Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 09-08-2013, n. 34648

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Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 19.10.2012 il Tribunale di Bari, accogliendo l’appello del pubblico ministero avverso il provvedimento del Gip dello stesso Tribunale in data 29.,11.2011, disponeva il sequestro preventivo, ai sensi della L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies, di alcuni beni in danno di C.M., indagato per il concorso esterno in associazione mafiosa ed il concorso in estorsione aggravata ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7.
In particolare – per quanto qui interessa – disponeva il sequestro di quote sociali, ritenute nella disponibilità indiretta del C., nella formale titolarità di N.F., P.G. e F.T..
2. Hanno proposto ricorso, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia muniti di procura speciale, i predetti terzi intestatari.
2.1. N.F. e P.G. con il primo motivo di ricorso deducono la illegittimità costituzionale della L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies in relazione all’art. 111 Cost., lamentando la violazione del contraddittorio, atteso che è stato disposto il sequestro dei beni senza la partecipazione dei formali intestatari all’udienza camerale, contrariamente a quanto avviene per i terzi estranei al procedimento di prevenzione, secondo la disciplina della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, comma 5.
2.2. Con il secondo motivo i predetti ricorrenti lamentano la violazione di legge atteso che il tribunale ha disposto il sequestro delle quote sociali della Clemar Tex s.r.l. in mancanza del presupposto della riconducibilità delle stesse all’indagato C.M. che è onere dell’accusa dimostrare. Rilevano, infatti, di avere la piena disponibilità delle quote e negano qualsivoglia collegamento con il C..
2.3. Il F., titolare delle quote pari al 25% della società xxx s.r.l. rileva che la società non ha mai operato e risulta, altresì, sottoposta a liquidazione.
Lamenta, quindi, che il tribunale ha disposto il sequestro delle quote sociali del ricorrente, del tutto estraneo alla vicenda giudiziaria e senza dimostrare la intestazione fittizia avendo indicato soltanto che il socio di maggioranza della società è legato da rapporti di parentela con l’indagato C. (nipote).
Motivi della decisione
1. La illegittimità costituzionale della L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies per violazione del principio del contraddittorio, nei termini in cui è stata dedotta, è manifestamente infondata. La misura cautelare reale del sequestro preventivo si caratterizza normalmente come atto a sorpresa, emesso inaudita altera parte, avverso il quale i terzi possono far valere le proprie ragioni con le forme di impugnazione espressamente previste dal codice di rito. Del resto, anche nel procedimento di prevenzione – richiamato dai ricorrenti – la partecipazione del terzo non è prevista nella fase del sequestro, bensì, soltanto in quella che si svolge nel contraddittorio della parti finalizzata alla successiva confisca dei beni di cui è stato disposto il sequestro.
Quanto alla mancata citazione dei terzi per l’udienza del riesame, va rilevato che l’art. 324 c.p.p., comma 6 prevede che il procedimento si svolge in camera di consiglio con le forme di cui all’art. 127 c.p.p. e dell’udienza deve essere dato avviso al pubblico ministero, al difensore e a chi ha avanzato la richiesta. E’ stato, in specie, affermato che il predetto avviso di fissazione dell’udienza di riesame, oltre che al pubblico ministero e al difensore, deve essere notificato a colui che abbia proposto la relativa richiesta e non anche a tutti coloro che sarebbero legittimati a proporre l’impugnazione (Sez. 5, n. 19890 del 27/01/2012, Costanzo, rv.
252519).
2. Del tutto generico è il motivo del ricorso proposto dal N. e dal P. in ordine alla riferibilità delle quote sociali all’indagato C., atteso che sul punto il tribunale ha adeguatamente argomentato (p. 14 e richiamo p.5 per il N.) ed i ricorrenti non forniscono alcuna indicazione in ordine alla disponibilità di risorse economiche idonee a giustificare l’acquisizione delle quote sociali.
Conseguentemente i ricorsi di N.F. e P. G. devono essere dichiarati inammissibili ed i ricorrenti condannati, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) ciascuno in favore della cassa delle ammende.
3. E’, invece, fondato il ricorso avanzato dal F..
Ribadito, infatti, che ai fini dell’operatività nei confronti del terzo del sequestro preventivo a norma della L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies e della successiva confisca, grava sull’accusa l’onere di provare l’esistenza di situazioni che avallino concretamente l’ipotesi di divergenza tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene in modo che si possa affermare con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità apparente (Sez. 1, n. 27556 del 27/05/2010, rv. 247722), il provvedimento impugnato sul punto non indica alcun elemento oggettivamente valutabile dal quale si possa desumere, oltre la mera illazione, la disponibilità in capo al C. delle quote sociali intestate al ricorrente. Ed invero, non può ritenersi tale la sola circostanza che il socio di maggioranza è nipote dell’indagato, non essendo stata rilevata una situazione patrimoniale del terzo sproporzionata all’investimento effettuato per l’acquisto delle quote sociali, avendo, peraltro, il tribunale indicato che il ricorrente ha percepito e dichiarato redditi sino all’anno precedente alla costituzione della società (p. 13).
Pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata sul punto con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bari.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di F.T. e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bari.
Dichiara inammissibili i ricorsi di N.F. e P. G. e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille (1.000,00) ciascuno alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2013

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