Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-08-2012, n. 14614

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Svolgimento del processo
M.G. conveniva in giudizio la Cooperativa xxx s.r.l., esponendo: che il 9/3/1993, era stata comunicata all’esponente la deliberazione del Consiglio di Amministrazione della Cooperativa del 1/3/1993 di esclusione dalla Cooperativa, motivato sull’assunto della decadenza dell’autorizzazione comunale alla conduzione di taxi acqueo; che tale provvedimento era stato impugnato avanti al Tribunale; che con delibera del 10/1/97, la Cooperativa aveva respinto la richiesta del M. di riammissione, presentata dopo l’annullamento da parte del Consiglio di Stato del provvedimento di decadenza, richiamando le ulteriori ragioni di esclusione della deliberazione del 1993; che non poteva essere confermata la precedente delibera del 1/3/93, in quanto dichiarata nulla dal Tribunale, con la sentenza del 27/3/97 e, ove ritenuta sussistente una nuova deliberazione, la stessa non avrebbe potuto essere emessa verso chi non era più socio, e sulla base di fatti già ritenuti insussistenti nella precedente sentenza. Con sentenza n. 1851 del 10/6/2009, il Tribunale di Venezia rigettava la domanda proposta da M.G., ritenendo nuova la delibera di esclusione del 10/1/1997 e provati gli addebiti.
La Corte d’appello, con sentenza n. 132 del 22/11/2001, respingeva sia l’appello principale del M. che quello incidentale della Cooperativa; la Suprema Corte, con sentenza n. 21648 del 22/9/05, respinto il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il principale, ha accolto nei sensi di cui in motivazione il secondo motivo del ricorso incidentale e cassato con rinvio la pronuncia.
Nel giudizio di rinvio, la Corte d’appello, con sentenza 13/5- 12/10/2009, ha respinto l’appello, confermando la sentenza impugnata, e condannato il M. alle spese dell’intero giudizio, ritenendo che l’istanza di riammissione del 18/1/96, rigettata dalla Cooperativa con la delibera del 10/1/97, si palesava quale istanza di revoca della precedente esclusione, essendo venuto meno il presupposto della stessa; che la Cooperativa aveva effettuato invece un nuovo esame delle ragioni di esclusione, dapprima genericamente indicate, e invitato il M. a fornire le giustificazioni; che, quanto agli addebiti, il Tribunale aveva adeguatamente e compiutamente motivato, nè l’appellante aveva esposto specifiche censure.
Ricorre il M. sulla base di quattro motivi.
La Cooperativa si difende con controricorso.
La Cooperativa ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente si duole della erronea applicazione di norme di diritto, del vizio di omessa, contraddittoria motivazione sul punto decisivo, sostenendo che la delibera del 10/1/1997 non può essere considerata come nuovo ed autonomo provvedimento di esclusione.
1.2.- Col secondo motivo, il M. si duole della erronea applicazione di norma di diritto e dell’omessa, contraddittoria motivazione sul punto decisivo della natura della delibera.
1.3.- Nel terzo motivo, il ricorrente denuncia l’erronea applicazione di norma e l’omessa, contraddittoria motivazione sul punto decisivo degli effetti della delibera impugnata, e dell’efficacia retroattiva della delibera di esclusione.
1.4.- Il quarto motivo è rubricato come "Erronea applicazione di norma di diritto ed omessa, contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia: effetti della delibera sociale impugnata. Del merito." 2.1.- I primi due motivi sono inammissibili.
E’ sufficiente a riguardo rilevare che il ricorrente non ha assolto al disposto di cui all’art. 366 C.P.C., n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, applicabile ratione temporis, che, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, documenti e contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; secondo l’orientamento assunto dalle S.U. nell’ordinanza 7161/2010, seguito, tra le altre, nella pronuncia resa a sezione semplice, 17602/2011, tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione dei documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso.
Le omissioni della specifica indicazione della sede processuale di produzione riguardano le delibere a cui la parte si riferisce, del 1/3/93, del 16/10/96, del 10/1/97, e la sentenza del Tribunale di Venezia 1106/97, resa nell’altro precedente giudizio.
2.3.- Il terzo motivo è infondato sotto il profilo del vizio di motivazione, ed inammissibile, sotto il profilo della violazione di legge.
Ed invero, la censura intesa a far valere vizi di motivazione è del tutto priva della indicazione delle ragioni della censura stessa; la doglianza ex art. 360 c.p.c., n. 3 è espressa sotto il profilo del contrasto con il consolidato orientamento del S.C., secondo cui "la delibera, alla stregua di un licenziamento, trattandosi di atto unilaterale di tipo recettizio la sua efficacia è ad nutum."(così testualmente, pag. 12 del ricorso).
La censura, priva di ogni riferimento normativo, è affidata al dedotto contrasto della decisione con l’orientamento indicato nei termini di cui sopra, con riferimento al precedente di questa Corte, n. 1833 del 1981, in tema di licenziamento per giusta causa, e nel resto non è evidentemente relazionabile al caso di specie, atteso che l’espressione adottata si riferisce alla facoltà del datore di lavoro di licenziare il dipendente senza addurre alcuna motivazione.
2.4.- Il quarto motivo è inammissibile, per il rilievo relativo ai documenti, ex art. 366 c.p.c., n. 6, come sopra esposto, e sotto altro profilo, infondato.
Premesso che la Corte del merito ha fatto propria la valutazione operata dal Tribunale sugli addebiti, sì che ne consegue l’infondatezza della censura di omessa motivazione, va rilevato che la stessa ha aggiunto che le argomentazioni del primo Giudice erano state genericamente contestate dal M., e tale argomentazione non è stata in alcun modo censurata, da ciò conseguendo che le censure, già in tesi, perdono di decisività.
Nel resto, le deduzioni fatte valere dal ricorrente sono intese ad ottenere ima nuova valutazione del merito, inammissibile nel giudizio di legittimità.
3.1.- Conclusivamente, il ricorso va respinto.
Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi; oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2012
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