Cass. civ. Sez. II, Sent., 22-08-2012, n. 14606

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Svolgimento del processo

P.D. citò innanzi al Tribunale di Catania i coniugi D.N.T. e M.F. affinchè fosse emessa sentenza che tenesse luogo del contratto di vendita non stipulato, agendo in forza di un preliminare con il quale i predetti avevano promesso di vendere un immobile fruente dei benefici dell’edilizia agevolata, affermando di aver completamente pagato il prezzo; i convenuti si costituirono chiedendo che venisse risolto detto contratto, non avendo il P. ottemperato alla diffida di far fronte alle residue obbligazioni – costituite, secondo prospettazione, dal pagamento del prezzo "aggiornato" – pur permanendo nell’immobile; in via subordinata chiesero che venisse rescisso per lesio ultra dimidium il detto preliminare e condannato l’attore al pagamento di un indennizzo per illecita occupazione dell’immobile.

Il Tribunale adito accolse la domanda del P.; tale decisione venne confermata dalla Corte di Appello di Catania che osservò: a – che risultava pagato l’intero prezzo dell’immobile, ivi comprendendovi l’accollo del mutuo acceso per l’acquisto; b – che non sarebbe stata stipulata una clausola di revisione del prezzo di acquisto ma si sarebbe previsto solo un adeguamento all’eventualmente sopravvenuta normativa vincolistica in materia; c. – che non vi sarebbe stata la prova che il P. – per 10 anni – avesse occupato l’immobile contro la volontà dei promittenti venditori- d – che, del pari, non sarebbe stata dimostrata la ricorrenza dei presupposti della rescissione per lesione sia con riferimento allo stato di bisogno sia al suo approfittamento sia infine alla misura del prezzo di vendita, ritenuta incongrua.

Per la cassazione di tale sentenza ricorrono i D.N. – M. sulla base di due motivi. Il P. non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1 – Con il primo motivo viene addotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1351; 1448; 1453, 1454 c.c.; dell’art. 2932 c.c., comma 2, assumendo che il contratto preliminare si sarebbe risolto prima dell’inizio del giudizio intrapreso dal P. a cagione dell’inadempimento dello stesso delle obbligazioni ivi previste, nonostante la diffida comunicatagli; con il secondo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione: a) della L. 2 ottobre 1971, n. 865, art. 35 – statuente l’inalienabilità per dieci anni degli immobili costruiti usufruendo delle agevolazioni statali- norma che nella fattispecie non poteva dirsi derogata dalla L. 17 febbraio 1992, n. 179, art. 20 – in relazione al quale pure sarebbe esistito l’anzidetto vizio da farsi valere in sede di legittimità- che portava, con disposizione non retroattiva, detto termine a cinque anni; b) dell’art. 1372 cod. civ..

2 -Entrambi i motivi sono inammissibili in quanto privi di una specifica critica dell’ampia motivazione adottata dalla Corte del merito per respingere le identiche censure poste a base dell’appello:

quanto alla portata della pretesa clausola di revisione del prezzo di vendita la Corte distrettuale aveva infatti sottolineato che la pattuizione era da riferirsi alle eventuali diverse condizioni stabilite da una futura normativa in materia di alienazioni di immobili di c.d. edilizia agevolata e non già alla svalutazione monetaria o, anche, al maggior valore venale che il bene avrebbe avuto all’atto del definitivo trasferimento, rispetto dal momento della stipula del preliminare; quanto alla pur sottolineata irretroattività della L. n. 179 del 1992, era stato evidenziato che la citazione era stata notificata il 17 aprile 1998, dunque ben dopo l’entrata in vigore di siffatta normativa che rimuoveva, con effetto immediato, il precedente vincolo di inalienabilità decennale, disposto dalla L. n. 865 del 1971.

3 – Nulla per le spese non essendosi costituita la parte risultata vittoriosa.

P.Q.M.

La Corte Respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2A Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2012
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