Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 09-08-2013, n. 34614

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria, in composizione monocratica, condannava T.I. alla pena di Euro 200 di ammenda per il reato di cui al R.D. n. 773 del 1981, art. 38 e art. 697 c.p. per aver omesso di denunciare all’autorità di p.s. la detenzione presso la propria abitazione di un fucile da caccia e di alcune cartucce legalmente detenute dal genitore defunto.

Atteso che risultava accertato che l’imputato si era recato presso i carabinieri dopo dieci mesi dalla morte del padre, dichiarando di voler cedere le armi allo zio, il giudice riteneva sussistente l’elemento oggettivo e soggettivo del reato contestato non avendo l’imputato provveduto, con condotta negligente, a seguire l’iter di legge, pur essendo trascorsi dieci mesi dalla morte del padre.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, denunciando il vizio della motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo, rilevando che la circostanza che il ricorrente si fosse recato spontaneamente presso l’autorità di polizia per dichiarare la cessione delle armi allo zio è indicativa del fatto che aveva provveduto non appena aveva avuto consapevolezza della presenza della armi presso l’abitazione del padre, essendo domiciliato altrove per motivi di lavoro. Quindi, in maniera del tutto apodittica il giudice aveva affermato che l’imputato aveva avuto la disponibilità delle armi da dieci mesi.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiaro inammissibile.

Come è noto, in caso di morte del soggetto che ha proceduto alla denuncia di un’arma incombe l’obbligo di ripetere eguale denuncia pure alla persona cui, a qualsiasi titolo, perviene in disponibilità la stessa arma. Invero, la norma di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 38 (T.U.L.P.S.) mira ad assicurare la possibilità di controllo di tutte le armi esistenti nel territorio nazionale da parte dell’autorità di p.s., attraverso la conoscenza di tutti coloro che le posseggono, anche a prescindere dei luoghi ove le stesse sono tenute, essendo, comunque, necessario che il detentore ne faccia denuncia alla competente autorità (Sez. 1, n. 680 del 30/11/1995, Sferza, rv. 203794).

Tanto ribadito, ad avviso del Collegio, le censure formulate dal ricorrente avuto riguardo alla motivazione della sentenza impugnata relativamente alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato contestato con riferimento al momento nel quale il ricorrente aveva avuto contezza della disponibilità dell’arma si sostanziano in rilievi di fatto la cui valutazione è preclusa al giudice di legittimità.

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2013

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