Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-08-2012, n. 14580

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Svolgimento del processo
La xxx Costruzioni e Compravendite Immobiliari srl con atto notificato il 24.6.1998, premesso di avere acquistato da G. B. e C.R., eredi di G.C. un appezzamento di terreno sito in (OMISSIS) (mapp. 754/A), confinante con quello di proprietà della srl xxx ( mapp. 754/D), conveniva in giudizio la predetta società chiedendo dichiararsi l’esistenza di una servitù volontaria ( servitù^ altius non tollendim) costituita con atto notaio xxx del 9.1.1958, a carico dei fondo di quest’ultima ed a favore de cespite di proprietà dell’attrice.
Precisava l’attrice che in forza di tale servitù le costruzioni sul fondo servente dovevano osservare determinate distanze dai confini ed avere, in qualunque punto, altezza non superiore dal piano medio del terreno circostante all’estradosso dei terrazzi e delle gronde, di m.
8,50 e di m. 9,50 in colmo del tetto.
Si costituiva in giudizio la soc. xxx a rl contestando l’esistenza ed in ogni caso l’inopponibilità di tale servitù in quanto non individuata nel contratto di compravendita nè trascritta contro il dante causa dei venditori sig. G.C.; chiedeva pertanto il rigetto della domanda attrice e, in via subordinata, svolgeva domanda riconvenzionale di garanzia e manleva nei confronti dei propri danti causa (i venditori), sig.ri G.A. e C.R.. I terzi chiamati a loro volta si costituivano chiedendo il rigetto della domanda, eccependo la prescrizione dell’obbligazione e in ogni caso invocavano l’inopponibilità ai terzi della pattuizione costitutiva del vincolo.
Interveniva altresì nel giudizio N.P.G. proprietario di altro fondo confinante con quello della srl xxx, chiedendo analogo accertamento anche a favore del fondo di sua proprietà. Espletata l’istruttoria, il tribunale di Brescia, con sentenza n. 2928/2002 accoglieva le domande proposte dal xxx srl nei confronti de xxx e per l’effetto dichiarava l’esistenza dell’invocata servitù; accoglieva la domanda di garanzia e manleva proposta da xxx srl nei confronti dei terzi chiamati, e per l’effetto dichiarava il G. e la C., in solido, nella qualità di venditori, tenuti a garantire e manlevare la srl xxx dalie domande tutte proposte dalla soc. xxx, dichiarandoli altresì tenuti alla garanzia per evizione e al risarcimento dei danni tutti che xxx dovesse patire in conseguenza dell’accoglimento delle domande di parte attrice; accoglieva inoltre la domande proposta dal N. e rigettava infine le domande formulate da G. e dalla C..
Avverso la sentenza proponeva appello la srl xxx che ne chiedeva la riforma, insistendo sulla natura personale e non reale del vincolo, quindi a lei non opponibile. Per la conferma della decisione si costituivano gli appellati xxx (che produceva nuovi documenti) e N.G.P., mentre formulavano appello incidentale G.A. e C.R..
L’adita Corte d’Appello di Brescia, con sentenza n. 947/05 depos. in data 3.11.05 rigettava l’appello principale proposto dalla srl xxx; accoglieva l’appello incidentale dei G. – C., rigettando conseguentemente tutte le domande contro i medesimi proposte da srl xxx, ritenendo che la medesima fosse a conoscenza dell’esistenza della servitù sul fondo acquistato. La Corte distrettuale dichiarava la natura reale del vincolo d’inedificabilità imposto sul fondo di proprietà del ricorrente anche se esso non veniva definito nell’atto esplicitamente come "servitù"; riteneva ammissibile la nuova produzione documentale degli appellati; dichiarava opponibile alla soc. xxx tale onere reale in quanto la servitù stessa sarebbe chiaramente indicata nel titolo d’acquisto dell’immobile da parte della società medesima appellante. Ad avviso della Corte inoltre non era rilevante la mancanza di una nota di trascrizione specifica per la servitù e la mancata individuazione, tanto nell’atto d’acquisto, quanto nella nota di trascrizione del fondo dominante. Considerava inoltre ininfluente la mancata trascrizione, anche a favore del fondo del N. in relazione al quale riteneva costituita servitù ex art. 1029 c.c., comma 1 ("servitù per vantaggio futuro").
Avverso la predetta pronuncia, la srl xxx ricorre per cassazione sulla base di 5 mezzi; resiste con controricorso la xxx, mentre gli altri intimati non hanno svolto difese.
Motivi della decisione
Preliminarmente occorre prendere in esame l’eccezione di nullità della procura alle liti avanzata dal controricorrente in quanto nel mandato a margine del ricorso per cassazione, la procura non è stata rilasciata in modo specifico per il giudizio di cassazione, ma con la "dicitura" tipica del giudizio di merito. L’eccezione è priva di fondamento ed in contrasto con la costante giurisprudenza di questa S.C., secondo cui: "il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione, essendo per sua natura speciale, non richiede ai fini della sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso, sicchè risultano irrilevanti sia la mancanza di uno specifico richiamo al giudizio di legittimità sia il fatto che la formula adottata faccia cenno a poteri e facoltà solitamente rapportabili al giudizio di merito" (Cass. n. 26504 del 17/12/2009).
Passando all’esame del primo motivo del ricorso, l’esponente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e degli artt. 180, 183, 184 e 112 c.p.c.; dell’art. 2697 c.c. nonchè l’omessa, insufficiente motivazione. Sostiene che la decisione è fondata sull’ingente produzione documentale (note di trascrizione di altri fondi alienati contenenti identiche clausole di "servitù") operata per la prima volta in sede d’appello dalla xxx e dai G. – C.; ma tale produzione documentale non era giustificata perchè ben poteva essere prodotta nel giudizio di 1 grado, atteso che non è stato dedotto alcun impedimento alla produzione, nè era indispensabile ai fini della risoluzione della controversia.
La doglianza non ha fondamento.
La Corte bresciana ha invero correttamente osservato al riguardo che la produzione dei documenti in appello era ammissibile "per la sua funzione ad adiuvandum di una prova già fornita in giudizio, onde non altera l’equilibrio defensionale tra le parti e non incorre nelle preclusione che concernono la prova dai fatti costitutivi del diritto azionato".
Con il 2 motivo l’esponente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c.; dell’art. 1027 c.c., dell’art. 1058 c.c. e segg., art. 1063 c.c. e segg. oltre all’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Sostiene la ricorrente che la corte ha dedotto la natura reale del vincolo sulla base di due elementi: la presenza di una clausola di stile e l’utilità (utilitas) a vantaggio dell’asserito fondo dominante.
Nella fattispecie però è stata utilizzata una clausola semplicemente di stile, abitualmente ricorrente negli atti notarili che hon può essere costitutiva di una servitù, da cui non si può desumere la volontà di costituire la servitù in modo chiaro e specifico; d’altra parte in detta clausola non è stato neppure indicato il fondo dominante rispetto al vincolo menzionato: si doveva ritenere pertanto – conclude il ricorrente – che il vincolo in questione avesse al più carattere personale, ma non certamente natura reale.
La doglianza non ha fondamento. Il giudice di merito ha dedotto l’esistenza della servitù e la sua natura reale in base ad una corretta interpretazione degli atti; non si tratta del resto di una clausola di stile, essendo la stessa precisa e determinata nel suo contenuto, oltre che giustificata dalle esigenze della venditrice che erano quelle di imprimere alla zona da edificare originariamente appartenuta ad un unico proprietario (l’ing. Gr.) (che comprendeva i vari lotti compravenduti) il carattere di quartiere residenziale di notevole pregio, in relazione a svariati vincoli che le nuove costruzioni dovevano rispettare. In particolare la previsione di un vincolo altius non tollendi poneva delle concrete ed effettive limitazioni sull’edificabilità del fondo; trattandosi di servitù reciproche poi, non era necessario indicare il fondo servente essendo lo stesso facilmente individuabile.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte "…le pattuizioni, con le quali vengono poste a carico di un fondo ed a favore di altri limitazioni di edificabilità, restringono permanentemente i poteri connessi alla proprietà dell’area gravata e mirano ad assicurare stabilmente e correlativamente particolari utilità a vantaggio del proprietario dell’area contigua. Di conseguenza tali pattuizioni si atteggiano, rispetto ai terreni che vi sono considerati, a permanente minorazione della loro utilizzazione da parte di chiunque ne sia o ne divenga proprietario, ed attribuiscono al fondo vicino un corrispondente vantaggio che a questo inerisce come qualitas fundi, ossia con caratteristiche di realità tali da inquadrarsi nello schema delle servitù, senza che siffatto carattere venga meno qualora le parti non parlino espressamente di servitù, ma prevedano l’imposizione agli acquirenti e loro aventi causa di limitazioni e vincoli del genere anzidetto" (Cass. Sez. 2, n. 4624 del 03/08/1984;
Cass. n. 11948 del 02/12/1993; Cass. Sez. 2, n. 4770 del 24/05/1996).
Ha altresì precisato la S.C. che requisito essenziale del diritto di servitù è l’imposizione di un peso su un fondo (servente) per l’utilità, ovvero per la maggiore comodità o amenità di un altro (dominante) in una relazione di asservimento del primo al secondo che si configura come una "qualitas fundi" mentre si versa nell’ipotesi dell’obbligo personale quando il diritto attribuito sia stato previsto per un vantaggio della persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo senza alcuna funzione di utilità fondiaria (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8611 del 29/08/1998; Cass. n. 13326 del 6.10.2000).
Con il 3 motivo l’esponente denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 2643, 2656, 2657, 2658, 2659 c.c. e dalla L. 27 febbraio 1985, n. 52, art. 2; dell’art. 112 c.p.c.; nonchè per l’omessa, insufficiente motivazione. Deduce che la servitù non è menzionata nella nota di trascrizione degli atti che contengono la clausola in cui non vi è peraltro alcuna indicazione del fondo dominante.
La doglianza non ha pregio. Infatti la servitù in questione è stata chiaramente indicata nell’atto con cui è stata costituita, atto che è stato regolarmente trascritto, per cui essa è vincolante anche per il terzo acquirente del fondo servente (Cass. n. 884 del 3.2.1999; Cass. n. 5158 del 3.4.83).
Con il 4 motivo l’esponente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e degli artt. 180, 183, 184, 112 c.p.c. e dell’art. 2697 c.p.c.; oltre all’omessa, insufficiente motivazione. La censura riguarda la posizione del N.;
l’opponibilità della servitù da parte del quale è "contrastata" dall’ulteriore assenza di trascrizione in proprio favore in occasione dell’acquisto dall’originario dante causa e dalla mancata individuazione del supposto fondo dominante e di quello servente. La questione risulta nuova e quindi inammissibile; d’altra parte a pag.
11 della sentenza la Corte d’Appello ha affrontato altra diversa questione a proposito della posizione del N., che non è stata qui riproposta.
Passando infine a 5 motivo, l’esponente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c.;
dell’art. 1483, 1484, 1489 c.c.; nonchè l’omessa, insufficiente motivazione.
La censura riguarda raccoglimento dell’appello incidentale proposto da G. e C. e il conseguente rigetto della domanda di manleva della soc. xxx. I venditori G. e C. infatti non sono stati condannati a manlevare e tenere indenne la soc. xxx, da ogni pregiudizio.
Secondo la ricorrente costoro non avevano offerto nè fornito alcuna prova di aver portato a conoscenza della soc. xxx l’esistenza di alcun onere reale sul fondo da essi acquistato. La doglianza è infondata, in quanto, secondo il giudice a quotale documentazione che provava la conoscenza del vincolo in questione da parte della soc. xxx, era stata invece allegata e debitamente valutata dal giudicante. Invero come correttamente affermato dalla Corte d’Appello la documentazione da essi prodotta in appello " …era giustificata dallo sviluppo assunto dal processo in cui la srl xxx, violando le intese private con il proprio dante causa, ne ha chiesto e ottenuto la condanna in manleva ed insiste in tal senso ancora nella conclusione in appello" (v. Cass. S.U. n. 8203 del 20/04/2005).
Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della xxx che liquida in Euro 3.200,00 per spese, di cui Euro 3.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2012

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