con il 2 motivo si denunzia la violazione degli artt. 1362, 1324 c.c. e artt. 113 e 116 c.p.c. per essere la sentenza impugnata affetta da vizi di ragionamento in violazione della regola legale di ermeneutica contrattuale. La Corte territoriale nel valutare la scrittura nella sua interezza, ha… interpretato la proposta come fosse un’accettazione. Ha omesso di valutare il significato della successiva consegna del documento al Di.Do. e il suo utilizzo. Ha erroneamente ipotizzato che il consenso espresso dagli Urbani si riferisse ad una (insussistente) precedente proposta di acquisto avanzata dal Di.Do.. La Corte, in altre parole – proseguono i ricorrenti – aprioristicamente ha supposto l’esistenza di una proposta del Di.Do., da cui la susseguente incertezza circa l’oggetto del consenso degli U.. Eliminata tale ipotesi, il consenso e la volontà degli U. si sono concretati in una proposta i cui termini sono contenuti nella nota scrittura contente i seguenti elementi: l’oggetto individuato nell’area sovrastante l’appartamento e il prezzo di L. 265.000 importo questo versato dal Di.Do. per i lavori all’interno dell’abitazione degli U.". La doglianza di cui sopra non ha pregio.

Giova ricordare che il giudice del rinvio, nel conformarsi a quanto statuito da questa Corte di legittimità, ha proceduto ad una valutazione della scrittura nella sua interezza prendendo in esame ex professo la "postilla" con l’accettazione degli U. posta in calce ad essa, mai considerata nella precedente pronuncia poi cassata. Ed ha così ritenuto, seguendo un iter motivazionale corretto e condivisibile, che "… la mera dizione per accettazione che figura in calce all’elenco dei lavori assunti dal C. non consente di stabilire, con il richiesto rigore ermeneutico, se il consenso dei fratelli U. si riferisca all’ipotizzata proposta di acquisto dell’area avanzata dal Di.Do. o non piuttosto, alla natura, entità e costo dei lavori elencati nei documento, alcuni dei quali dovevano essere eseguiti nell’esclusivo interesse del Di.Do. mentre altri nell’interesse dei fratelli U.. In altri termini – prosegue la Corte capitolina – questa diversificazione dei lavori, il cui ammontare risulta differenziato in L. 200.000 e in L. 265.000, non consente di stabilire quale sia stato il prezzo di vendita dell’area, l’estensione della quale fu poi unilateralmente precisata con postilla dal Di.Do., con conseguente parziale incertezza sul prezzo e sull’oggetto dell’immobile.

Secondo la Corte capitolina, erano ipotizzabili "trattative tra le parti avvenute in precedenza, ma dell’accordo eventualmente raggiunto manca la prova documentale e la forma scritta richiesta ad substantiam".

In effetti il Collegio non ritiene che la conclusioni del giudicante sarebbero state diverse ove la proposta fosse partita dagli U. e non dal Di.do.An., essendo irrilevante tale questione, atteso che ai fini della configurazione di un contratto con forma scritta ad substantiam non è nè richiesta, nè necessaria la simultaneità della sottoscrizione dei contraenti. Al riguardo ha precisato questa S.C. che non occorre che la volontà negoziale sia manifestata dai contraenti contestualmente e in un unico documento, dovendosi ritenere il contratto perfezionato anche qualora le sottoscrizioni siano contenute in documenti diversi, anche cronologicamente distinti, qualora, sulla base di una valutazione rimessa al giudice di merito, si accerti che il secondo documento è inscindibilmente collegato al primo, sì da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo (Cass. 2, n. 3088 del 13/02/2007; Cass. n. 23966 del 23/12/2004). E’ stato altresì evidenziato dalla giurisprudenza che per "la sussistenza di una scrittura privata contrattuale è necessario che dal documento emerga il reciproco consenso delle parti per costituire, regolare od estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale, ma non che si adottino particolari formule per esprimere tale consenso, sicchè nulla esclude che esso venga manifestato da uno dei contraenti con la semplice sottoscrizione "per accettazione" delle dichiarazioni fatte in prima persona dall’altro. Nè occorre che l’incontro delle volontà sia contestuale, ben potendo esso risultare da documenti diversi, anche cronologicamente distinti ed essendo del pari possibile che uno stesso documento originariamente sottoscritto da una sola parte venga sottoscritto in un secondo tempo dall’altra oppure che questa, senza sottoscriverlo, lo produca in giudizio con il dichiarato intento di avvalersi del contenuto negoziale di esso nei confronti del suo autore (Cass. n. 12819 del 01/12/1992).

Infine l’affermazione della Corte d’appello circa la non univoca manifestazione della volontà di vendere e della non individuabilità del prezzo (che sarebbe equivalente la costo dei lavori eseguiti a vantaggio degli U.) non è censurabile rientrando in apprezzamenti riservati al giudice di merito, inammissibili in sede di legittimità stante la motivazione congrua, coerente e immune da vizi logici e giuridici (Cass. n. 2272 del 02/02/2007; Cass. n. 3436 del 16/02/2006; Cass. n. 3186 del 14/02/2006).

Con il terzo motivo: si denuncia la violazione e falsa applicazione delle norme in tema d’interpretazione dei contratti (art. 1362 c.c., comma 1, degli artt. 1366, 1367, 1371 – 1325 e 1346 c.c.) in relazione alla valutazione della scrittura del 26.10.69 per mancata applicazione delle citate norme e dei principi ermeneutici ivi espresse. Si sottolinea che in difetto di vendita il pagamento del prezzo sarebbe stato privo di causa e che l’area venduta era determinabile, in quanto sovrastante la casa degli U.. La doglianza non ha pregio, in relazione al fatto che il giudice d’appello aveva escluso che nella scrittura privata si fosse fatta menzione del prezzo di vendita.

Con il 4 motivo infine si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., comma 2 e dell’art. 1324 c.c. per omessa e contraddittoria motivazione in relazione all’omessa valutazione del comportamento complessivo delle parti, posto in essere successivamente alla formazione della scrittura e ad essa correlato.

L’attore aveva ristrutturato e posseduto il terrazzo da oltre 19 anni; nella corrispondenza tra legali era pacifica la proprietà dell’area, che era stata accatastata autonomamente. La prospettata questione potrebbe anche avere rilievo, ma non in relazione all’affermazione della corte circa l’inesistenza del prezzo di vendita, rispetto a cui non ha alcuna rilevanza il comportamento posteriore delle parti.

Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato.

Per il principio della soccombenza le spese processuali sono poste a carico dei ricorrenti.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.00,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2012

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