Cass. civ. Sez. II, Sent., 22-08-2012, n. 14603

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Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 18.4.97 il Comune di xxx proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo 26.2.1997 con cui il Pretore di Milano, sez. dist. di Cassano d’Adda, gli aveva ingiunto il pagamento, della somma di L. 6.400.000, oltre accessori di legge ed interessi, L. n. 143 del 1939, ex art. 9 in favore dell’arch. S.V., a saldo delle prestazioni professionali svolte dalla stessa in relazione all’incarico di redazione della "Variante" al P.R.G. comunale, conferito con delibera comunale 11.10.94, contestualmente all’approvazione del disciplinare d’incarico. Esponeva il Comune opponente:
che la professionista non aveva completato la prestazione dovuta, non avendo presentato la relazione contenente le osservazioni al nuovo P.R.G., come prevista nel disciplinare d’incarico; che, con Delib. 30 settembre 1996, n. 450 aveva liquidato in L. 6.400.000 il compenso spettante alla S., previa decurtazione della somma di L. 3.200,000, pari al valore delle opere non eseguite, revocando contestualmente l’incarico professionale; precisava che tale somma doveva ritenersi comprensiva del pagamento di quanto dovuto allo Studio Idrogeo-tecnico xxx, ausiliario dell’arch. S..
In via riconvenzionale chiedeva la corresponsione delle penali dovute dalla S., come previste dal disciplinare d’incarico, per il ritardo nella consegna degli elaborati.
Si costituiva in giudizio l’opposta rilevando che arbitrariamente l’Amministrazione le aveva addebitato le indagini idrogeotecniche eseguite dallo Studio xxx, nei cui confronti si era direttamente obbligato il Comune committente.
Con sentenza 5.7.2002 il Giudice Onorario, sez. dist. di Cassano d’Adda, revocava il decreto ingiuntivo compensando fra le parti le spese di lite.
Avverso tale decisione S.V. proponeva appello cui resisteva il Comune insistendo, con appello incidentale, nella domanda riconvenzionale svolta in primo grado.
Con sentenza depositata il 24.9.2005 la Corte di Appello di Milano rigettava l’appello incidentale ed, in accoglimento dell’appello principale, confermava il decreto ingiuntivo opposto, stabilendo che gli interessi sulla somma dovuta, nella misura di cui alla L. n. 143 del 1949, art. 9 decorrevano dal 12.3.97, data di notificazione del decreto stesso.
Rilevava la Corte di merito l’illegittimità del rifiuto opposto dall’amministrazione comunale al versamento, in favore della S., della somma liquidatale di L. 6.400.000, in mancanza di un impegno della stessa di tenere indenne il Comune da ogni richiesta patrimoniale dello studio idrogeotenico xxx; riteneva che la prestazione aggiuntiva dello studio xxx era riconducibile ad un incarico conferito direttamente dall’amministrazione comunale per le indagini idrogeotecniche previste dal disciplinare,incarico cui la professionista era rimasta estranea.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il Comune di xxx, in persona del Sindaco p.t., sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso e memoria il S.V..
Motivi della decisione
Il Comune ricorrente deduce:
1) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, laddove la Corte territoriale, pur avendo riconosciuto che le indagini "geologiche" erano comprese nell’incarico conferito alla S. con il disciplinare, le aveva considerate rientranti in una prestazione aggiuntiva al disciplinare d’incarico, da remunerarsi separatamente dal Comune di xxx;
2) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione; violazione degli artt. 1321 – 1325 – 1326 – 2222 c.c. in combinato disposto con l’art. 2230 e 1350 c.c., art. 97 Cost., R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17;
la Corte di merito aveva escluso l’esistenza di un rapporto contrattuale tra l’arch. S. e lo Studio Idrogeotecnico xxx, pur dando atto che le indagini geologiche erano oggetto degli impegni direttamene assunti dall’arch. S. con il disciplinare di incarico, (art. 2, lett. b) ed aveva omesso di valutare che la stessa si era "appropriata" dei documenti redatti dal G., depositandoli presso il Comune assieme ai propri elaborati, senza provare di aver svolto indagini geologiche diverse; l’accordo tra la S. ed il geologo G. trovava conferma nel fatto che quest’ultimo aveva avanzato la propria richiesta di pagamento direttamente nei confronti della S..
La semplice " puntualizzazione", espressione utilizzata in sentenza per definire il richiamo allo studio del geologo, contenuta nella delibera del Comune di xxx, non costituiva, peraltro, elemento di prova dell’avvenuto perfezionamento di un contratto d’opera tra l’amministrazione e lo studio del geologo, stante il difetto di forma scritta ad substantiam richiesto per il contratto di opera professionale di cui era parte la P.A. e non essendo sufficiente la delibera comunale di conferimento dell’incarico professionale; era viziato, quindi, anche il capo della decisione con cui era stato esclusa la legittimità della richiesta del Comune di xxx di non corrispondere gli interessi sulla somma richiesta in via monitoria;
3) omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione nonchè violazione della L. n. 1150 del 1942, art. 7 della L.R. Lomb. n. 51 del 1957, art. 27 e degli artt. 1321 e 1382 c.c., laddove la sentenza impugnata aveva respinto la domanda di condanna della S. al pagamento della penale prevista dall’art. 8 del disciplinare d’incarico (nella misura del 5% dell’onorario per ogni mese di ritardo nella redazione degli elaborati previsti), per non aver adempiuto alla relazione sulle osservazioni dei cittadini alla "variante" al piano regolatore;
il giudice di appello aveva rilevato che, solo successivamente alla approvazione del Piano Regolatore per il quale era stato conferito l’incarico, il Comune aveva contestato tale inadempimento non rilevante, perciò, in relazione allo scopo per cui l’incarico era stato conferito; aveva omesso di considerare, però, che, nella specie, il piano regolatore non era stato approvato dalla Regione Lombardia e che il Comune di xxx aveva contestato detto inadempimento alla S. successivamente alla delibera di adozione del piano regolatore e, quindi, prima della relativa approvazione con delibera regionale; contrariamente a quanto affermato in sentenza, doveva escludersi, pertanto, che la prestazione della S. avesse comunque raggiunto gli obiettivi previsti dal disciplinare d’incarico.
Il ricorso è infondato.
I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione logica, relativa alla portata dell’incarico conferito dal Comune alla S..
Al riguardo la Corte di merito, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha interpretato la delibera della Giunta Comunale n. 407, in data 11.10.1994, nel senso che "la prestazione esterna aggiuntiva eseguita dal dott. G." non poteva ricondursi ad una libera scelta dell’arch. S., ma ad una committenza diretta ed autonoma dell’amministrazione comunale che aveva affiancato alla S. altro professionista per le indagini geologiche-tecniche "di supporto" alla redazione del P.R.G., posto che il disciplinare non prevedeva alcun accordo tra il Comune e l’architetto stesso in ordine all’obbligo di quest’ultima di compensare la prestazione di consulenza idrogeotecnica.
Tale interpretazione è stata congruamente motivata con riferimento non solo al tenore letterale di detta delibera con cui veniva affidato "all’arch. S.V. l’incarico per la redazione del piano Regolatore Generale, il quale si avvarrà della consulenza dello Studio Idrogeotecnico Dr. G.A., … per le indagini geologiche-tecniche di supporto alla redazione del P.R.G.", ma con riguardo pure al tenore della lettera racc. del 18.4.96 con cui il Comune, nel chiedere all’arch. S. di decurtare dal compenso globale di L. 32.000.000, le competenze professionali previste nel disciplinare, ma non svolte (mancata presentazione della "relazione contenente le proposte del progettista in merito alle osservazioni presentate alla variante del P.R.G.") non accennava a decurtazioni relative alle indagini idrogeotecniche effettuate dal dr. G.. Nè il fatto che la S. avesse depositato in Comune tali indagini assieme al progetto di variante costituisce circostanza significativa della committenza delle indagini direttamente da parte dell’arch. S., trattandosi di documentazione connessa all’incarico espletato e diretta alla verifica, da parte dell’amministrazione committente, della conformità del progetto di variante all’analisi della situazione geologica dell’area. Va rammentato che l’interpretazione di un atto negoziale è tipico atto di accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o di motivazione inadeguata, ipotesi non ricorrenti nella specie. (Cfr. Cass. n. 10554/2010; n. 16099/2003).
Dovendosi escludere che la S. avesse conferito direttamente l’incarico all’Ing. G. per le indagini di cui sopra, assumendosi l’onere del relativo pagamento, il difetto di forma scritta di tale incarico aggiuntivo attiene alla regolarità del rapporto contrattuale intercorso tra il Comune ed il G. mentre è priva di rilevanza nei confronti della S..
In ordine alla terza censura va rilevato che la sentenza impugnata ha respinto la domanda riconvenzionale relativa ai pagamento della penale sulla base di varie argomentazioni, non attinte dal motivo di ricorso ed assorbenti di quanto con esso dedotto; in particolare, la Corte di merito ha evidenziato che il Comune aveva contestato alla professionista la mancata redazione di detta relazione con notevole ritardo e solo al momento della liquidazione del saldo, in assenza di una revoca dell’incarico per la mancata tempestiva consegna dell’elaborato, come previsto dall’art. 8 del disciplinare. Tale comportamento del Comune è stato, quindi, ritenuto sintomatico della irrilevanza della documentazione mancante rispetto alla finalità per cui l’incarico era stato conferito.
Il ricorso, per le considerazioni svolte, deve essere rigettato.
Consegue, secondo il criterio della soccombenza, la condanna del Comune ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidale in Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 5 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2012

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