Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-08-2012, n. 14632

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione del 25.3.82 D.C.F. conveniva in giudizio, innanzi al Giudice di Pace di Bari, P.A. per sentirla condannare, ai sensi dell’art. 896 c.c. e dell’art. 892 c.c., u.c., alla recisione,ad altezza muro, dei fusti e dei rami degli alberi, siti nel fondo della convenuta stessa, in adiacenza al muro di confine con il cortile di proprietà di essa attrice.

Si costituiva in giudizio la P. ed, in via riconvenzionale, chiedeva che fosse dichiarata l’intervenuta usucapione del proprio diritto di mantenere gli alberi di agrumi nel luogo in cui si trovavano, alla loro attuale distanza dal confine con la proprietà della controparte. Con sentenza non definitiva 30.12.2002 il Giudice di Pace rigettava le eccezioni di incompetenza per materia e per valore sollevate dalla P.; dichiarava la competenza per materia del Giudice di Pace di Bari a decidere sulla domanda della D.C. e rimetteva la causa al Tribunale di Bari in ordine alla domanda riconvenzionale spiegata dalla P..

Con sentenza definitiva del 1.7.2003 il Giudice di Pace, accertata la violazione dell’art. 892 c.c., u.c., condannava la P. alla recisione, ad altezza muro, dei fusti e dei rami superiori degli alberi posti nel fondo di sua proprietà, in adiacenza al muro di confine con il fondo di proprietà dell’attrice; condannava, inoltre, la convenuta al pagamento delle spese di lite.

Avverso tale decisione la P. proponeva appello cui resisteva la D.C..

Con sentenza depositata il 4.6.2007 il Tribunale di Bari, rilevato che la questione della competenza a decidere del primo giudice era "coperta" dalla sentenza 29.6.2005 del Tribunale di Bari in grado di appello, confermava la sentenza di primo grado, condividendone la motivazione sulla base delle risultanze della C.T.U. e condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali del grado. Per la cassazione di tale sentenza P.A. propone ricorso affidato a quattro motivi illustrati da memoria.

Resiste con controricorso D.C.F..

La ricorrente deduce:

1) violazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 92 c.p.c., comma 2, per omessa pronuncia del Tribunale sul primo motivo di appello riguardante la eccepita violazione e totale omessa applicazione dell’art. 896 c.c. nonchè mancanza di motivazione sul punto; l’attrice, in primo grado, aveva formulato domanda anche ai sensi dell’art. 896 c.c., (recisione di rami protesi) e su tale domanda doveva ritenersi soccombente, posto che il C.T.U., alla data del sopralluogo (19.9.2002), aveva accertato che le "ramificazioni" degli agrumi P. non sporgevano "oltre la rete di recinzione sovrastante il muro" e che tale situazione sussisteva anche prima della notifica della citazione, come emergeva dalla fotografie risalenti al 1.3.2001, data di cui si dava atto nel verbale di udienza del 16.9.2002; tale situazione avrebbe dovuto comportare la soccombenza reciproca delle parti con compensazione totale o parziale delle spese di lite;

2) insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto determinante e decisivo della controversia ovvero sulla portata giuridica della sollevata eccezione riconvenzionale di intervenuta usucapione del diritto della P. a mantenere i propri alberi alla loro attuale distanza dal confine con la proprietà della controparte e conseguente violazione dell’art. 892 c.c., u.c., artt. 1061 e 1158 c.c..

Nella C.T.U. espletata in primo grado si affermava che le piante fruttifere della P. "sono di impianto certamente risalente ad alcuni decenni or sono" sicchè contraddittoriamente il Tribunale aveva rigettato l’appello;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 892 c.c., u.c. e conseguente violazione e falsa applicazione anche degli artt. 1061 e 1158 c.c., laddove il Tribunale non aveva preso in considerazione la eccezione riconvenzionale di usucapione derivante dalla possibilità di tenere le piante a distanza inferiore a quella legale dal confine, ravvisando erroneamente nella disposizione di cui all’art. 892 c.c., u.c. una "obbligatio propter rem";

4) in subordine, violazione e falsa applicazione dell’art. 881 c.c. (presunzione di proprietà esclusiva del muro divisorio), dell’art. 892 c.c., comma 1, nn. 2 e 3 (distanze per gli alberi non di alto fusto); posto che, secondo quest’ultima norma, gli alberi da frutto possono essere tenuti a mezzo metro dal confine se la loro altezza non supera m. 2,50, il Tribunale avrebbe dovuto disporre solo di contenere l’altezza degli agrumi entro tale misura e non ordinarne la recisione; inoltre, nel calcolare l’effettiva distanza degli alberi sul confine, avrebbe dovuto tenere conto che sul muro di confine vi era un piovente inclinato della proprietà P..

Il ricorso è infondato.

Va chiarito, con riferimento al primo motivo, che la domanda della D.C. era diretta ad ottenere la recisione, ad altezza del muro, dei rami di alberi siti nella proprietà della convenuta; la Corte territoriale ha confermato la statuizione del primo giudice che aveva condannato la P. alla recisione, ad altezza del muro di confine tra le proprietà delle parti, dei fusti e dei rami superiori degli alberi posti nel fondo di proprietà della convenuta. E’ evidente che la decisione non riguarda la domanda riconvenzionale relativa alla pretesa usucapione a tenere "gli alberi" alla loro attuale distanza dal confine, avendo il Giudice di Pace rimesso la decisione su tale domanda al Tribunale di Bari, quale giudice competente.

Non è dato ravvisare, conseguentemente, il vizio di omessa pronuncia sulla domanda riconvenzionale nè le violazione del principio della soccombenza in tema di spese processuali.

Le altre doglianze sono pure infondate in quanto attengono alla disciplina delle "distanze degli alberi" dal confine, ipotesi, come già osservato, esulante dalla decisione in esame.

Peraltro, va rilevato che il diritto di far protendere i rami degli alberi del proprio fondo in quello confinante non può essere acquistato per usucapione perchè l’art. 896 c.c. implicitamente lo esclude, riconoscendo espressamente al proprietario del fondo sul quale si protendono il potere di costringere il vicino a tagliarli in qualunque tempo. (Cfr. Cass. n. 4361/2002; n. 1788/93). Nè rileva la sussistenza di muro divisorio, proprio o comune, esistente sul confine, in quanto,ai sensi dell’art. 892 c.c., u.c., le piante devono essere tenute, in ogni caso, ad un’altezza che non ecceda la sommità del muro stesso. Per le considerazioni svolte il ricorso va rigettato. Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2012

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