Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 22-07-2013, n. 31494

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con ordinanza 10/1/13 il Tribunale del riesame di Bari rigettava l’appello proposto ex art. 310 c.p.p., da R.D.F. avverso l’ordinanza 9/10/12 del Gip di quel Tribunale che rigettava la sua istanza di revoca o sostituzione con gli arresti domiciliari della misura della custodia cautelare in carcere disposta per il reato (in (OMISSIS)) di violazione della legge sulle armi in concorso con il figlio B. e con C. F..

A giudizio del Tribunale non vi erano elementi di novità atti a sminuire la gravità del quadro indiziario. In particolare non lo erano le dichiarazioni auto accusatorie rese dal C. circa la sua esclusiva disponibilità dell’arma sequestrata. Ricordava il Tribunale come il R., giusta le conversazioni precedentemente intercettate, approfittando di un permesso premio di pochi giorni goduto durante un periodo di detenzione, si fosse appositamente recato con il figlio nel luogo (una cisterna per l’acqua in campagna) dove era nascosta la pistola con matricola abrasa oggetto dell’imputazione per verificarne lo stato di efficienza. Di qui l’ininfluenza dell’esclusivo accollo di responsabilità da parte di un terzo, peraltro coimputato, e l’intervenuta condanna di primo grado in esito a giudizio abbreviato.

Ricorreva per cassazione la difesa, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione sia sulla gravità del quadro indiziario che sulle esigenze cautelari. Sotto il primo profilo non vi era alcun elemento da cui emergesse un contributo "concorsuale" nella detenzione dell’arma da parte del R., che si era dapprima limitato a chiedere (in un colloquio in carcere col figlio) se "quella cosa" stava "sotto le vasche", e poi (durante il permesso premio) a fare con i figli una passeggiata in campagna; inoltre sia il C. che il cugino R.B. avevano chiarito che R. padre era solo a conoscenza dell’arma sotterrata dal C. in quel posto, sito a soli 3 km dalla casa dello stesso C.F.. Sotto il secondo profilo si ricordava l’assenza di aggravanti mafiose, la scelta del rito abbreviato, il parere favorevole agli arresti domiciliari del Pm in sede di cognizione, il tempo decorso dai fatti, la risalenza nel tempo dei trascorsi penali del R., la detenzione domiciliare con autorizzazione al lavoro già concessagli per la pena precedentemente in espiazione, la misura cautelare inframuraria già revocata ai coimputati.

Chiedeva l’annullamento.

Sopravveniva in data 23/5/13 a mezzo fax rinuncia al ricorso da parte del difensore munito di procura speciale.

All’udienza camerale fissata per la discussione il PG chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per rinuncia. Nessuno compariva per il ricorrente.

Motivi della decisione

Alla rinuncia consegue l’inammissibilità dell’impugnazione (ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. d). Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue (art. 616 c.p.p.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di un’adeguata sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del processo e della somma di Euro 500 atte Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2013

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