Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-08-2012, n. 14627

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Svolgimento del processo

Con citazione del 13/3/1992 M.G., figlio di Z. E., all’epoca ancora in vita, conveniva in giudizio il fratello M.F. e B.M. per chiedere la declaratoria della nullità dell’atto di vendita di un immobile per il prezzo di lire 30.000.000 a favore del B. effettuata in data 6/5/1991 dalla madre che l’attore assumeva essere incapace di intendere e di volere.

Il B. e M.F. si costituivano con atti separati e contestavano la legittimazione attiva dell’attore, chiedendo comunque il rigetto della domanda che contestavano nel merito.

Con sentenza del 29/6/2001 il Tribunale di Verona rigettava la domanda di M.G. (al quale erano subentrati in corso di causa, quali eredi, la moglie G.F. e i figli a. e A.) in quanto non provato lo stato di incapacità e mancando la legittimazione attiva dell’attore.

Gli eredi di M.G. proponevano appello reiterando le istanze istruttorie non ammesse in primo grado; M.F. e il B. si costituivano e chiedevano il rigetto dell’appello.

La Corte di Appello di Venezia con sentenza del 23/2/2006 rigettava l’appello rilevando:

– che la Z. era rimasta, fino alla morte (avvenuta nel (OMISSIS)) nella sua piena capacità non essendo mai stata sottoposta a procedimenti relativi alla sua capacità di agire; l’atto era stato stipulato sotto la verifica oggettiva del notaio rogante che nulla aveva rilevato al riguardo;

che le cartelle cliniche rivelavano disturbi non incidenti sulla sua capacità;

– che era inverosimile l’ulteriore ipotesi di circonvenzione perchè il notaio non aveva rilevato alcuna particolare alterazione nella sfera intellettivo-volitiva;

che l’attore M.G. era privo di legittimazione attiva non essendo, vivente la madre, il titolare del diritto all’annullamento che invece aveva fatto valere;

– che era corretta l’ordinanza istruttoria che aveva ritenuto inammissibili e irrilevanti le istanze istruttorie di parte attrice in difetto di accertata o accertanda incapacità della Z., neppure parte del giudizio;

che doveva essere esclusa la sopravvenuta legittimazione attiva degli appellanti per l’intervenuto decesso sia della Z. che dell’originario attore (che i ricorrenti a pag. 2 del ricorso affermano essere premorto alla madre) perchè M.G. non era mai stato legittimato nè ad causam nè ad processum e i suoi eredi sono subentrati nell’identica posizione sostanziale e processuale dell’originario attore, privo di legittimazione.

G.F., Mo.An. e M.A. propongono ricorso affidato a due motivi e depositano memoria.

Resistono con distinti controricorsi M.F. e B. M..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 99 e 100 c.p.c. e dei principi in tema di legittimazione processuale.

I ricorrenti sostengono che essi erano succeduti per rappresentazione alla Z. in quanto figli di M.G., premorto alla madre.

Sulla base di tale assunto deducono che non poteva essere esclusa la loro (sopravvenuta) legittimazione attiva quali eredi della Z..

1.1 Il motivo è infondato.

Non solo non sono pertinenti le norme di cui si deduce la violazione venendo invece in rilievo, in materia di legittimazione, l’art. 81 c.p.c., ma occorre osservare che con l’appello non era contestata l’originaria mancanza di legittimazione attiva di M.G. (premorto alla madre), ritenuto non legittimato all’azione di annullamento perchè egli non aveva agito quale erede (essendo la madre ancora in vita) e non era contestato che gli odierni ricorrenti avevano proseguito il giudizio promosso dal de cuius non legittimato quali eredi di quest’ultimo e non della stipulante asseritamente incapace.

Ne discende che essi erano subentrati nella stessa posizione processuale del loro dante causa, ritenuto, con statuizione non impugnata, non legittimato e pertanto privi essi stessi di legittimazione attiva.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 697 c.c. e il vizio di motivazione e sostengono che la motivazione della Corte di Appello, che ha ritenuto non provata l’incapacità naturale della Z. è contraddittoria perchè ad essi non era stata data la possibilità di provare l’incapacità in quanto non erano state ammesse le prove dirette a dimostrare lo stato di incapacità.

2.1 Il motivo resta assorbito dalla rilevata carenza di legittimazione attiva degli eredi di M.G., preliminare rispetto alla valutazione del merito della censura sulla mancata ammissione delle prove e sulla valutazione della incapacità della Z..

3. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese liquidate come in dispositivo a favore di ciascun controricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

condanna i ricorrenti a pagare le spese di questo giudizio di questo giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge per ciascun controricorrente.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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