Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-08-2012, n. 14622

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Svolgimento del processo
Con atto notificato il 18 febbraio 1999, R.S., + ALTRI OMESSI convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di La Spezia, Ro.Ma. per sentir negare l’esistenza di una servitù di passaggio carraio in favore dell’appezzamento di terreno di proprietà del convenuto, identificato con il mappale 261 del foglio 11 del catasto del comune di (OMISSIS), e a carico del tratto di strada privata (via (OMISSIS)) di cui gli istanti erano comproprietari nonchè delle porzioni latistanti il sedime del percorso pedonale di via della (OMISSIS) – strada ad uso pubblico pedonale che saliva dal centro di (OMISSIS) -, appartenenti agli attori.
Ro.Ma. si costituiva chiedendo il rigetto della domanda e, in subordine e in via riconvenzionale, formulava richiesta di costituzione di servitù coattiva.
Il giudice adito rigettava la domanda di negatoria servitutis in riferimento al passo pedonale e carraio, a favore del fondo mappale 261 (fg. 11 del Comune di (OMISSIS)), esercitabile lungo via (OMISSIS), ivi compreso il tratto finale di essa (porzione in comproprietà R. – D.S.) e quindi lungo via (OMISSIS) (con estensione sui frastagli di proprietà R. residuati dalle costruzioni sovrastanti e sottostanti l’area ove insiste via (OMISSIS)) e compensava per metà le spese che poneva, per la restante metà, a carico degli attori.
La decisione di primo grado veniva confermata dalla Corte di appello di Genova con sentenza del 19 ottobre 2006 che condannava gli appellanti alle spese di quel grado.
Avverso la sentenza della Corte di merito hanno proposto ricorso per cassazione R.S., + ALTRI OMESSI sulla base di tre motivi.
Ha resistito con controricorso Ro.Ma..
Sia i ricorrenti che il controricorrente hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione – sollevata da Ro.
M. nella memoria difensiva – di nullità del ricorso in quanto privo della sottoscrizione dell’avv. Carmine Claudio di Zenzo del Foro di Roma in relazione sia alla procura speciale alle liti che all’atto introduttivo del presente giudizio di legittimità.
1.1. L’eccezione sollevata è infondata atteso che, nella specie, la procura speciale a margine del ricorso risulta conferita "congiuntamente o disgiuntamente" all’avv. Paola Barbarino del Foro di La Spezia e all’avv. Carmine Claudio di Zenzo del Foro di Roma e, pertanto, pur essendo detta procura e il ricorso sottoscritti dal solo avv. Barbarino, non sussiste la dedotta nullità. Ed invero, questa Corte ha affermato che "il ricorso per cassazione è validamente sottoscritto anche da uno soltanto dei due o più difensori muniti i procura, quando il ministero difensivo sia loro affidato dalla parte senza l’espressa volontà di esigere l’espletamento congiunto dell’incarico, atteso che, ai sensi dell’art. 1716 cod. civ., in caso di coesistenza di più mandati con lo stesso oggetto, ciascun mandatario è abilitato al compimento dell’atto se la delega non richieda l’azione congiunta" (Cass. 11 giugno 2008, n. 15478; Cass., sez. un., 17 luglio 2003, n. 11188).
Questa Corte, in un caso analogo a quello all’esame ha pure affermato che "qualora il mandato alle liti venga conferito a più difensori, ciascuno di essi, in difetto di un’espressa ed inequivoca volontà della parte circa il carattere congiuntivo, e non disgiuntivo, del mandato medesimo, ha pieni poteri di rappresentanza processuale, con la conseguenza che in caso di procura speciale per ricorrere per cassazione il ricorso è validamente proposto se sottoscritto anche da uno solo di essi, mentre, per quanto attiene all’autenticazione della sottoscrizione, poichè l’art. 1712, primo comma, cod. civ., esige l’accettazione di tutti i mandanti soltanto nel caso di mandato congiuntivo, essa deve ritenersi possibile anche soltanto da uno dei difensori. Il carattere disgiuntivo del mandato comporta, poi, che gli atti processuali possano essere posti in essere anche da uno solo dei legali. Ne consegue che devono ritenersi legittime l’autentica della procura e la sottoscrizione del ricorso da parte di uno dei due difensori nominati in via disgiuntiva e la richiesta della notificazione del ricorso da parte dell’altro difensore" (Cass. 6 giugno 2006, n. 13252).
2. Con il primo motivo, denunciando la violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, e omessa e insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, i ricorrenti censurano la decisione impugnata che, in relazione alla ritenuta esistenza di un’opera visibile e permanente indicativa dell’assoggettamento dei fondi R. al mappale 261 e della servitù di transito veicolare, ha fatto ricorso alla documentazione fotografica prodotta dal Ro. in secondo grado con la comparsa di risposta e contestata dai ricorrenti, secondo i quali, in base alla giurisprudenza di legittimità (e richiamano all’uopo la decisione delle S.U. di questa Suprema Corte n. 8203 del 2005), in secondo grado non sarebbero ammissibili nuove prove documentali e alla loro ammissione sarebbe possibile pervenire solo su richiesta specifica della parte e a seguito di specifico provvedimento del giudice che dia conto dell’ammissione, richiesta e provvedimento nella specie mancanti. Secondo i ricorrenti, sul punto decisivo della esistenza di opere visibili e permanenti dimostrative della relazione di assoggettamento di un fondo ad un altro, una volta espunto il riferimento fotografico alla baracca, la motivazione sarebbe omessa, insufficiente e/o contraddittoria. Ad avviso dei ricorrenti l’ accertata utilizzazione di parte del mapp. 261 per spazio di manovra per l’accesso a box del fabbricato di viottolo della (OMISSIS) sarebbe indicativa di una servitù passiva e non anche attiva del mappale medesimo, sicchè la destinazione a sede stradale di parte del detto mappale non potrebbe essere qualificata quale opera visibile e permanente che evidenzi la destinazione del fondo R. a servizio del fondo Ro., ma piuttosto l’esatto contrario.
A conclusione del motivo i ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto: "i nuovi documenti che siano prodotti in secondo grado, in assenza di specifica domanda della parte e di specifico provvedimento del giudice che dia conto delle ragioni per le quali vengono ammessi, possono o non possono essere richiamati ed utilizzati dal giudice nella motivazione?".
2.1. Per quanto attiene alla parte del motivo relativa alla documentazione prodotta per la prima volta in appello, la censura è irrilevante, in quanto la Corte di appello ha maturato il suo convincimento soprattutto sulla base di altri elementi probatori, dettagliatamente indicati a p. 6 e sgg. della sentenza impugnata, la cui valutazione non è stata espressamente censurata dai ricorrenti.
2.2. Quanto poi all’altro profilo del motivo in esame, con cui si denunciano vizi di motivazione in relazione all’evidenziato punto decisivo (esistenza di opere visibili e permanenti dimostrative della relazione di assoggettamento di un fondo all’altro), la censura è infondata avendo il giudice di secondo grado, con motivazione congrua, logica e priva di contraddizioni, confermato e meglio precisato quanto già evidenziato dal giudice delle prime cure sulla base delle prove testimoniali e degli ulteriori dati acquisiti nell’istruttoria. La Corte di appello, infatti, oltre a richiamare la motivazione della prima sentenza, rileva che anche da ulteriori dati acquisiti dall’istruttoria (mappa allegata alla CTU e fotografie "diligentemente appuntate dal CTU"), "emerge senza ombra di dubbio come l’area del viottolo della (OMISSIS), ove sono sussistenti i box del civico (OMISSIS), è percorsa dai veicoli degli utilizzatori dei box stessi e che anche il terreno Ro., posto al termine dei box, e accessibile ai veicoli, conosce della stessa situazione; anzi la proprietà Ro., come evidenziato dalla CTU all’esito di un’attenta lettura dei dati catastali, inizia davanti all’ultimo box del civico (OMISSIS), per cui l’utilizzatore di questi deve manovrare nello spazio di proprietà Ro., attualmente occupato da un’auto Fiat tg. (OMISSIS), che impedisce al Ro. di accedere al terreno di cui al mappale 291".
E’ stato, quindi, accertato in fatto dalla Corte di merito che il Ro. ed altre persone – e precisamente quelle che usavano la strada per accedere ai box siti al civico (OMISSIS) – percorrevano in auto la strada di proprietà R. e il successivo viottolo della (OMISSIS) per accedere al terreno di proprietà del Ro. di cui al mappale 261, posto al termine dei detti box (v. sentenza p. 7). Nè, alla luce della motivazione immune da vizi logici della sentenza impugnata, può condividersi la tesi dei ricorrenti secondo cui l’accertata utilizzazione di parte del mapp. 261 per spazio di manovra per l’accesso a box del fabbricato di viottolo della (OMISSIS) sarebbe indicativa di una servitù passiva e non anche attiva del mappale medesimo, sicchè "la destinazione a sede stradale di parte del mappale 261" non potrebbe "essere qualificata quale opera visibile e permanente che evidenzi la destinazione del fondo R. a servizio del fondo Ro.". Si osserva al riguardo che ogni questione circa la sussistenza delle opere visibili e la loro idoneità a dimostrare univocamente e senza incertezze la preordinazione all’utilità del fondo dominante costituisce apprezzamento di fatto, demandato al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se congruamente e correttamente motivato (Cass. 26 giugno 2001, n. 8736; Cass. 11 aprile 1996, n. 3405; Cass. 21 maggio 1987, n. 4623; Cass. 14 maggio 1980, n. 1574).
3. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 1027 e 1028 cod. civ. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Sostengono i R. che quanto evidenziato nel motivo che precede, sotto il profilo dell’opera visibile e permanente, ha rilievo anche sotto altro aspetto, poichè, ad avviso dei predetti, il giudice di secondo grado, pur dando atto dell’utilizzo della porzione del mapp. 261 a lato del viottolo della (OMISSIS) nell’interesse dell’ultimo box del fabbricato di tale viottolo (OMISSIS) e, saltuariamente, per l’utilità degli abitanti del condominio del medesimo viottolo n. (OMISSIS) (fra cui anche il Ro.) e "travisando" la motivazione del giudice di primo grado, "non aveva correttamente e logicamente collocato l’utilità cui fanno riferimento gli art. 1027 e 1028 c.c. e così apprezzato che in detta situazione il fondo Ro. non era il destinatario dell’utilità" e, quindi, doveva essere qualificato solo come servente e non già dominante.
A conclusione del secondo motivo i ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto: "ai fini della usucapione di una servitù di passaggio la utilità del fondo dominante può essere realizzata anche con riferimento alla utilità di fondi diversi rispetto a quello asseritamente dominante?":
3.1. Il motivo è in parte inammissibile e, nel resto, infondato.
Ed invero, in relazione alla lamentata violazione di legge, il quesito di diritto proposto è incongruo e, pertanto, inammissibile, configurandosi come un mero interpello su una proposizione di carattere generico, priva di collegamento con la situazione di fatto accertata dal giudice di merito e con la concreta statuizione adottata, alla luce delle risultanze acquisite, dalla Corte di appello che, lungi dal "travisare" come lamentato dai ricorrenti – la motivazione della sentenza di primo grado, l’ha rettamente intesa (v.
in particolare p. 12 e sgg. della sentenza da ultimo richiamata) e ha, con motivazione congrua e immune da vizi logici, ben evidenziato l’utilità del fondo dominante di proprietà del R., sicchè neppure sussistono i lamentati vizi di motivazione e, quindi, in relazione ad essi il motivo è infondato.
4. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 1061 cod. civ. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio.
In proposito i ricorrenti, premesso che costituisce elemento necessario ex art. 1061 cod. civ., ai fini dell’acquisto per usucapione del diritto di servitù, la presenza di opere visibili e permanenti, deducono che nel caso di specie la circostanza che parte del fondo asseritamente dominante sia utilizzata "a mòdi slargo del pubblico latistante viottolo" non potrebbe costituire opera visibile e permanente a favore del medesimo fondo, quando la restante parte del fondo sia inaccessibile dalla prima parte e il detto slargo indirizzi ad altri fondi, sicchè, per poter tale circostanza essere considerata opera visibile e permanente del complessivo mappale 261, sarebbe stato necessario che la sentenza avesse al riguardo dedicato non una semplice dichiarazione assertiva, ma una precisa motivazione.
A conclusione del terzo motivo i ricorrenti formulano i seguenti quesiti di diritto:
1) "ai fini della usucapione della servitù di passaggio a favore di un fondo lo stesso fondo asseritamente dominante può assurgere ad opera visibile e permanente?" 2) "affinchè porzione di fondo dominante possa costituire opera visibile e permanente ai fini della usucapione della servitù di passaggio a favore della restante porzione di stesso occorre che sussista utilizzazione della prima porzione a favore della restante porzione?".
4.1. Il motivo va disatteso.
Ed invero i quesiti proposti in relazione alla lamentata violazione di legge risultano oscuri e, comunque, deve escludersi che, nella loro formulazione, i ricorrenti si siano attenuti alla rigorosa previsione di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile nella specie, essendo stata la sentenza impugnata pubblicata in data 19 ottobre 2006. La funzione propria del quesito di diritto, da formularsi a pena di inammissibilità del motivo proposto, è, infatti, quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (Cass. 7 aprile 2009. n. 8463). Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione sia del tutto inidonea ad assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (Cass., 25 marzo 2009, n. 7197).
Quanto, poi, alle censure mosse alla sentenza impugnata sotto il profilo di vizi di motivazione, le stesse risultano infondate, avendo la Corte di appello correttamente ritenuto, con motivazione congrua e immune da vizi logici, sufficiente l’utilizzazione di parte del fondo di proprietà del Ro. per qualificare il fondo stesso come dominante in relazione alla servitù di cui si discute in causa, ribadendosi che in tema di usucapione della servitù di passaggio, ogni questione circa la sussistenza delle opere visibili e la loro idoneità a dimostrare univocamente e senza incertezze la preordinazione all’utilità del fondo dominante costituisce apprezzamento di fatto, demandato al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se congruamente e correttamente motivato (v. Cass. 26 giugno 2001, n. 8736; Cass. 11 aprile 1996, n. 3405; Cass. 21 maggio 1987, n. 4623; Cass. 14 maggio 1980, n. 1574, tutte già richiamate in precedenza).
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2012

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