Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-08-2012, n. 14611

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Svolgimento del processo
Con provvedimento deliberato dal Consiglio di Amministrazione dellaxxx soc.coop. a r.l. in data 20 novembre 1997, G. B. venne escluso dalla compagine sociale per morosità.
Avverso tale deliberazione il B. propose opposizione dinanzi al Tribunale di Roma, deducendone l’illegittimità sotto il profilo formale (mancata specificazione degli addebiti) e sostanziale (insussistenza della morosità, richieste di pagamento contrastanti).
Quindi, con separato atto di citazione, convenne in giudizio, insieme con la moglie M.E.A., laxxx s.c.r.l. per sentir emettere sentenza di trasferimento della proprietà dell’alloggio sociale da lui prenotato (o in subordine l’accertamento di un obbligo in tal senso), con condanna della cooperativa alla restituzione delle somme pagate in più rispetto al piano di investimento ed al risarcimento dei danni, sia per il ritardo nella assegnazione sia per vizi dell’immobile. Riunite le cause, il Tribunale, all’esito di un’istruttoria incentrata su due consulenze tecniche d’ufficio (una contabile, l’altra per l’accertamento dei vizi dell’immobile) e su prova testimoniale, respinse le domande rilevando, da un lato, l’insussistenza dei vizi formali della delibera di esclusione e la sussistenza – verificata tramite la c.t.u. – di un debito non soddisfatto di L. 129.388.000, pari ad oltre la metà del costo minimo dell’alloggio, con grave inadempimento del B. agli obblighi discendenti dalla qualità di socio; dall’altro, l’insussistenza del diritto del B. (per la moglie vi era carenza di legittimazione attiva), attesa la legittimità della sua esclusione, ad ottenere una sentenza che tenesse luogo dell’atto di assegnazione.
La Corte di Appello di Roma, adita dal B., ha confermato la sentenza di primo grado, e rigettato anche l’appello incidentale dellaxxx scrl avverso la statuizione sulle spese. Ha osservato in sintesi la Corte: a) che vi è corrispondenza tra l’addebito contestato al B. nella lettera di diffida del 29 luglio 1997 (mancato pagamento del costo di costruzione o degli oneri finanziari ad esso afferenti e dei costi accessori) e quello posto a base della delibera di esclusione, non essendo al riguardo rilevante la non coincidenza esatta tra la somma (L. 97.782.333) indicata nella missiva e quella poi dedotta in sede giudiziale dalla Cooperativa; b) che priva di fondamento è da ritenere la tesi giuridica del B. secondo la quale il costo medio dell’alloggio, indicato in sede di prenotazione in L. 118.950.000, non avrebbe potuto subire alcuna variazione, dal momento che lo stesso atto di prenotazione, all’art. 3, prevedeva l’espresso impegno del socio al pagamento delle maggiori somme che, a modifica del piano finanziario e dei costi, si dovessero rendere necessarie per conguagli attinenti ad oneri non previsti, o a maggiori costi che dovessero verificarsi nel corso della realizzazione del programma sociale, anche in relazione alla disciplina giuridica del contratto di appalto, e l’art. 7/d dello statuto sociale contemplava l’esclusione del socio che senza giustificati motivi non adempia puntualmente agli obblighi assunti a qualunque titolo verso la società; c) che non vale in contrario dedurre il passaggio in giudicato di una sentenza resa dal Tribunale di Roma (n. 8095/2000) in altra controversia con altri soci dellaxxx s.c.r.l., perchè con tale provvedimento si era pronunciato l’annullamento di altra delibera che aveva imposto ai soci, pena la loro esclusione, un sostanziale finanziamento a favore della società; d) che generiche ed infondate sono le censure espresse dal B. avverso l’accertamento del suo debito effettuato dal Tribunale sulla scorta delle risultanze della consulenza d’ufficio, tenuto conto che pacifica è la determinazione del costo minimo dell’alloggio in L. 254.037.177, e che la ricostruzione analitica dei pagamenti condotta nel contraddittorio delle parti dal consulente (il quale giustamente non ha considerato nè le cambiali non esibite dal socio nè le ricevute non intestate) è stata solo genericamente contestata dal B.; e) che infine prive di fondamento sono le contestazioni dell’appellante in ordine alla non gravità del suo inadempimento (da valutarsi in rapporto alla misura della sua partecipazione al perseguimento del programma sociale) ed alla assenza di colpa da parte sua, considerata sia la presunzione ex art. 1218 cod. civ., sia la volontarietà della sua condotta di non dar seguito alle sollecitazioni di pagamento.
Avverso tale sentenza, depositata l’8 ottobre 2009, G. B. ha, con atto notificato il 22 novembre 2010, proposto ricorso a questa Corte affidato a nove motivi, cui resiste con controricorso laxxx s.c.r.l. in liquidazione, nelle more posta in Liquidazione Coatta Amministrativa. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente, va esaminata l’eccezione, sollevata dalla società resistente nel controricorso, di inesistenza della notifica del ricorso per cassazione in quanto eseguita nelle mani dell’avvocato A.M. anzichè dell’avvocato M. A., che rappresentava la società nel giudizio di appello e la rappresenta anche in questo giudizio di cassazione. Osserva la società resistente che tra i due avvocati intercorrono solo legami familiari (padre-figlio) ma non di associazione professionale.
L’eccezione non merita accoglimento. La notifica eseguita in luogo o a soggetti diversi da quelli dovuti deve ritenersi inesistente (cfr.
tra molte: n. 6470/11; n. 17555/06) solo in difetto di alcuna attinenza o riferimento o collegamento di quel luogo o soggetto con il destinatario: tale fattispecie non ricorre ove la notifica abbia avuto luogo nei confronti di procuratore diverso dal domiciliatario, ma con studio comune e comunque sito nello stesso immobile (nella specie, in Via della (OMISSIS):cfr. sentenza d’appello e relata di notifica del ricorso). In tal caso, non di inesistenza ma di nullità della notifica si tratta: nullità sanata, ex art. 156 cod. proc. civ., a seguito del raggiungimento dello scopo dell’atto, vista la tempestiva costituzione in giudizio della società resistente, che ha spiegato ampiamente le proprie difese anche nel merito (cfr. n. 16759/11; n. 25350/09).
2. Sempre in via preliminare, è bene precisare come, nonostante la apertura, nelle more di questo giudizio di cassazione, della Liquidazione coatta amministrativa della soc.coop.xxx, permanga una legittimazione processuale straordinaria o suppletiva in capo al Liquidatore della società (che ha quindi legittimamente nominato con procura notarile del 14.12.2011 un nuovo difensore, il quale ha depositato memoria difensiva), in deroga alla legittimazione esclusiva spettante per legge agli organi della procedura, stante l’assenza di iniziativa da parte di tali organi, che appare conseguente non ad una scelta discrezionale bensì alle rinunce all’incarico espresse dalle persone fisiche officiate dalla Autorità Ammministrativa (cfr. S.U. n. 27346/09; Sez. 3 n. 9710/04).
3. Con i primi tre motivi, il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (artt. 2345, 2377, 2379, 2516, 2521, 2532 cod. civ.). Lamenta che la Corte romana avrebbe violato il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità (a partire da Sez. 1 n. 3942/1998) e di merito, secondo cui, in difetto di una clausola statutaria che attribuisca il relativo potere, nè il consiglio di amministrazione nè l’assemblea della cooperativa possono imporre al socio, pena l’esclusione, un versamento in denaro ulteriore rispetto all’iniziale conferimento, neppure a titolo di elevazione della quota sociale (in luogo dell’aumento di capitale sociale). Lamenta inoltre che la Corte avrebbe, sul punto, erroneamente disatteso l’eccepito giudicato formatosi sulla sentenza n. 8095/2000 del Tribunale di Roma, che, per il motivo testè evidenziato, aveva dichiarato la nullità della deliberazione assunta il 15 aprile 1997 dall’assemblea della medesima cooperativaxxx 81 nella parte in cui aveva fatto obbligo a ciascuno dei soci, pena l’esclusione, di versare la somma di L. 5 milioni, nonchè altra somma da determinare, quali contributi finanziari per l’espletamento dell’attività della cooperativa.
Conclude quindi che, in assenza di una specifica clausola statutaria, del tutto illegittima e nulla deve ritenersi la clausola – sulla quale la Corte d’appello ha basato il suo decisum sul punto (cfr.
sopra) di cui all’art. 3) dell’atto di prenotazione dell’alloggio, clausola che peraltro sarebbe vessatoria ai sensi dell’art. 1341 cod. civ. 4. Con i successivi sei motivi, il ricorrente denuncia vizi motivazionali su alcuni punti della controversia: la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che la indeterminatezza della morosità contestata comporta la nullità della delibera di esclusione; avrebbe erroneamente valutato il contenuto della corrispondenza intercorsa (dalla quale emergerebbe un "balletto di cifre" e la indeterminabilita della morosità, che risulterebbe confermata anche dalla c.t.u. contabile); avrebbe quindi -in difetto di determinatezza della morosità- erroneamente valutato in termini di gravità l’inadempimento di esso B., in realtà di modesta entità (tenuto anche conto del credito per vizi dell’alloggio realizzato, non considerato dal Tribunale) specie se raffrontato con l’ingente debito complessivo della cooperativa verso i terzi, ed avrebbe omesso di considerare la necessità del requisito della colposità dell’inadempimento stesso; avrebbe inoltre omesso di valutare le prove testimoniali e l’interrogatorio formale espletati (su pagamenti effettuati da esso B. in favore di soggetti apparentemente legittimati), nonchè la documentazione prodotta (sempre su pagamenti effettuati da esso B.).
5. I primi tre motivi sono privi di fondamento. 5.1. Si è già riferito come la sentenza impugnata -tenuto conto che ai sensi dell’art. 7 dello Statuto della Cooperativaxxx l’esclusione può essere deliberata tra l’altro nei confronti del socio che senza giustificato motivo non adempia puntualmente agli obblighi assunti a qualunque titolo verso la società – abbia rilevato che nella specie era in discussione l’inadempimento del socio B. all’obbligo, specificamente regolato dall’atto di prenotazione da lui sottoscritto, di pagamento dei costi di costruzione dell’alloggio, comprensivi delle maggiori somme (rispetto al costo medio ivi previsto) che si rendessero necessarie in corso d’opera per le causali indicate dall’art. 3 dell’atto stesso. L’inadempimento di cui qui si discute attiene dunque al rapporto di scambio con la cooperativa, ha rilevato la Corte romana; ed anche su tale assunto ha disatteso l’eccezione di giudicato esterno sulla insussistenza di obblighi di pagamento a carico del socio B., osservando come la delibera annullata nel precedente giudizio riguardasse una richiesta ai soci di somme sostanzialmente a titolo di finanziamento, come tale inerente al rapporto sociale e non a quello di scambio.
Il ricorrente ha indirettamente censurato, in questa sede, tale considerazione assumendo che, in aderenza all’orientamento giurisprudenziale da lui evidenziato, "tutte le somme richieste ed ottenute" dalla Cooperativa "oltre il conferimento iniziale pattuito nell’atto di prenotazione" sarebbero "illegittime e non dovute". La genericità ed infondatezza di tale indistinta affermazione (che peraltro confonde il conferimento con il corrispettivo della acquisizione della proprietà dell’alloggio) costituisce, a ben vedere, il punto critico delle doglianze in esame.
5.2. Deve invero rammentarsi che, come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. tra molte: Sez. 1 n. 6016/03; n. 9393/04; n. 7646/07), il socio di una cooperativa, beneficiario del servizio mutualistico reso da quest’ultima, è parte di due distinti e non sovrapponibili, ancorchè collegati, rapporti, aventi diversa natura giuridica e disciplina non omogenea: l’uno, di carattere associativo (che discende direttamente dall’adesione al contratto sociale e dalla conseguente acquisizione della qualità di socio), dal quale deriva l’obbligo del conferimento e della contribuzione alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione; l’altro, per lo più di natura sinallagmatica, che deriva dal contratto bilaterale di scambio per effetto del quale egli acquisisce il bene o il servizio resogli dall’ente, in particolare, nelle cooperative edilizie, la proprietà dell’alloggio per la cui realizzazione l’ente è stato costituito.
Rapporto di scambio – la cui causa è del tutto omogenea a quella della compravendita – che, con specifico riferimento al corrispettivo dovuto, alla misura e alle modalità di pagamento, è regolato dal contratto di acquisto, quindi in primo luogo dall’atto scritto di prenotazione, sul quale il B. ha fondato la sua domanda ex art. 2932 cod. civ. Ne deriva: a) che, quanto agli obblighi di pagamento derivanti dal rapporto associativo, essi rientrano tra i debiti di conferimento, e per essi vale quanto affermato dalle pronunce richiamate dal ricorrente, cioè che la loro misura non può essere dagli organi sociali variata (salva l’ipotesi di una delibera di aumento del capitale sociale), se ciò non risulti specificamente previsto dallo Statuto; b) che, quanto agli obblighi di pagamento per la acquisizione della proprietà dell’alloggio, la eventuale maggiorazione da parte della cooperativa delle somme da versare rispetto al costo medio complessivo risultante dal piano finanziario richiamato nella prenotazione, ove non sia prevista e regolata dalla prenotazione stessa, non può essere disposta dagli organi della cooperativa nel corso della realizzazione del programma costruttivo.
5.3. A tale consolidato orientamento giurisprudenziale il Collegio intende dare continuità, non risultando peraltro dal ricorso elementi idonei a giustificarne una modifica. L’infondatezza, che ne deriva, della generica affermazione circa l’illegittimità di ogni richiesta, da parte della Cooperativa al B., di somme ulteriori rispetto a quelle inizialmente previste comporta: a) l’infondatezza della doglianza relativa al rigetto della eccezione di giudicato esterno, giacchè il ricorrente non ha specificamente censurato (nè tantomeno esposto specifici argomenti contrari) che la delibera annullata dalla precedente sentenza riguardasse una richiesta di somme attinente al rapporto sociale e non a quello di scambio; l’infondatezza del rilievo circa la illegittimità o nullità della clausola di cui all’art. 3 dell’atto di prenotazione (inammissibile è quello circa la vessatorietà di tale clausola, trattandosi di questione, coinvolgente anche accertamenti di fatto, che non risulta essere stata sollevata nè esaminata in sede di merito), non essendo condivisibile, per quanto detto, l’assunto sul quale il ricorrente basa tale rilievo, giacchè la previsione della facoltà degli organi della Cooperativa di richiedere al socio, in casi determinati, maggiori somme rispetto al costo medio complessivo dell’alloggio previsto all’inizio del rapporto, rientra tra le condizioni regolanti il rapporto di scambio ed è quindi legittimamente contenuta nell’atto di prenotazione.
6. Gli altri sei motivi sono tutti inammissibili. Su ciascuno dei punti evidenziati dal ricorrente, la sentenza impugnata non ha affatto omesso di pronunciarsi, avendo invece coerentemente e puntualmente espresso il suo motivato convincimento sulla sussistenza, gravità ed imputabilità dell’inadempimento contestato al B., alla luce dei documenti in atti, della consulenza tecnica contabile e delle prove orali espletate. Il ricorrente si limita in effetti, nella critica delle ragioni di tale convincimento esposte nella sentenza, a contrapporvi le proprie diverse tesi, in tal modo sollecitando un riesame del merito della controversia estraneo al controllo di legittimità, e che del resto richiederebbe, per poter essere utilmente condotto, una non consentita rivisitazione complessiva delle risultanze istruttorie acquisite. Una siffatta operazione sarebbe legittimamente demandabile al giudice di rinvio ove, nel ricorso, fossero denunziate – e puntualmente illustrate – specifiche carenze o contradditorietà nell’esame, risultante dalla motivazione della sentenza, di determinati elementi di prova. Ma, come detto, il ricorso del B. si limita a riproporre le proprie tesi disattese dalla Corte di merito, senza addurre tali elementi specifici.
7. Si impone dunque il rigetto del ricorso, con la compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di cassazione, tenuto conto delle peculiarità della vicenda indicate dalla Corte d’appello a sostegno della compensazione disposta in sede di merito.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2012

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