Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28-01-2011, n. 683

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Motivi della decisione
1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. – Con il primo motivo di diritto, il Comune si duole del fatto che il progetto assentito, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza gravata, non integri un luogo di culto in senso stretto, ma un’istituzione di un’organizzazione di religione non cattolica.
A sostegno di tale assunto, viene evidenziato come il progetto in esame coinvolga una serie di attività che vengono svolte in moschea, come pure altre ulteriori finalizzate all’integrazione ed alla pacifica convivenza tra le diverse comunità. In particolare, la sentenza gravata non tiene conto del fatto che la grande sala multifunzionale destinata alle attività religiose viene impiegata esclusivamente al culto solo per due ore la settimana, mentre per il restante tempo viene impiegata per scopi diversi, quali biblioteca, consultorio, ecc..
Da tale considerazione, emergerebbe l’erroneità della valutazione operata dal giudice di prime cure.
2.1. – La doglianza è infondata e va respinta.
Il giudice di prime cure, con una disamina accurata del progetto, ha correttamente evidenziato come l’inquadramento dell’intervento edilizio che comporti una variazione di destinazione d’uso possa avvenire solo dopo un completo esame di quanto riportato negli elaborati tecnici. Partendo da questo condivisibile presupposto, ha notato che il progetto comprende "un locale pari alla metà della superficie totale disponibile ed espressamente destinato a "sala riunioni" dedicata ai fedeli – oltre tutto ospitando il mihrab orientato verso la Mecca". Non pare quindi contestabile la conclusione che la destinazione principale dell’edificio sia quello di luogo di culto islamico.
Tale considerazione viene inoltre avvalorata dall’indicazione delle altre destinazione dei locali accessori, atteso che, mentre la citata sala assembleare multifunzionale si estende per mq. 516, gli altri vani -"ufficio di consulenza (mq. 27)", "sala Biblioteca (mq. 111)" e "sala ricreativa (mq. 145)"- assorbono una parte molto meno consistente dello spazio disponibile.
La detta suddivisione rende palese, in termini quantitativi, la reale funzione svolta da quell’edificio, per cui non è sostenibile che la destinazione ad esercizio del culto rivesta un ruolo meramente secondario e non incida sulla principale destinazione dell’immobile. Del pari, anche la destinazione temporalmente limitata, peraltro allegata e non provata, non appare dirimente, atteso che il dato quantitativo non appare sconfessabile, stante la sua oggettiva rilevanza.
3. – Con il secondo motivo di diritto, viene sostenuta la legittimità, quand’anche si affermasse la principale funzione di dedizione al culto dell’immobile, del permesso di costruire in deroga rilasciato.
Viene, infatti, affermato che, in quanto edificio destinato al culto e qualificabile come opera di urbanizzazione secondaria, questo sarebbe sempre ammissibile tramite lo strumento del permesso edilizio in deroga.
3.1. – La censura non può essere condivisa.
La norma applicabile alla fattispecie de qua è l’art. 15 della legge regionale 25 novembre 2002 n. 31 "Disciplina generale dell’edilizia" che espressamente prevede:
"Il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici è rilasciato esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, previa deliberazione del Consiglio comunale".
"La deroga, nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza e dei limiti inderogabili stabiliti dalle disposizioni statali e regionali, può riguardare esclusivamente le destinazioni d’uso ammissibili, la densità edilizia, l’altezza e la distanza tra i fabbricati e dai confini, stabilite dalle norme di attuazione del P.O.C. e del P.U.A. ovvero previste dal P.R.G. e dai relativi strumenti attuativi".
Non appare pertanto sostenibile l’interpretazione ampia data implicitamente alla norma dalla difesa appellante, atteso che lo stesso legislatore regionale ha introdotto limiti espressi alla possibilità del rilascio di un permesso di costruire in deroga.
In dettaglio, emerge come le deroghe al piano regolatore comunale non possano essere di tale entità da elidere le esigenze di ordine urbanistico sottese al piano e, in particolare, non possano legittimare eccezioni alle destinazioni di zona, sulle quali si fonda la struttura concettuale stessa del piano regolatore generale nelle scelte fondanti sull’uso del territorio.
Appare quindi corretto affermare che anche i permessi in deroga debbano osservare tali principi e sono quindi legittimi nella misura in cui si allineano alle destinazioni d’uso ammesse dal piano regolatore all’interno delle singole zone.
Nel caso in esame, quindi, il permesso di costruire in deroga non poteva assolutamente costituire titolo abilitativo per una destinazione d’uso ("Uie") non compresa in quelle indicate dalla normativa di piano nella "zona produttiva di completamento – ZP3", ai sensi dell’art. 44 del r.u.e.
4. – L’appello va quindi respinto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla novità della questione decisa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l’appello n. 674 del 2010;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2010, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – con la partecipazione dei signori:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Armando Pozzi, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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