Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-08-2012, n. 14624

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Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 22 settembre 1993 S. e B.A. evocavano, dinanzi al Tribunale di Ancona, la xxx s.a.s., nonchè C.E. perchè venisse accertata la responsabilità solidale degli stessi per i danni derivati agli attori per la cattiva esecuzione dei lavori di ristrutturazione di un immobile di loro proprietà, commissionati – con contratto di appalto – alla xxx, sotto il controllo tecnico del direttore dei lavori, il C., in quanto l’anomala esecuzione aveva determinato il crollo di un tetto dovuto a mancato preventivo puntellamento da parte dell’impresa appaltatrice ed in assenza del diligente controllo del direttore dei lavori; chiedevano, inoltre, la condanna dei convenuti alla restituzione degli acconti versati a fronte di prestazioni male eseguite e quindi contrattualmente inutili, precisando di avere legittimamente esercitato il diritto di recesso dal rapporto di appalto, ai sensi dell’art. 1671 c.c..
Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza della ditta appaltatrice, che spiegava domanda riconvenzionale per ottenere il risarcimento dei danni da illegittimo recesso contrattuale, il Tribunale adito, espletata istruttoria, anche con consulenza tecnica di ufficio, in accoglimento della domanda attorea, condannava entrambi i convenuti in solido al risarcimento dei danni, quantificati in L. 16.079.000, nonchè l’impresa alla restituzione degli acconti ricevuti per le prestazioni male eseguite.
In virtù di appello interposto dalla xxx s.a.s. e dal C., con il quale deducevano la non riferibilità dell’evento a colpa contrattuale essendosi trattato di un evento imprevedibile dovuto ad eccezionali fattori meteorologici occorsi ad un edificio vetusto e fatiscente, le cui cattive condizioni derivavano da pregressa carenza manutentiva addebitabile ai proprietari, oltre a lamentare la illegittimità del recesso ex art. 1671 c.c., mentre quanto al direttore dei lavori, lo stesso era privo di un potere di ingerenza nelle fasi di dettaglio della esecuzione dei lavori, la Corte di appello di Ancona, nella contumacia degli appellati, in parziale accoglimento del gravame, revocava la statuizione relativa alla restituzione dell’acconto versato dai committenti per L. 20.000.000, confermata per il resto la decisione del giudice di primo grado.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale sottolineava che essendo evidente la situazione di vetustà e di precarietà strutturale in cui versava l’edificio da ristrutturare, ciò avrebbe dovuto indurre l’appaltatore – preso in consegna l’edificio ed aperto il cantiere – ad un più diligente governo dell’immobile secondo le regole dell’arte edilizia, con la realizzazione di un idoneo sistema di puntellature e di sostegni.
Concludeva che la mancata adozione di tali misure preventive, in presenza della concausa dovuta ad ingenti fenomeni meteorici, era stato elemento causale diretto del verificarsi della disarticolazione strutturale di parte del manto di copertura del fabbricato.
Aggiungeva che la responsabilità del direttore dei lavori, pur non esigibile da parte dello stesso una presenza diurnamente assidua all’interno del cantiere, discendeva dall’essere tuttavia esigibile una adeguata sorveglianza quanto alla impostazione tecnica e metodologica delle singole fasi funzionali nelle quali si articolavano i lavori di cantiere. Del resto l’adozione di misure preventive apparteneva proprio al momento strategico di impostazione dell’impianto operativo del cantiere.
Il danno veniva accertato in L. 16.079.000 pari al costo per gli interventi riparatori, mentre il rifacimento strutturale parziale operato dalla ditta appaltatrice, definiti i costi per le riparazioni predette, presentava una utilità da cui partire per le operazioni di ristrutturazione definitive, per cui gli acconti versati dovevano ritenersi inerire fisiologicamente entro una ordinaria logica sinallagmatica.
Avverso la indicata sentenza hanno presentato ricorso per cassazione la xxx s.a.s. ed il C., articolato su otto motivi, al quale non hanno replicato i B., non costituiti neanche in questa fase del giudizio.
Motivi della decisione
In via preliminare ed assorbente rispetto all’esame del merito, il Collegio deve verificare la regolare costituzione del contraddittorio, che nella specie non risulta perfezionato per non avere parte ricorrente – spediti i plichi dall’Ufficiale giudiziario il 19.4.2006 – depositato l’avviso di ricevimento prescritto dall’art. 149 c.p.c., il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna del ricorso ai rispettivi destinatari (e l’identità della persona a mani della quale è stata eseguita) sia la data di essa.
Infatti per costante orientamento di questa corte, la notifica a mezzo del servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell’atto, ma si perfeziona con la consegna del relativo plico al destinatario e l’avviso di ricevimento prescritto dall’art. 149 c.p.c. è il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna, sia la data di essa, sia l’identità della persona a mani della quale è stata eseguita; ne consegue che, ove tale mezzo sia stato adottato per la notifica del ricorso per cassazione, la mancata produzione dell’avviso di ricevimento comporta non la mera nullità, bensì l’inesistenza della notificazione (della quale, pertanto, non può essere disposta la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.) e l’inammissibilità del ricorso medesimo, a seguito della sentenza della Corte costituzionale 26 novembre 2002 n. 477, che ha dichiarato l’illegittimità del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 4, comma 3 (Notificazioni di atti a mezzo posta) "nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anzichè a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario". La stessa sentenza, già chiara nel dispositivo riportato testualmente, precisa in motivazione che "resta naturalmente per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo"; di conseguenza, solo il deposito dell’avviso di ricevimento prova la conformità al modello normativo e il perfezionamento della notificazione per tutte le parti del processo con la conseguente instaurazione del contraddittorio tra loro per effetto della sicura vocatio in ius del destinatario dell’atto.
Alla luce di tale riscontro deve, perciò, essere ribadito il principio recepito dalla giurisprudenza di questa corte (e già affermato dalle Sezioni unite con la sentenza 14 gennaio 2008 n. 627), secondo il quale la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postate ai sensi dell’art. 149 c.p.c. (o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario da notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c.), è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddicono, con la conseguenza che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal comma 1 della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’art. 380-bis c.p.c., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comma 2. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato (come verificatosi nella fattispecie), il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c. (cfr, da ultimo, anche Cass. 28 aprile 2011 n. 9453 e Cass. 24 giugno 2011 n. 13923).
Non vi è luogo a provvedere sulle spese proprio in virtù della mancata costituzione degli intimati.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2A Sezione Civile, il 29 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2012

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