Corte di Cassazione – Sentenza n. 25611 del 2011 Lite tra insegnanti degenera ingiurie e tentativo di aggressione fisica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Osserva

1.- A.F. ricorre tramite difensore, nella qualità di parte civile, avverso la sentenza del 25.11.2010, con cui il GUP del Tribunale di Tivoli ai sensi dell’art. 425 c.p.p. aveva dichiarato non luogo a procedere con formula ampia in fatto nei confronti di M.A. in ordine ai reati di ingiurie, minacce e lesioni volontarie in suo danno, e limitatamente all’espressione denigratoria “necrofila fallica” per difetto di querela.
I fatti contestati all’imputato si erano svolti in una scuola, in cui tanto il predetto che la parte offesa prestavano servizio come insegnanti, e secondo l’ipotesi di accusa si erano verificati in due diverse circostanze, e cioè una prima volta durante il collegio dei docenti del 1 ottobre 2007 e poi il 31 ottobre successivo, nell’ambito di un vivace diverbio, di cui altro collega (il prof. S.) era stato testimone e s’era interposto tra i due onde evitare che la discussione sfociasse in atti di violenza fisica; peraltro all’ultima fase del litigio aveva assistito la stessa preside.
Il GUP ha ritenuto che le espressioni “prevaricatrice”, “maleducata”, “priva di dignità”, non avessero rilevanza penale non costituendo ingiuria, mentre per l’altro epiteto ingiurioso (”necrofila fallica”) non risultava proposta querela.
Non ha ravvisato poi minaccia alcuna nella condotta del M., pur dando atto che la lite si era svolta in due fasi, e che nella seconda fase l’imputato aveva fatto irruzione nello studio della preside, ove l’antagonista aveva trovato riparo, tentando di aggredirla fisicamente, tentativo non riuscito per l’interposizione dello stesso prof. S. che già aveva evitato pochi minuti prima che la lite trascendesse a vie di fatto.
Quanto poi alle lesioni volontarie (secondo la querelante lo stress emotivo le aveva cagionato un rialzo brusco della pressione, che aveva indotto un’emorragia cerebrale a sinistra con esiti protrattisi per oltre 40 giorni), il GUP ha osservato che si era trattato di esito del litigio del tutto imprevedibile, non ascrivibile all’imputato neppure a titolo di colpa.
Deduce la ricorrente l’erroneità della motivazione – intrinsecamente contraddittoria – della decisione, atteso che avrebbe potuto applicarsi al caso di specie quantomeno l’art. 586 c.p., stante l’incontestata sequenza dei fatti e la violenza del tentativo di aggressione fisica posto in essere dall’imputato, che aveva fatto irruzione nell’ufficio della presidenza, e per frenarne l’impeto era stato necessario l’intervento di più persone, che avevano allontanato di peso l’imputato mentre la preside urlava di chiamare i carabinieri.
Analoga censura prospetta la ricorrente quanto alle minacce, a suo avviso inequivocabilmente integrate dalla condotta del M., ed alle ingiurie, che lo stesso imputato aveva ritenuto tali.
2.- Premesso che il ricorso per cassazione della persona offesa costituita parte civile contro la sentenza di non luogo a procedere, emessa all’esito dell’udienza preliminare, è proposto, dopo le modifiche introdotte dalla L. n. 46 del 2006 all’art. 428 c.p.p., anche agli effetti penali, sicché la Corte, in caso di annullamento con rinvio, dispone la trasmissione degli atti al Tribunale cui appartiene il Gup che ha emesso la sentenza impugnata (Sez. Unite n. 25695 del 29.5.2008-Rv 239701), va rilevato che il ricorso è fondato sotto tutti i profili dedotti, atteso che la sentenza impugnata:
1) afferma apoditticamente, senza dare adeguata contezza dell’assunto, che le invettive rivolte dal M. alla attuale ricorrente non avevano valenza denigratoria nonostante la loro evidente portata ingiuriosa, risultante anche dal contesto e dalla pluralità delle espressioni offensive, indubbiamente e chiaramente lesive del prestigio professionale, della dignità e del decoro della parte offesa;
2) sostiene che l’imputato non aveva tenuto atteggiamento minaccioso nei confronti dell’antagonista, contraddicendo la stessa ricostruzione del fatto esposta in sentenza;
3) esclude l’applicazione del dettato dell’art. 586 c.p. In relazione alle lesioni volontarie contestate, con affermazione meramente assertiva, sostanzialmente immotivata.
La sentenza impugnata dovrà essere pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Tivoli, che provvederà a nuovo e motivato esame della vicenda, dando congrua motivazione delle ragioni della decisione, riesaminando anche la portata della querela.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Tivoli per nuovo esame.

Depositata in Cancelleria il 27.06.2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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