Cass. civ. Sez. II, Sent., 22-08-2012, n. 14600

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Svolgimento del processo
Con sentenza del 12 maggio 2006 la Corte di appello di L’Aquila rigettava il gravame proposto dalla xxx s.n.c. avverso la sentenza del Tribunale di Pescara dell’8 marzo 2004, che aveva rigettato l’opposizione proposta da detta società avverso il decreto ingiuntivo n. 1174/94 – con cui le era stato ingiunto di pagare, in favore della xxx Calcestruzzi s.a.s., la somma di L. 8.584.974 quale corrispettivo per forniture di calcestruzzo, con interessi di mora e spese di procedura – e che aveva, altresì, rigettato la domanda riconvenzionale proposta dall’opponente la quale, deducendo di nulla dovere all’opposta ma di essere, invece, creditrice della stessa per aver pagato più del dovuto nel corso del rapporto di fornitura, aveva chiesto la compensazione sino all’ammontare dell’importo richiesto con il decreto ingiuntivo e la restituzione delle somme eccedenti residue.
Avverso la sentenza della Corte di merito ha proposto ricorso per cassazione la xxx s.n.c. sulla base di due motivi.
Ha resistito con controricorso la xxx Calcestruzzi s.a.s..
Motivi della decisione
1. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. -inserito nel codice di rito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ed abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (12 maggio 2006).
2. Con il primo motivo, come indicato nella relativa rubrica, la ricorrente denuncia "omissione, insufficienza e contraddittorietà di motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio delle effettive quantità del materiale fornito dalla xxx Costruzioni S.a.s. all’xxx S.n.c. per la costruzione delle due palazzine in via (OMISSIS), nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 1427, 1428, 1429 e 1430 e 1431 c.c.".
In particolare, osserva la società ricorrente che con l’atto di appello aveva ribadito di essersi accorta della ingannevole sovrafatturazione della xxx Costruzione s.a.s. solo allorchè, per il solaio sovrastante ed uguale a quello realizzato con il materiale per il quale le era stato ingiunto il pagamento, altro fornitore le aveva addebitato un minor quantitativo di calcestruzzo; aveva dedotto che, pertanto, occorreva accertare il materiale occorso e quindi fornito per la realizzazione delle due palazzine in contrada (OMISSIS) e che un simile raffronto richiedeva un accertamento tecnico del materiale effettivamente fornito ed impiegato, accertamento che nella specie come quella all’esame costituiva l’unico mezzo di prova; aveva rappresentato che per tale ragione era stata disposta in primo grado la CTU ed aveva evidenziato che il consulente tecnico d’ufficio aveva però omesso di rispondere ai quesiti relativamente alla palazzina in contrada (OMISSIS), nonostante fosse stato più volte convocato, mentre aveva fornito risposte incongrue, illogiche e comunque erronee rispetto all’altra palazzina sicchè la ricorrente, nelle conclusioni dell’atto di appello, aveva chiesto la rinnovazione della CTU con la sostituzione del consulente.
Lamenta la xxx s.n.c. che sulle questioni poste la Corte di merito aveva dato risposte "non pertinenti, vaghe, generiche, aprioristiche illogiche e persino contraddittorie". Al riguardo la ricorrente evidenzia che i giudici dell’appello, muovendo dal dato non controverso che le bolle di consegna erano state sottoscritte dal suo legale rappresentante, avevano affermato che la contestazione delle quantità di materiale sulle medesime indicate avrebbe potuto assumere rilievo solo se fosse stato provato che dette bolle erano state sottoscritte per errore ma tale prova difettava; secondo la xxx s.n.c. non sussisteva errore da provare, riguardando lo stesso "non le forniture in sè" ma le quantità del materiale fornito che non potevano essere controllate o verificate al momento della consegna ma dovevano essere "necessariamente ricevute" per come (ingannevolmente) indicate.
Sosteneva quindi la ricorrente che la mancata rinnovazione della CTU sulla palazzina in contrada (OMISSIS) aveva impedito di dare la prova dei suoi assunti. Censurava, infine, la predetta società l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui "nessuna deduzione è stata avanzata in ordine all’eventuale errore in cui sarebbe incorso il geom. C. nel sottoscrivere le bolle di consegna, nè sulla riconoscibilità dell’errore da parte del venditore", ribadendo al riguardo di essersi doluta "di un consenso carpito sostanzialmente con dolo (il doversi fidare per non poter verificare) e non già dato per mero errore".
A conclusione del motivo la ricorrente formula un unico quesito di diritto – benchè indicato (v. p. 13 del ricorso) come "ulteriore", ma non è dato sapere rispetto a quale altro quesito – del seguente tenore: "nel caso di discordanza tra le quantità dichiarate dal fornitore e le quantità reali della merce, può poi il fornitore stesso, che le aveva specificatamente indicate nelle relative bolle di consegna, invocare a proprio favore la riconoscibilità dell’errore cui è stato lui ad indurre l’altra parte od in cui l’altra parte è comunque incorsa per aver dato fede alle sue dichiarazioni?".
2.1. Il motivo è inammissibile.
2.2. Si premette che, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di questa Corte, è ammissibile il ricorso per cassazione che denunzi con unico motivo vizi di violazione di legge e di motivazione, qualora si concluda con la formulazione di tanti quesiti corrispondenti alle censure proposte, poichè nessuna prescrizione è rinvenibile nelle norme processuali che ostacoli tale duplice denunzia, a nulla rilevando l’art. 366 bis cod. proc. civ., inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 il quale esige che nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso previsto dal n. 5, che l’illustrazione contenga la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume che sia omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione ma non richiede anche che il quesito di diritto e gli elementi necessari alla illustrazione del vizio di motivazione siano prospettati in motivi distinti (Cass. 18 gennaio 2008, n. 976; Cass. 26 marzo 2009, n. 7621).
2.3. Va tuttavia evidenziato che, in relazione alla lamentata violazione di legge, il quesito formulato risulta incongruo e sostanzialmente non corrispondente al contenuto del motivo, riferendosi in particolare alla riconoscibilità dell’errore, laddove, nella illustrazione del motivo, tale questione non viene in concreto sviluppata. Inoltre, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una "regula iuris" suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366-bis, si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire – come all’evidenza nella specie – l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (v. Cass., sez. un., 30 ottobre 2008, n. 26020; Cass. 15 febbraio 2010, n. 3462).
2.4. Per quanto attiene, poi, ai vizi di motivazione, pure lamentati con il motivo in esame, manca il momento di sintesi e al riguardo questa Corte ha più volte affermato – e a tale orientamento va data continuità – che è inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione qualora non sia stato formulato il c.d.
quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la "ratio" che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore motivazionale commesso dal giudice di merito (v. in particolare, anche in motivazione, Cass. 18 novembre 2011, n. 24255).
3. Con il secondo motivo, come indicato nella relativa rubrica, la ricorrente lamenta "omessa e/o insufficiente motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio del quantitativo di calcestruzzo realmente necessario per la realizzazione della sola palazzina in via (OMISSIS); nonchè violazione dell’art. 2697 c.c.".
La ricorrente deduce che, in base agli elementi risultanti dalla stessa relazione del consulente tecnico d’ufficio e da due fatture in atti, la n. (OMISSIS), sarebbe stato agevole rilevare che essa ricorrente aveva indebitamente pagato alla controricorrente somme superiori al credito azionato da quest’ultima in sede monitoria che avrebbe dovuto essere dichiarato estinto per effetto della eccepita compensazione. Ad avviso della ricorrente, la Corte di merito aveva superato la questione affermando "sbrigativamente" che la CTU aveva ipotizzato una differenza in meno di calcestruzzo fornito di me. 70, facendo rilevare che i calcoli eseguiti erano influenzati da notevoli fattori di incertezza sicchè l’ipotesi predetta non poteva assumere valenza probatoria assoluta. Tale non assolutezza di valenza probatoria non avrebbe potuto, secondo il ricorrente, valere in relazione alle due fatture, afferenti a forniture costituenti, a suo avviso, un’eccedenza della quale non si era tenuto conto. Peraltro, secondo la ricorrente la contestazione della non corrispondenza, sia pure in termini di non assoluta certezza, del quantitativo dichiarato a quello effettivamente fornito era di per sè idoneo "a riaffermare o a far rivivere" a carico della controricorrente, quale parte opposta, l’onere della prova di cui all’art. 2697 cod. civ..
A conclusione del motivo la ricorrente formula un unico quesito di diritto: "una bolla di consegna sottoscritta dal destinatario allo scarico della mercè vale ad assolvere all’onere della prova anche relativamente alle quantità ivi dichiarate dal fornitore, pur se in quel momento le quantità stesse non siano oggettivamente verificabili e non vengano effettivamente verificate?" 3.1. Il motivo è inammissibile.
3.2. Va ribadito che deve ritenersi ammissibile, per le motivazioni già espresse, nell’esaminare il primo motivo di ricorso, al paragrafo 2.2., il ricorso per cassazione, che denunzi con unico motivo vizi di violazione di legge e di motivazione.
3.3. In relazione alla dedotta violazione dell’art. 2697 cod. civ., tuttavia, il quesito formulato dalla ricorrente appare non chiaro e comunque non in termini tali da costituire una sintesi logico- giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una "regula iuris" suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366-bis, si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire – come all’evidenza nella specie – l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (v. Cass. sez. un., 30 ottobre 2008, n. 26020; Cass. 15 febbraio 2010, n. 3462, precedenti, questi, già richiamati in sede di esame del primo motivo di ricorso).
3.3. Quanto al profilo del secondo motivo di ricorso, con cui si denuncia omessa e/o insufficiente motivazione, al riguardo va rilevato che manca il momento di sintesi e va, pertanto, ribadito l’orientamento di questa Corte secondo cui è inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione qualora non sia stato formulato il c.d. quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la "ratio" che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflative del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore motivazionale commesso dal giudice di merito (v. in particolare in motivazione Cass. 18 novembre 2011, n. 24255).
4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione sostenute dal controricorrente, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2012

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