Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-05-2013) 06-06-2013, n. 24990

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ordinanza del 3 gennaio 2013, il Tribunale di xxx ha respinto la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di M.G. avverso l’ordinanza emessa il 19 dicembre 2012 dal locale Giudice per le indagini preliminari con la quale era stata disposta nei confronti del predetto la misura della custodia cautelare in carcere per due episodi di usura e un tentativo di estorsione aggravati a norma del D.L. n. 152 del 1991, art. 7.
Propone ricorso per cassazione personalmente l’imputato, il quale lamenta, in riferimento all’episodio di cui al capo G), violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto il Tribunale avrebbe ritento sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in base alle dichiarazioni rese da F.G., senza verificarne la attendibilità intrinseca ed estrinseca ed in forza di riscontri esterni individualizzanti, giacchè il medesimo, ancorchè persona offesa del reato, era tuttavia imputato nel medesimo procedimento dei reati di cui agli artt. 64S bis e 648 ter c.p.. Parimenti si contesta il presupposto della gravità indiziaria in riferimento al reato di cui al capo H) in quanto, allorchè B. e O. concordarono il prestito con T., l’imputato non era presente e non era al corrente nè dell’ammontare del prestito nè delle modalità di restituzione. Quanto al delitto di tentata estorsione, non sussisterebbe prova di minacce e comunque il comportamento dell’imputato poteva essere ricondotto alla figura dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Si contesta, poi, la sussistenza dell’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, fondandosi la stessa su basi del tutto congetturali, quando non risulta affatto che il B. fosse intimidito dal T., la cui caratura criminale risalirebbe a fatti assai lontani nel tempo e che non erano neppure conosciuti dalle parti offese. Non sussisterebbero, infine, esigenze cautelari considerato che i fatti risalirebbero al (OMISSIS).
Le doglianze che il ricorrente formula in ordine alla ritenuta sussistenza del presupposto della gravità indiziaria si rivelano prive di fondamento. L’ordinanza impugnata, infatti, si è analiticamente soffermata sulle articolate vicende di usura contestate all’imputato e sulla tentata estorsione, mettendo in luce la puntualità della narrazione offerta da F.G., i plurimi e convergenti elementi di riscontro di tipo documentale, la analitica ricostruzione – operata sulla falsariga dei risultati scaturiti dalle intercettazioni – del ruolo di intermediario svolto per il prestito riconducibile alla cosiddetta "operazione (OMISSIS)" riguardante T.D., la consapevolezza della natura usuraria del prestito, le intimidazioni, infine, che tramite l’imputato vennero fate pervenire al B. ed all’ O..
Ugualmente puntuale si rivela la disamina dell’episodio di tentata estorsione ai danni di N.V. di cui al capo 5^), e ricostruito anch’esso sulla base delle fin troppo eloquenti circostanza emerse dalle intercettazioni. Emergenze, quelle puntualmente messe a fuoco nel provvedimento impugnato, che evidentemente escludono, come già correttamente osservato dai giudici a quibus, la possibilità di ravvisare nei fatti come pretenderebbe il ricorrente – la figura dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Sono invece fondate le censure ce il ricorrente ha svolto a proposito della ritenuta sussistenza della aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, posto che il Tribunale del riesame si è limitato nella sostanza a far leva sulla "fama criminale" dei vari soggetti coinvolti, quali "il G., il L.C. e il T.". Il "metodo mafioso", infatti, riceve definizione normativa attraverso il riferimento all’impiego "delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p.", vale a dire dell’impiego della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva; il che, evidentemente, evoca, non il modo di atteggiarsi del fatto-reato in sè e per sè considerato, e la cui realizzazione, in forme anche particolarmente eclatanti, risulta – sul piano della struttura della aggravante in questione – elemento del tutto neutro, quanto la particolare efficacia intimidatrice che deriva dalla esistenza – concreta e percepibile – di un sodalizio che si connota delle peculiarità descritte dall’art. 416 bis c.p., e la relativa condizione di assoggettamento ed omertà che la presenza territoriale di quella associazione è in grado di generare:
elementi, questi, dei quali gli autori del fatto devono avvalersi, per rendere il reato aggravato a norma del D.L. n. 152 del 1991, art. 7.
La verifica, in concreto, circa la sussistenza di siffatti requisiti sarà compito del giudice del rinvio, il quale dovrà altresì tenere conto, in punto di adeguatezza della misura e di esigenze cautelari, del fatto che la Corte costituzionale con sentenza n. 57 del 2013 ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 3 Cost., dell’art. 275 c.p.p., comma 3, secondo periodo, nella parte in cui – nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p., ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.
L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al Tribunale di xxx per nuovo esame sui punti innanzi indicati.
P.Q.M.
Annulla l’impugnata ordinanza limitatamente alla aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, ed alle esigenze cautelari con rinvio al Tribunale di xxx per nuovo giudizio sul punto. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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