Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-05-2013) 06-06-2013, n. 24981

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Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Firenze, decidendo sull’istanza di riesame proposta dall’indagato avverso l’ordinanza del GIP del Tribunale di Pistoia in data 21 dicembre 2012 di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti del predetto, rigettava l’istanza confermando il provvedimento impugnato.

2. Ricorre l’indagato assistito da difensore, contestando il provvedimento di riesame per i seguenti motivi:

– violazione di legge processuale per inosservanza dell’art. 309 c.p.p., commi 9 e 10, per essere stata l’ordinanza depositata decorso il termine di dieci giorni previsti dal codice di rito;

– violazione di legge giacchè il difensore di fiducia dell’indagato non sarebbe stato avvertito dell’arresto per una sua presunta irreperibilità con conseguente nullità procedimentale non sanata, come ritiene il Tribunale, dalla mancata eccezione dell’interessato (dovendo per tale intendersi non l’indagato, ma il suo difensore);

– violazione della legge penale per insuperabile genericità della formulazione dei capi a) e c) dell’imputazione, non evidenziandosi in alcun modo le violenze e le minacce poste in essere ai danni della vittima;

– violazione di legge sulla sussistenza del quadro indiziario, essendo lo stesso fondato sulle inattendibili dichiarazioni della parte offesa; – violazione di legge con riguardo all’ipotizzato reato di resistenza al pubblico ufficiale;

– violazione di legge con riguardo alla contestazione dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 10, non potendosi ritenere il fatto commesso ai danni di un ministro di culto non essendo il sacerdote nell’espletamento delle sue funzioni.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è infondato: risultando dall’esame degli atti che il Tribunale ha depositato il dispositivo della propria decisione nel termine di dieci giorni stabilito dall’art. 309 c.p.p., comma 9. Parimenti infondato il secondo motivo: in quanto l’indagato, presente nel mentre si era realizzata la nullità (consistita nel mancato avviso al difensore di fiducia dell’udienza di convalida dell’arresto), pur onerato ad eccepirla ai sensi dell’art. 182 c.p.p., comma 2, non ha sollevato la relativa eccezione, dichiarando anzi di volersi rimettere alla difesa di ufficio (nè il difensore a tale titolo presente ha provveduto a sollevare a sua volta l’eccezione).

Pure infondato è il terzo motivo, non riscontrandosi effettivamente una insuperabile genericità nella formulazione dei capi provvisori di incolpazione atteso il contenuto dell’ordinanza applicativa della misura cautelare e dell’ordinanza impugnata, in cui la condotta delittuosa risulta puntualmente contestata.

Manifestamente infondato è il quarto motivo, avendo il Tribunale ben chiarito a p. 3 le ragioni sulla base delle quali ha ritenuto la credibilità del racconto della parte offesa (evidenziando a riscontro alcune deposizioni testimoniali); nè il ricorso evidenzia illogicità o lacune ricostruttive.

Manifestamente infondato, per insuperabile genericità ed illogicità, il quinto motivo, limitandosi la difesa ad osservare che le parole minacciose sono state probabilmente pronunciate dall’indagato, ma non avrebbero avuto attinenza ai fatti contestati a titolo di estorsione (il che, evidentemente, non rileva in alcun modo ai fini della concretizzazione della condotta delittuosa in esame).

Fondato è invece l’ultimo motivo, risultando che i fatti estorsivi sono avvenuti nell’abitazione del sacerdote e nell’ambito di incontri privati di natura sentimentale: cosicchè non risulta integrata, nemmeno in prospettazione, la contestata aggravante, la quale richiede che il fatto sia stato commesso contro un ministro del culto cattolico nell’atto o a causa delle sue funzioni.

2. Ne discende l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e anche di quella cautelare limitatamente alla aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 10, che deve essere elimina, e il rigetto nel resto del ricorso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella cautelare limitatamente alla aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 10, che elimina. Rigetta nel resto il ricorso.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013

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