Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-08-2012, n. 14613

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Svolgimento del processo
Dal rapporto contrattuale intercorso tra s.p.a. xxx e la ditta Contorno, avente ad oggetto la fornitura di merce, scaturivano: un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dalla ditta Contorno; un’opposizione a precetto intimato dalla xxx e un giudizio di cognizione diretto all’accertamento dei difetti riscontrati sulla merce fornita dalla xxx. I procedimenti venivano riuniti ed il giudizio di primo grado veniva interrotto il 15/12/1999 e riassunto nei confronti della S.P.A. xxxGestioni Industriali, incorporante della xxx nonchè nei confronti dell’xxx s.p.a., in qualità di cessionaria del credito. Alla ditta individuale Contorno succedeva la s.r.l. xxx. In giudizio si costituiva la s.p.a. xxx in liquidazione, quale incorporante della Uva s.p.a. Il procuratore di tale parte dichiarava all’udienza del 15/12/2001 l’avvenuta fusione per incorporazione dell’xxx nella xxx chiedendo l’interruzione del processo ed il giudice di primo grado rigettava tale istanza. All’udienza successiva al xxx eccepiva l’estinzione del procedimento ma il giudice rigettava anche quest’ultima istanza.
Il Tribunale adito decideva nel merito accogliendo l’opposizione a decreto ingiuntivo e l’opposizione a precetto e rigettando la domanda risarcitoria avanzata dalla parte opponente.
Avverso tale pronuncia proponeva appello la s.p.a. xxx, deducendo che erroneamente da parte del giudice di primo grado non era stata dichiarata l’estinzione del procedimento, eccepita, dalla parte opposta in primo grado, all’udienza successiva a quella nella quale era stato dichiarato l’evento interruttivo, dal momento che tale udienza era sopraggiunta dopo la perenzione del termine semestrale previsto dall’art. 305 cod. proc. civ.. Veniva, peraltro, dedotta anche un’altra causa di estinzione del procedimento di primo grado, non rilevata dal giudice. All’udienza del 15/2/1999 il processo veniva interrotto per l’intervenuta cancellazione dall’albo dell’avv. xxx e successivamente riassunto irritualmente mediante notificazione dell’atto ex art. 303 c.p.c. presso il suo studio. Ne conseguiva la richiesta di un nuovo termine (concesso fino al 28/2/2000) avanzata però dopo la scadenza di quello originariamente concesso. Inoltre la notifica del ricorso in riassunzione veniva eseguita non alla xxx s.p.a., ma alla xxx in qualità d’incorporante dell’xxx, soltanto in data 1/3/2000, ovvero dopo la scadenza anche del secondo termine tardivamente richiesto.
L’eccezione preliminare di estinzione del procedimento di primo grado veniva accolta dal giudice di secondo grado sulla base delle seguenti argomentazioni:
a) a seguito della fusione per incorporazione della xxx nella xxx, resa dal procuratore il 15/1/2001, il giudizio di primo grado avrebbe dovuto essere interrotto e successivamente estinto, una volta decorso il termine di sei mesi dalla dichiarazione della parte, non essendo necessario ai fini del computo del dies a quo, il provvedimento interruttivo del giudice, come da giurisprudenza consolidata di legittimità.
b) Il rigetto dell’istanza d’interruzione per difetto di documentazione era palesemente errato, in quanto la xxx aveva allegato al proprio fascicolo l’atto notarile attestante al fusione.
c) La dichiarata di estinzione assorbiva l’esame dell’altra eccezione di estinzione ed il merito.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione la s.r.l.
Fratelli Contorno affidandosi a tre motivi. Resisteva con controricorso la xxx s.p.a che depositava anche memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
Nel primo motivo viene dedotta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 299,300, 301, 302, 303, 304, 305 cod. proc. civ.; nel secondo, la carenza di motivazione in ordine alla dichiarazione di estinzione del procedimento. Il giudice di primo grado non ha ritenuto che la fusione per incorporazione fosse idonea a produrre l’estinzione del soggetto giuridico incorporato. Per questa ragione non ha dichiarato l’interruzione del procedimento, sulla base di una valutazione giuridica dell’evento esaminato. In questa situazione la Corte d’Appello non avrebbe potuto applicare l’art. 300 cod. proc. civ., non potendo l’evento morte essere sovrapponibile all’evento fusione. La valutazione negativa del giudice è seguita ad un esame della documentazione fornita dalla parte e, conseguentemente, la mera deduzione di parte dell’evento interruttivo non poteva costituire il dies a a quo ai fini della decorrenza del termine dell’estinzione. Nel terzo motivo viene dedotto il vizio di violazione di legge e di motivazione, sotto il profilo della violazione del diritto di difesa per essere stata l’estinzione dichiarata da un giudice diverso da quello della riassunzione del procedimento, determinandosi, così, una compressione del diritto al contraddittorio.
Deve essere in primo luogo disattesa la censura d’inammissibilità del primo motivo di ricorso, fondata sulla mancata contestazione della motivazione della sentenza di secondo grado sul punto relativo all’esistenza della prova documentale dell’intervenuta fusione per incorporazione della società xxx nella xxx. Tale passaggio argomentativo è, però, del tutto privo di rilievo rispetto al nucleo contenutistico dei primi due motivi che riguarda esclusivamente l’efficacia interruttiva dell’evento "fusione per incorporazione" e non la sua esistenza o la prova di esso. La ricorrente contesta l’estinzione del procedimento sotto due versanti, il primo, connesso alla illustrata censura d’inammissibilità, riguarda la diversità della fusione rispetto all’evento morte della parte e la sua conseguente inidoneità a determinare l’interruzione (e l’eventuale successiva estinzione) del procedimento. Il secondo attiene alla necessità, in caso di contestazione dell’efficacia interruttiva di un evento dichiarato dalla parte, della pronuncia del giudice ai fini della decorrenza del termine semestrale per la prosecuzione o riassunzione del giudizio. Per l’illustrazione di alcuno dei due profili risulta, in conclusione, necessaria la contestazione specifica della prova della intervenuta fusione.
Il primo motivo, relativo al vizio di violazione di legge, è fondato. La modifica dell’art. 2504 bis cod. civ., dovuta alla riforma del diritto societario, intervenuta attraverso il D.Lgs. n. 6 del 2003, ha escluso, in via generale e non solo limitatamente al fenomeno dell’incorporazione, l’efficacia interruttiva della fusione ancorchè con effetto non retroattivo. Così agendo il legislatore ha recepito le istanze, sempre più estese, della dottrina e di una cospicua parte della giurisprudenza di merito volte a sottolineare, soprattutto con riferimento all’incorporazione, la radicale alterità tra tale evento successorio e quello determinato dalla morte della parte. Su questo innovato quadro normativo ed, in particolare, sui delicati problemi di diritto intertemporale che la modifica dell’art. 2504 bis cod. civ., ha posto, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n.19698 del 2010 affermando che "In tema di fusione, l’art. 2504-bis cod. civ, introdotto dalla riforma del diritto societario (D.Lgs. 11 gennaio 2003, n. 6) ha natura innovativa e non interpretativa e, pertanto, il principio, da esso desumibile, per cui la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, non vale per le fusioni (per unione od incorporazione) anteriori all’entrata in vigore della nuova disciplina (1 gennaio 2004), le quali tuttavia pur dando luogo ad un fenomeno successorio, si diversificano dalla successione "mortis causa" perchè la modificazione dell’organizzazione societaria dipende esclusivamente dalla volontà delle società partecipanti, con la conseguenza che quella che viene meno non è pregiudicata dalla continuazione di un processo del quale era perfettamente a conoscenza, così come nessun pregiudizio subisce la incorporante (o risultante dalla fusione), che può intervenire nel processo ed impugnare la decisione sfavorevole.
Ad esse, di conseguenza non si applica la disciplina dell’interruzione di cui all’art. 299 c.p.c. e segg..
Alla luce di tali principi, confermati anche nella successiva sentenza n. 21916 del 2011, la Corte d’Appello non avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione del processo per effetto della dichiarazione di fusione per incorporazione della società xxx nella xxx perchè tale evento, ancorchè verificatosi anteriormente al primo gennaio 2004 (data di entrata in vigore del novellato art. 2504 bis cod. civ.), non era strutturalmente idoneo a dar luogo ad una successione a titolo universale sia perchè determinato dalla volontà delle società partecipanti sia perchè non lesivo del diritto di difesa dell’incorporante, abilitata, comunque ad intervenire nel processo ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ..
All’accoglimento del primo motivo segue l’assorbimento dei rimanenti.
La sentenza di secondo grado deve, in conclusione essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Salerno perchè si attenga al principio di diritto enunciato nella sentenza delle S.U. n. 19698 del 2010.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso. Assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente procedimento alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2012

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