Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 22-07-2013, n. 31491

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con ordinanza 17/12/12 il Tribunale di Roma in sede di riesame confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere 26/11/12 emessa dal Gip di quel Tribunale nei confronti di S.D. (alias B.D.) per il reato di tentato omicidio aggravato in concorso commesso in (OMISSIS) il danno di R.M..

Si tratta di un delitto avvenuto nell’ambiente della prostituzione:

la R. veniva colpita con un bastone e, una volta a terra, cosparsa da un liquido infiammabile cui veniva dato fuoco, causandole ustioni di terzo grado sul 52% della superficie corporea. Presente all’aggressione tre compagne della donna, delle quali una chiamava i numeri di emergenza. L’individuazione di uno dei due autori materiali del fatto nell’odierno indagato (un terzo rimaneva alla guida della vettura con cui erano giunti sul posto) veniva, infine, dalla stessa vittima nelle dichiarazioni da lei rese alla Pg il 31/10/12. In precedenza vi erano state reticenze, motivate dai contrasti tra il S. (o B.) e il cugino R.S., legato alla R. e fratello di R.S. (alla quale qualcuno aveva incendiato l’abitazione che ella aveva sulla Casilina: da lei denunciati per questo i fratelli B.P.T. e B.D.), contrasti già manifestatisi in Romania, dove il detto R. era stato ferito alla gamba con un colpo di pistola e alla testa con un manganello telescopico dai fratelli B.D. e B.C.. Il coinvolgimento del S. o B. nel mondo della prostituzione era confermato da alcune conversazioni telefoniche intercettate e così la sua presenza sul luogo dell’attentato notturno dai contatti avuti in quelle ore con il suo telefono cellulare che agganciava le celle di competenza. Di qui la ritenuta gravità del quadro indiziario (e le esigenze cautelari).

Ricorreva per cassazione la difesa, deducendo: 1) violazione di legge per l’omessa trasmissione al Tribunale del riesame dei tabulati telefonici, delle mappe e degli schemi dimostrativi delle celle di aggancio telefonico forniti dal gestore, materiale ampiamente utilizzato dal Gip nella sua ordinanza; 2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’individuazione del S. quale usuario dell’utenza telefonica mobile 327/4421451 e in ordine all’individuazione della detta utenza telefonica come quella agganciata dalla cella prossima al luogo del delitto (individuazione, l’una e l’altra, solo apoditticamente dedotte da circostanze non conclusive contenute nelle informative) e inutilizzabilità delle informative nella parte in cui si limitano a richiamare i tabulati telefonici senza allegarli; 3) violazione di legge e vizio di motivazione con travisamento del fatto, laddove si era ritenuto che la pretesa reticenza delle donne assunte come testimoni, compresa la R., che riconosceva il S. solo alla quinta escussione cui veniva sottoposta, derivasse dal timore di ritorsioni (in realtà dalle conversazioni intercettate risultava che non si erano allontanate subito dall’Italia e che comunque non nutrivano certezze sugli autori dei fatti ma solo sospetti).

Chiedeva l’annullamento.

All’udienza camerale fissata per la discussione il PG chiedeva il rigetto del ricorso, la difesa il suo accoglimento.

Motivi della decisione

Il ricorso è complessivamente infondato. Infondati i primi due motivi, laddove si nega il valore delle informative in sede cautelare se non accompagnate dalla documentazione di supporto. Nella specie è pacifico che il Gip abbia tratto i suoi elementi di valutazione dalle informative in atti, senza la materiale disponibilità della detta documentazione. Ma ciò da un lato è consentito dalla procedura (il Pm trasmette al Gip ciò che ritiene sufficiente per l’accoglimento della sua richiesta cautelare, oltre, naturalmente, agli elementi a favore dell’imputato: art. 291 c.p.p., comma 1), dall’altro (conseguentemente: art. 292 c.p.p., comma 1) è la base per il giudice per le sue valutazioni di merito (di segno positivo o negativo per l’indagato). Si veda, per entrambi i profili, Cass., V, ord. n. 37938 del 13/5/04, rv. 231001: "Non sussiste a carico del Pm l’obbligo di trasmettere al Tribunale del riesame (e al Gip) tutti gli atti di indagine compiuti, nella loro integralità, in quanto, al contrario, egli può selezionare, con discrezionalità non censurabile, il materiale indiziario, da sottoporre al vaglio del giudice, che ritenga necessario ai fini dell’accoglimento della richiesta della misura cautelare; l’obbligo della completa trasmissione, ai sensi dell’art. 291 c.p.p., comma 1, sussiste solo per gli elementi a favore dell’imputato e, quindi, per gli atti ed i documenti dai quali possano desumersi elementi di prova a favore della persona sottoposta alle indagini". (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto insussistente la violazione dell’obbligo gravante sul Pm, ex art. 291 succitato, nella mancata trasmissione al giudice del riesame di dichiarazioni rese da altri indagati in altri procedimenti, non trasmesse neppure al Gip e riportate nella richiesta di applicazione della misura cautelare, le quali, pur non risultando nel fascicolo del Pm, erano contenute, tuttavia, in una nota informativa relativa ad altro procedimento, trasmessa sia al Gip che al giudice del riesame). E’ quanto avvenuto nel caso in esame, senza che il contenuto delle informative sia stato specificamente contestato dalla difesa se non sotto i profili della riferibilità al S. di una certa utenza telefonica e del suo aggancio in orario compatibile alla cella prossima al luogo del tentato omicidio. Ma queste (al pari dei motivi dedotti nel terzo motivo di ricorso), sono valutazioni di fatto, che non tengono conto del complessivo quadro indiziario a carico dell’indagato (in primo luogo, dopo le iniziali reticenze, il riconoscimento del S. da parte della vittima come uno dei suoi aggressori), compiutamente e coerentemente esposto nell’ordinanza cautelare confermata dal provvedimento impugnato. Il ricorso va pertanto rigettato.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 c.p.p.).

Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere, va disposto ai sensi dell’art. 94 norm att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 norm att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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