Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-08-2012, n. 14616

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Svolgimento del processo
Con ricorso per sequestro giudiziario e contestuale atto di citazione per la convalida ex art. 680 cod. proc. Civ. (nel testo all’epoca vigente), notificati il 12 febbraio 1993 il sig. br.se.
e la Impianti Elettrici xxx & c. s.n.c. in concordato preventivo convenivano dinanzi al Tribunale di Firenze il sig. P.R. C. e il di lui figlio P.C.D., esponendo – che con sentenza 25 febbraio 1991 il Tribunale di Firenze aveva omologato il concordato preventivo con cessione dei beni proposto dalla predetta società e dal sig. br.se., titolare dell’omonima impresa individuale;
– che tra i beni ceduti era compresa la partecipazione azionaria pari al 22,50% del capitale della xxx s.p.a., la cui residua quota era intestata al sig. P.C.R.;
– che con scrittura privata 22 luglio 1986 quest’ultimo si era obbligato a trasferire un’ulteriore quota del 17,50% così da rispettare la proporzione del 60-40% nella titolarità del capitale prevista fin dall’inizio dai soci;
– che nella medesima scrittura privata si dava atto che il B. aveva effettuato pagamenti per L. 1.500.000.000, riservato il conteggio definitivo alla chiusura dell’operazione;
– che il P.C. si era reso inadempiente all’obbligazione assunta, ponendo in atto una strategia volta alla creazione di perdite per procedere alla riduzione di capitale ed a successive ricostituzioni del capitale, così da acquisirne l’intera titolarità senza corrispondere nulla al Br.;
– che il P.C., all’evidente fine di ostacolare l’acquisizione del residuo 40%, aveva altresì trasferito il figlio D. le azioni di cui era ancora titolare.
Tutto ciò premesso, chiedeva dichiararsi la simulazione di quest’ultima vendita, con accertamento della titolarità da parte del Br. di azioni pari al 17,50% del capitale sociale della xxx s.p.a. e con determinazione del conguaglio eventualmente dovuto, da parte della procedura di concordato preventivo, oltre al risarcimento dei danni.
Si costituivano ritualmente i due convenuti, formulando domanda riconvenzionale per il trasferimento al P.C. di azioni del Br. pari al 5,34% dei capitale sociale della xxx s.p.a.;
o in subordine, per sentir dichiarare risolto in parte, per inadempimento, l’atto di vendita all’attore del 20% del capitale sociale, con la conseguente retrocessione di azioni pari al 5,34% del capitale della xxx s.p.a. Dopo l’espletamento di prova testimoniale, gli attori modificavano la propria domanda, da manutenzione in risoluzione del contratto, con la conseguente condanna alla restituzione del prezzo pagato ed al risarcimento del danno e con rinunzia all’accertamento della simulazione.
Con ordinanza 9 novembre 1998 il giudice istruttore revocava il sequestro giudiziario e separava la causa intentata nei confronti del sig. P.C.D.. Dopo l’interruzione del giudizio per decesso del sig. br.se. e la riassunzione da parte dei suoi eredi, veniva esperita consulenza tecnica d’ufficio.
Con sentenza non definitiva 5 novembre 2003 il Tribunale di Firenze rigettava la domanda attrice e, in parziale accoglimento della riconvenzionale, dichiarava che il convenuto aveva diritto al ritrasferimento di azioni pari allo 0,50 del capitale sociale della xxx s.p.a.; con compensazione tra le parti di metà delle spese di giudizio e condanna degli attori alla rifusione della residua frazione.
Sui successivi gravami, hinc et inde proposti, la Corte d’appello di Firenze, con sentenza 19 gennaio 2009, in accoglimento parziale dell’appello principale dei sigg. Br.Sa. e Gi., nonchè del concordato preventivo di b.s. e della Impianti Elettrici xxx s.n.c., dichiarava la risoluzione, per inadempimento del signor P.C.R., del contratto 22 luglio 1986, avente ad oggetto il trasferimento della quota del 17,5% del capitale della xxx s.p.a. e per l’effetto condannava il P. C. a restituire la somma di Euro 376.884,42 con gli interessi legali; oltre al risarcimento del danno da liquidare nel prosieguo di giudizio.
Rigettava l’appello incidentale proposto dal sig. P.C. R..
Motivava:
– che la scrittura privata 22 luglio 1986 conteneva l’obbligazione di vendere la residua quota del 17,50% del capitale della xxx s.p.a. ed una vera e propria quietanza di pagamento di L. 20 milioni, erroneamente non computata dal primo giudice;
– che ulteriori pagamenti, di importo analiticamente precisato, portati da assegni consegnati e riscossi andavano pure calcolati in conto prezzo;
– che il possesso da parte del br. di cambiali da lui emesse ne provava presuntivamente l’avvenuto pagamento, nonostante le risultanze negative della documentazione bancaria prodotta e la deposizione testimoniale contraria;
– che quindi alla data dell’introduzione del giudizio il br.
aveva versato la somma complessiva di L. 1.875.000.000 pari al 36,83% del costo totale dell’acquisizione del capitale della xxx s.p.a:
onde, andavano accolte la domanda di risoluzione del contratto 22 luglio 1986 per inadempimento del P.C. e le condanne restitutorie e risarcitorie consequenziali, da liquidare nel prosieguo del giudizio.
Avverso la sentenza non definitiva il P.C. proponeva immediato ricorso per cassazione affidato a nove motivi e notificato il 2 marzo 2009.
Deduceva:
1) l’ultrapetizione e la contraddittorietà della motivazione della ritenuta erroneità della decisione del Tribunale sulla compensabilità dei rispettivi crediti e debiti, non impugnata sul punto;
2) la violazione delle norme in tema di interpretazione del contratto e la carenza di motivazione nell’accertamento della natura contrattuale della scrittura privata 22 luglio 1986 e del conseguente obbligo del C. di trasferire il residuo 17,50% delle azioni xxx;
3) la violazione dell’art. 1362 c.c. e segg. e la carenza di motivazione nel qualificare come contratto a prestazioni continuate e periodiche la scrittura privata intercorsa tra le parti;
4) la violazione dell’art. 1362 cod. civ. in riferimento all’art. 2730 c.c. e segg. e il difetto di motivazione nell’interpretazione della scrittura privata anche come quietanza, in parte qua, del pagamento di L. 1.500.000.000;
5) la carenza di motivazione nell’ imputazione a debito del P. C. della somma di L. 206.213.000, a titolo di interessi di sconto, per effetto della scadenza dei titoli di credito in data successiva alla consegna, in funzione solutoria;
6) (subordinato all’eventuale decisione, nel merito, della causa) l’accertamento della minor somma versata dal br., in conformità con la decisione del giudice di primo grado;
7) la carenza di motivazione e l’omesso esame della prova del mancato pagamento di due cambiali;
8) (subordinato all’accoglimento di uno dei primi tre motivi di ricorso e di decisione della causa nel merito) la carenza di motivazione in ordine al mancato computo dei versamenti eseguiti dal P.C. in favore del b. a titolo di compensazione con il controcredito;
9) l’erronea applicazione degli artt. 1223, 1453 e 2932 cod. civ. in ordine alla definizione dei criteri liquidativi del lucro cessante.
Resistevano congiuntamente, con unico controricorso, l’Impianti Elettrici xxx & c. s.n.c. in concordato preventivo, in persona del liquidatore giudiziale, e i sigg. Sa. e G. B..
Entrambe le parti depositavano memoria illustrativa ex art. 378 cod. proc. civile.
All’udienza dell’11 luglio 2012 il Procuratore generale ed i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
Motivi della decisione
Il primo motivo contiene, promiscuamente, censure di violazione di legge e di contraddittorietà della motivazione.
Sotto il primo profilo è infondato. Nell’accertamento delle somme effettivamente pagate dal br., detraendo i titoli di credito insoluti e le somme restituitegli, su sua richiesta dal C., la Corte d’appello di Firenze non è andata oltre i limiti del thema decidendum devolutole, non trattandosi neppure di compensazione in senso proprio, bensì di definizione del rapporto di dare e avere relativamente allo stesso rapporto contrattuale.
La doglianza relativa al vizio di motivazione è invece carente del momento di sintesi che è requisito di ammissibilità ex art. 366 bis cod. proc. civ.. In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 e impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve precisare, a pena d’inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. La relativa censura deve dunque contenere un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., sez. 3, 20 febbraio 2008, n. 4309): sintesi, che non può identificarsi con l’illustrazione del relativo motivo di ricorso, dovendo risolversi in un quid pluris – omesso dal ricorrente – che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., sez. 3, 7 aprile 2008, n. 8897).
Il secondo motivo, concernente la violazione delle norme in tema di interpretazione del contratto e la carenza di motivazione nell’accertamento della natura contrattuale della scrittura privata 22 luglio 1986 è inammissibile, risolvendosi in una difforme valutazione degli elementi di fatto apprezzati dalla corte territoriale, volta ad introdurre un riesame nel merito che non può trovare ingresso in questa sede. Tanto meno, per mezzo di un esame diretto di risultanze istruttorie, quali le deposizioni testimoniali raccolte in primo grado. Analoga omissione del requisito ex art. 366 bis cod. proc. civ. si riscontra in ordine alla concorrente deduzione dell’insufficienza della motivazione.
Anche il terzo motivo è inammissibile: sia, per la manifesta inadeguatezza del quesito di diritto ("Se un pagamento parziale di prezzo sia satisfattivo dell’interesse del creditore"), sia, perchè ancora una volta il ricorrente introduce un riesame nel merito sotto forma di critica all’interpretazione della scrittura privata fornita in sentenza: per di più, attribuendo alla corte territoriale la qualificazione di contratto a prestazioni continuate o periodiche, con evidente forzatura del tenore testuale della motivazione ("…è principio ripetutamele affermato dada giurisprudenza quello secondo il quale la risoluzione parziale del contratto – espressamente prevista dall’art. 1458 cod. civ. nell’ipotesi di contratti ad esecuzione continuata o periodica – è ammissibile anche nell’ipotesi in cui l’oggetto del negozio sia rappresentato non già da una soia cosa caratterizzata da una sua unicità non frazionabile, ma da più cose aventi una propria individualità…").
Appare per contro immune da mende il concetto realmente espresso, secondo cui ogni girata di azioni da parte del P.C., così come ogni pagamento da parte del br., dovesse essere qualificata come adempimento parziale di un’obbligazione contrattuale, senza immediato vincolo di equivalenza corrispettiva fra le singole prestazioni.
Con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art. 1362 cod. civ. in riferimento all’art. 2730 c.c. e segg. e il difetto di motivazione nell’interpretazione della scrittura privata anche come quietanza.
Il motivo è infondato.
Richiamata l’inammissibilità di una difforme valutazione dei documenti e delle risultanze istruttorie (con particolare riguardo alle deposizioni testimoniali riportate per suffragare la censura) al fine di introdurre un sindacato di merito, si osserva come l’unica questione in astratto proponibile in questa sede è quella del contrasto tra la scrittura privata – in cui si da atto di un pagamento di L. 1.500.000.000 – ed il successivo ricorso per sequestro giudiziario ove la cifra esposta è invece minore (L. 1.480.000.000, riconosciuta dal tribunale in primo grado).
Ma la dissonanza non può essere risolta nel senso voluto dal ricorrente.
Solo la scrittura privata, infatti, è immediatamente attribuibile alle parti contraenti ed è quindi espressione diretta della loro volontà: con la conseguenza che la quietanza ivi contenuta- avente natura giuridica di confessione – può essere superata solo mediante impugnazione per violenza o errore di fatto (art. 2732 cod. civ.).
Laddove, uno scritto difensivo non è altrettanto espressivo della volontà della parte, provenendo dal difensore, che non può disporre del diritto litigioso: presupposto di validità della confessione (art. 2731 cod. civ.).
Quel che si può dire, al riguardo, è che l’atto giudiziario poteva essere utilizzato per interpretare la scrittura privata; ma ciò non toglie che la qualificazione, come quietanza, dell’attestazione del pagamento si sottrae al vizio di violazione di legge e di carenza di motivazione, fondata com’è su un dato testuale cui è stato riconosciuto un significato non equivoco.
Il quinto motivo, con cui si denunzia la carenza di motivazione nell’ imputazione a debito del P.C. della somma di L. 206.213.000 a titolo di interessi di sconto, è inammissibile per omissione del requisito di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ.; e comunque, ancora una volta, ricostruisce diversamente una questione di merito, sulla base di una interpretazione alternativa dei dati di fatto.
Il sesto motivo, volto ad ottenere da questa Corte la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, resta assorbito dal rigetto dei censure precedenti.
Il settimo motivo, relativo alla carenza di motivazione e all’omesso esame della prova del mancato pagamento di due cambiali, è palesemente inammissibile perchè privo del requisito ex art. 366 bis c.p.c.; oltre che volto ad un riesame, nel merito, addirittura delle deposizioni raccolte, per contrastare la presunzione di diritto di pagamento desumibile dal possesso delle cambiali da parte del debitore.
L’ottavo motivo, formulato per l’ipotesi di decisione di merito ex art. 384 cod. proc. civile, resta assorbito.
L’ultimo motivo, con cui si censura l’erronea applicazione degli artt. 1223, 1453 e 2932 cod. civ. è infondato.
Non vi è ragione per cui si debba derogare al consueto criterio di liquidazione del lucro cessante con riferimento alla data di proposizione della domanda di risoluzione contrattuale: che, nella specie, è intervenuta nel corso di giudizio, quale (legittima) mutatio libelli dell’originaria domanda di adempimento.
Per il resto, la concreta determinazione del risarcimento non rientrava nel thema decidendum della sentenza non definitiva scrutinata in questa sede.
Il ricorso è dunque infondato e va respinto, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 11 Luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2012

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