Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-08-2012, n. 14615

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con sentenza non definitiva 19 gennaio 2009 la Corte d’appello di Firenze, in parziale accoglimento del gravame proposto dal concordato preventivo della Impianti Elettrici xxx s.n.c. in persona del liquidatore signor B.C., e dai sigg. Sa. e Br.Gi., quali eredi di br.se., dichiarava la risoluzione, per inadempimento del sig. P.R. C., del contratto stipulato con scrittura privata in data 22 luglio 1986, avente ad oggetto la promessa di trasferimento di una quota del 17,50% del capitale sociale della xxx s.p.a.; e per l’effetto, condannava il P.C. alla restituzione del prezzo pagato, oltre al risarcimento del danno, da liquidare nel prosieguo del giudizio.
Nel corso della successiva istruttoria, era esperita consulenza tecnica d’ufficio per la valutazione del pacchetto azionario in questione.
Con sentenza 18 ottobre 2010 la Corte d’appello di Firenze condannava il C.P. al pagamento della somma di Euro 1.246.080,95, a titolo di lucro cessante, per la differenza tra il prezzo pattuito ed il maggior valore del cespite immobiliare che costituiva la principale voce dell’attivo patrimoniale della xxx s.pa.; oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali e la rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.
Per quanto ancora attiene al presente thema decidendum, motivava – che non vi era ragione di calcolare plusvalenze tassabili latenti, a carico del fabbricato che costituiva il principale cespite patrimoniale della xxx s.p.a., perchè la liquidazione del danno non doveva necessariamente portare alla dismissione del complesso immobiliare per far fronte agli obblighi risarcitori;
– che il fabbricato costituente il cespite patrimoniale era sito in una zona di grande pregio commerciale e l’indicazione riportata nell’autorizzazione per l’esercizio di vendita riguardava la disciplina del commercio al minuto e non la destinazione urbanistica dell’immobile;
– che non vi era ragione per diminuire la valutazione della quota di minoranza, trattandosi di società immobiliare di gestione, da stimare con criteri patrimoniali semplici.
Avverso la sentenza, non notificata, il P.C. proponeva ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Deduceva:
1) l’illogicità della motivazione della stima dell’immobile che costituiva il cespite principale del patrimonio della xxx s.p.a.
secondo la destinazione d’uso commerciale, anzichè quella che gli era propria, di capannone;
2) la carenza di motivazione nell’omessa detrazione delle passività da tassazione delle plusvalenze latenti gravanti sull’immobile sociale;
3) il vizio di motivazione nel non tenere conto che si trattava di un pacchetto azionario di minoranza di società non quotata.
Resistevano congiuntamente con unico controricorso l’Impianti Elettrici xxx s.n.c. in concordato preventivo ed i sigg.
Sa. e Br.Gi..
All’udienza dell’11 luglio 2012 il Procuratore generale ed il difensore dei contro resistenti precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione nella valutazioni dell’immobile di proprietà della xxx s.p.a..
Il motivo è inammissibile, risolvendosi nella riproposizione di circostanze di fatto – per di più, di natura ipotetica – già esaminate e confutate con diffusa motivazione in sentenza, sulla scorta della conforme relazione del consulente tecnico d’ufficio.
Al riguardo, è stato messo in evidenza come l’obbligazione risarcitoria liquidata in sentenza non necessariamente dovesse essere adempiuta tramite la dismissione del complesso immobiliare. Pur non essendo necessario, la corte territoriale ha altresì prospettato un ventaglio di possibilità (finanziamento di azionisti, indebitamento bancario, operazioni di fusione societaria, rivalutazione o benefici fiscali consentiti, dismissione della partecipazione di minoranza) per ottenere la provvista necessaria a fronteggiare il debito; senza dover ricorrere alla vendita, con effetti svalutativi del cespite immobiliare.
Il secondo motivo, concernente la carenza di motivazione nell’omessa detrazione delle passività da tassazione delle plusvalenze è infondato.
Si da atto, in motivazione, che il fabbricato è sito in zona di gran pregio commerciale e che la relativa stima è stata adeguatamente diversificata, tenendosi conto della situazione giuridica urbanistica del complesso immobiliare. La critica del ricorrente sul punto non enuclea errori di diritto o logici della motivazione; riproducendo, piuttosto, la propria contraria tesi di merito, sulla minor valutazione da attribuire all’immobile.
Anche il terzo motivo è infondato.
La corte territoriale, rifacendosi alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, ha ritenuto che non ci fosse ragione per attribuire un valore meno che proporzionale alla partecipazione di minoranza in una società immobiliare di gestione: tenuto anche conto che nella scrittura privata del 22 luglio 1986 non si prevedeva alcuna riduzione dei prezzo di acquisizione della partecipazione stessa.
Il ricorso è dunque infondato e deve essere respinto; con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 11 Luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *