Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 22-07-2013, n. 31490

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 02.01.2013 il Tribunale di Palermo, costituito ex art. 309 c.p.p., rigettava la richiesta di riesame proposta da B.N. avverso il provvedimento 05.12.2012 del Gip della stessa sede con cui era stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia in carcere per il reato di detenzione e porto illegale di una pistola e di un silenziatore, con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 e la recidiva specifica.

Ritenevano i giudici del Collegio del riesame che sussistessero gravi indizi di colpevolezza a carico del predetto indagato che il 02.12.2012 era stato riperso da un telecamera uscire dal suo garage tenendo una pistola in mano; la successiva perquisizione in detto garage permetteva di sequestrare un silenziatore e 52 munizioni di vario calibro. In particolare era respinta l’eccezione difensiva di inutilizzabilità delle video riprese, trattandosi di inquadramento di luoghi non privati, ma esposti al pubblico.

Sussistevano poi esigenze cautelari tali da essere fronteggiate solo con la custodia carceraria, in relazione la negativa personalità dell’indagato, contrassegnato da numerosi, gravi e specifici precedenti penali.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto indagato che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in particolare argomentando – in sintesi – nei seguenti termini: aveva errato il Tribunale a ritenere utilizzabili le video riprese che erano state realizzate all’interno del condominio, luogo di privata dimora.

Motivi della decisione

1. Il ricorso, infondato, non può trovare accoglimento.

2. Va premesso, dapprima, che la video ripresa non può essere considerata unico elemento a carico dell’indagato, atteso il ritrovamento, in indiscutibile suo possesso (garage dell’abitazione), di parte di arma (silenziatore) e di numerose munizioni, di vario tipo, per arma comune da sparo, il che -comunque- conforta significativamente la tesi accusatola. E’ peraltro infondato l’unico motivo di ricorso, incentrato sull’utilizzabilità delle video riprese, profilo sul quale la decisione del Tribunale risulta del tutto corretta. Ed invero, sullo specifico punto, questa Corte di legittimità ha avuto modo di affermare, con giurisprudenza univoca ed ormai consolidata, che sono pienamente utilizzabili le video riprese operate dalla polizia giudiziaria, pur in mancanza di specifica autorizzazione del giudice, ove – come pacificamente nella presente fattispecie – si tratti di riprese eseguite all’esterno e dirette verso luoghi pubblici o esposti al pubblico. In tal senso cfr. (in un caso del tutto sovrapponile) Cass. Pen. Sez. 4^, n. 10697 in data 24.01.2012, Rv. 252673, Aidi Parietti e altri: "Sono legittime le video riprese, eseguite dalla polizia giudiziaria, in assenza di autorizzazione del giudice, mediante telecamera esterna all’edificio e aventi per oggetto l’inquadramento del davanzale della finestra e del cortile dell’abitazione, trattandosi di luoghi esposti al pubblico e, pertanto, oggettivamente visibili da più persone. Ne deriva che, in virtù di detta percepibilità esterna, non sussiste alcuna intrusione nella privata dimora o nel domicilio e non sussistono, pertanto, le ragioni di tutela, sub specie di diritto alla riservatezza o alla "privacy", ad essi connesse, potendosi, in tal caso, sostanzialmente equipararsi l’uso della videocamera ad una operazione di appostamento, eseguita nei limiti dell’autonomia investigativa, senza alcuna necessità di autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria". Nello stesso senso cfr. anche, ex pluribus, la fondamentale decisione Cass. Pen. SS.UU. n. 26795 in data 28.03.2006, Rv. 234267, Prisco; ecc.. Poichè, nel caso di specie, è indiscutibile, in fatto, che la video ripresa era eseguita dall’esterno ed inquadrava il cortile condominiale, area aperta al pubblico (e non di privata dimora), è del tutto evidente l’utilizzabilità della prova in questione, in conformità alla sopra citata giurisprudenza. L’unico motivo del ricorso risulta, pertanto, privo di pregio.

3. Il ricorso del B. deve dunque essere respinto siccome infondato.

Al completo rigetto dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Deve seguire altresì la comunicazione prevista dall’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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