Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28-01-2011, n. 689

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – E’ in questa sede impugnata la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina ha respinto il ricorso giurisdizionale dall’odierno appellante proposto per l’annullamento del tacito diniego a suo avviso serbato dall’Agenzia delle Dogane sull’istanza da lui formulata in data 23 novembre 2009, tendente ad ottenere l’accesso alla documentazione ivi indicata (estratto Visto dei Ruoli n. 545/2008 e n. 60/2009), "dai quali risulti il codice fiscale del funzionario che ha reso esecutivi, rispettivamente in data 18.11.2008 e 23.12.2008, i Ruoli sopracitati" (così, testualmente, l’istanza stessa).

Espone l’appellante in punto di fatto:

– che il richiesto accesso si rende necessario al fine di una migliore difesa nell’àmbito di un ricorso, R.G. 2083/09, pendente presso la Commissione Tributaria Provinciale di Latina, relativo ad una cartella esattoriale di Euro 64.815,92, peraltro poi fatta oggetto di parziale sgravio da parte dell’Amministrazione;

– che l’istanza "veniva solo formalmente accolta dall’Ufficio intimato che, con Nota Prot. 22469 del 17.12.2009 trasmetteva n. sei documenti, per nulla rispondenti alla specifica richiesta… essendo privi delle indicazioni in ordine all’identità del funzionario che aveva sottoscritto i Ruoli…" (pag. 2 app.);

– di avere proposto, a séguito del sostanziale diniego a suo avviso opposto alla citata istanza di accesso, ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina, che, con la sentenza indicata in epigrafe, lo ha respinto, rilevando che "l’amministrazione ha rilasciato al ricorrente il documento (estratto del visto dei ruoli) da lui richiesto" e che "ove poi il visto non sia stato apposto da soggetto legittimato o risulti privo delle indicazioni richieste dalla legge o siano state violate disposizioni relative alla procedura informativa per la formazione dei ruoli, è questione che esula dal giudizio in materia di accesso, nel senso che il ricorrente potrà far valere il vizio da cui a suo giudizio è affetta l’azione dell’agenzia delle entrate nelle sedi proprie" (pag. 3 sent.).

Parte appellante, con il gravame all’esame, deduce che i documenti rilasciatigli dall’Amministrazione "non esaudiscono minimamente la (sua) domanda… essendo rimasta disattesa la specifica richiesta in merito all’identità del soggetto che ha reso esecutivi con il visto i Ruoli n. 545/2008 e n. 60/2009" (pag. 5 app.) e lamenta come "il collegio decidente di prime cure, pur avendo notato – facendolo peraltro rilevare – che l’Ufficio non avesse, in realtà, dato risposta all’unica richiesta di ostensione del ricorrente… abbia dichiarato infondato il ricorso" (pag. 8 app.).

L’Amministrazione si è costituita in giudizio, senza formulare difese ma depositando dettagliata relazione amministrativa, alla quale l’appellante ha controdedotto con memoria in data 12 novembre 2010.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 17 dicembre 2010.

Va preliminarmente rilevato che il ricorso, proposto nei confronti di un’Amministrazione avente ex lege il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, è stato notificato presso la sede dell’Amministrazione stessa e non presso l’Avvocatura dello Stato; il conseguente effetto di inammissibilità, che pacificamente ne deriverebbe (v. ad es. IV Sez., 17.7.1996, n. 862) anche nel rito speciale concernente la materia dell’accesso (v. cons. St., IV, 23 gennaio 2003, n. 257), risulta tuttavia sanato dall’intervenuta costituzione in giudizio dell’Amministrazione stessa, ai sensi della sentenza della Corte cost. 26.6.1967, n. 97.

Venendo al mèrito dell’appello, esso risulta infondato e va respinto.

Si può anzitutto prescindere dalla questione se gli atti oggetto della richiesta di accesso del cui esatto soddisfacimento qui si discute rientrino o meno nel divieto di accesso agli atti del procedimento tributario sancito dall’art. 24 della legge n. 241 del 1990, atteso che, come correttamente rilevato dal T.A.R., "l’amministrazione ha rilasciato al ricorrente il documento (estratto del visto dei ruoli) da lui richiesto".

La richiesta di accesso agli atti di cui trattasi deve pertanto ritenersi soddisfatta, dal momento che (e tanto vale a confutare le deduzioni dell’appellante) il fatto che dagli atti stessi non risulti il dato (il codice fiscale del funzionario che ha reso esecutivi i ruoli), che il ricorrente presumeva (e pretende) di poterne estrarre (e ciò al fine di "conoscere se il funzionario che ha sottoscritto i due Ruoli in parola, che hanno formato la cartella esattoriale, avverso la quale pende tuttora ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale di Latina, fosse autorizzato ad apporre detto visto": pagg. 23 ric. orig.), se non vale certo a soddisfare la sua pretesa sostanziale sottostante (che, estranea all’oggetto del presente giudizio rispetto al quale si pone come mera condizione legittimante, è vòlta alla dimostrazione della "mancata sottoscrizione del ruolo da parte del funzionario legittimato"), non consente sicuramente di ritenere che i documenti stessi, come dedotto dall’appellante, siano difformi dai relativi originali.

Se, pertanto, le copie rilasciate all’interessato all’ésito della sua richiesta di accesso risultano mancanti di dati (in particolare il "codice fiscale di chi ha reso esecutivo il ruolo"), che ad avviso del ricorrente devono invece in essi necessariamente comparire, ciò significa semplicemente, salva la possibilità per il ricorrente di proporre querela di falso con riferimento alle copie rilasciategli, che, nei corrispondenti originali, detti dati non compaiono; e, com’è noto, non può certo farsi ricorso all’azione di cui all’art. 25 della legge n 241/1990 (v., oggi, l’art. 116 c.p.a.) per conoscere dati non risultanti dal documento stesso, rimanendo pacificamente escluda dall’accesso la deducibilità, a càrico dell’Amministrazione, di un obbligo di elaborazione (C. Stato, sez. VI, 20052004, n. 3271; C. Stato, sez. VI, 10042003, n. 1925; C. Stato, sez. V, 01061998, n. 718).

Il fatto, poi, che detti dati, almeno secondo la prospettazione del ricorrente, debbano a norma di legge comparire nel documento stesso (laddove invece negli originali da cui sono state tratte le copie rilasciategli non compaiono), lungi dal comportare un qualche obbligo di integrazione da parte del soggetto destinatario della richiesta di accesso, vale piuttosto a far valere gli eventuali vizii di detti atti, come opportunamente sottolineato dal Giudice di primo grado, "nelle sedi proprie", esulando dall’oggetto del presente giudizio ogni questione relativa alla legittimità della procedura di riscossione a mezzo di ruoli esattoriali, quali documenti presupposti dall’emissione della cartella esattoriale già contestata dinanzi al Giudice tributario.

Né possono infine ritenersi ammissibili in questa sede di appello le doglianze, con le quali si lamenta come l’accesso per cui è causa non possa ritenersi soddisfatto dalla esibizione di atti "privi dell’attestazione di conformità all’originale" e che per di più "appaiono fotomontati", atteso che l’originario ricorrente nulla aveva denunciato relativamente a detti pretesi vizii dell’azione amministrativa con il ricorso introduttivo di primo grado, laddove, com’è risaputo, nel secondo grado del giudizio amministrativo non può ampliarsi la materia del contendere con la proposizione di profili non portati all’attenzione del primo Giudice (v., proprio in materia di accesso agli atti, Cons. St., IV, 3 ottobre 2004, n. 5202); principio, questo, valido anche laddove vértasi, com’è appunto proprio della materia all’esame, in ipotesi di giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.

Resta comunque salva la possibilità di proposizione di querela di falso di copie di atti comunque spedite da depositarii pubblici ex art. 2714 c.c.

2. – In conclusione la decisione impugnata risulta immune dalle doglianze prospettate e merita pertanto conferma, sì che l’appello deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorarii del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del 17 dicembre 2010, con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Anna Leoni, Consigliere

Salvatore Cacace, Consigliere, Estensore

Sergio De Felice, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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