Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 22-07-2013, n. 31493

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 21.01.2013 il Tribunale di Bari, costituito ex art. 309 c.p.p., rigettava la richiesta di riesame proposta da B.G. avverso il provvedimento 20.12.2012 del Gip della stessa sede che aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di ricettazione, detenzione e porto illegali di una pistola Beretta cal. 7,65 avente matricola parzialmente abrasa.

Riteneva invero il Collegio del riesame che sussistessero gravi indizi di colpevolezza: gli agenti operanti avevano direttamente percepito che il predetto indagato aveva gettato un oggetto dall’auto, guidata dal fratello A., nella quale egli viaggiava quale passeggero; l’oggetto, prontamente recuperato, era risultato essere la pistola, clandestina, fornita di caricatore inserito.

L’auto, alla vista della pattuglia della Polizia, aveva eseguito un’improvvisa manovra di inversione di marcia. Non era dunque ritenuta attendibile la versione difensiva, pur declinata da entrambi i fratelli B., secondo cui la pistola non era in loro possesso, ma a terra fin da prima, e l’inversione di marcia era dovuta alla mancanza di assicurazione del veicolo.

Sussistevano poi – riteneva il Tribunale – anche esigenze cautelari tali da imporre la restrizione carceraria quale unica misura adeguata, posto che la provenienza illecita dell’arma e l’abrasione della matricola rendevano evidente la vicinanza dell’indagato ai circuiti criminali di elevata pericolosità, il che induceva, nonostante l’incensuratezza del B., concreto pericolo di recidiva specifica.- 2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto indagato che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, argomentando – in sintesi – nei seguenti termini: a) il rigetto della versione difensiva, credibile anche perchè riferita in modo conforme dai due fratelli, era basata su congetture indotte dalle supposizioni degli agenti operanti, prive di riscontri; b) anche in ordine alle esigenze cautelari il giudizio del Tribunale era basato su asserzioni apodittiche e su meri sospetti; la misura carceraria era eccessiva; non era stato tenuto conto che si trattava di un incensurato, con vita lavorativa e familiare del tutto regolare.

Motivi della decisione

1. Il ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.

2. Quanto al primo profilo del ricorso, inerente la gravità indiziaria (v. sopra, sub ritenuto, al p. 2.a), esso, peraltro versato in fatto, si esaurisce nella ribadita affermazione di estraneità, già motivatamente disattesa dai giudici del merito cautelare. Ed invero gli agenti hanno direttamente percepito il gesto dell’indagato di gettare fuori dell’auto la pistola clandestina poi sequestrata, il che costituisce – allo stato ed a questi fini – elemento di specifica accusa più che adeguato. Del tutto correttamente, poi, il Tribunale del riesame ha rilevato come da un lato fosse assai poco plausibile che una pistola di tal genere fosse stata abbandonata in terra, nel bel mezzo di una strada trafficata, dall’altro fosse altrettanto poco attendibile la versione giustificativa della pronta fuga alla vista degli agenti. Il complesso di tali elementi, logici e coerenti, induce la piena infondatezza delle tesi del ricorrente, in definitiva meramente negatorie di tali indiscutibili evidenze.

3. Del pari inammissibile si rivela il ricorso in punto esigenze cautelari (v. sopra, sub ritenuto, al p. 2.b), avendo il Tribunale preso in esame i profili dedotti dal ricorrente, ora riproposti sub specie vizi di legittimità, ma avendolo ritenuti subvalenti rispetto alla gravità criminologica del fatto nel suo complesso. Si tratta di motivazione logica e coerente, in materia riservata dalla legge al giudice del merito, come tale non censurabile in questa sede.

4. In definitiva il ricorso, manifestamente infondato in ogni sua deduzione, deve essere dichiarato inammissibile ex art. 591 c.p.p. e art. 606 c.p.p., comma 3. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v.

sentenza Corte Cost. n. 186/2000).

Deve seguire altresì la comunicazione prevista dall’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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