Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 25-06-2013, n. 27761

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. – Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli, in accoglimento del Pubblico Ministero DDA presso il Tribunale della medesima città, emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere in data 6 febbraio 2012 nei confronti di A.D. e A.A. (padre e figlio) in ordine al reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. rubricato al capo A) e, per quanto riguarda il solo A.A., anche per il reato di estorsione aggravata ai sensi della L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7 giusta la relazione con il clan camorristico Mallardo, attivo in Giugliano e zone limitrofe, per aver imposto, al fine di favorire il citato sodalizio criminoso e avvalendosi del metodo mafioso, la fornitura del caffè Seddio a esercenti e commercianti del settore della ristorazione, tra i quali F.R. e T..

Il compendio indiziario era costituito, essenzialmente, dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia e dei F., dal contenuto di intercettazioni telefoniche e ambientali e dagli accertamenti compiuti dalla polizia giudiziaria.

In particolare A.D., detto (OMISSIS), e suo figlio A.A., detto (OMISSIS), sono accusati di aver gestito attività imprenditoriali e commerciali nell’interesse del predetto clan tra cui le attività economiche riguardanti l’hotel (OMISSIS) e l’omonimo bar. A.A., oltre ad affiancare il padre nell’attività criminosa sopra descritta, è accusato anche di avere costretto i titolari del bar (OMISSIS), F.R. e T. ad approvvigionarsi solo del caffè marca Seddio, in quanto esso era prodotto da persone intranee al predetto clan camorristico.

Con il provvedimento 2 aprile 2012, il Tribunale del Riesame di Napoli, su gravame degli A., annullava l’ordinanza In questione.

Il collegio cautelare napoletano aveva ritenuto non adeguatamente riscontrate le dichiarazioni del collaboratori di giustizia (alcune delle quali qualificate generiche, altre de relato) e, in particolare, ha ritenuto che il contenuto delle intercettazioni telefoniche, trascritto nel provvedimento cautelare, più che confermare l’ipotesi accusatoria, in realtà, la smentisse. In particolare, quanto alla estorsione in danno dei Froncillo, il Tribunale, rivalutando le dichiarazioni dei predetti, aveva ritenuto che si fosse verificata una vera propria "immedesimazione economico- gestionale con la sfera decisionale patrimoniale" (così testualmente) di A.A. e che, di conseguenza, non potesse ipotizzarsi che quest’ultimo avesse imposto alcunchè ai primi.

La Corte di Cassazione, investita del gravame avanzato dal PM della DDA del Tribunale di Napoli, con sentenza 9 ottobre 2012, nel mentre dichiarava l’inammissibilità del gravame in relazione alla pronuncia di annullamento del Tribunale per il riesame in ordine al reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, per indeterminatezza e aspecificità dei motivi, disponeva invece l’annullamento limitatamente al delitto di estorsione aggravata ascritto all’ A.A. con rinvio per nuovo esame al Tribunale di riesame.

La Corte di legittimità più esattamente rilevava che dalla motivazione prodotta non si comprendeva il fondamento dell’esclusione della natura estorsiva della condotta addebitabile all’odierno ricorrente. Se il giudice del riesame aveva ritenuto che la condotta estorsiva da parte dell’ A. fosse diventata impossibile per il solo fatto che lo stesso avesse nello stesso tempo espropriato il bar (OMISSIS) dei F., locatari senza contratto del locale, e imposta la fornitura del caffè Seddio, veniva osservato che le due condotte non si escludevano necessariamente a vicenda, giusta la diversa cadenza temporale delle stesse, visto che la prima, quella più propriamente espropriativa, ben poteva essersi articolata in più condotte successive che potevano aver abbracciato anche l’attività estorsiva.

Il Tribunale di riesame, in sede di rinvio, con ordinanza deliberata in data 9 gennaio 2013, depositata in cancelleria il 17 gennaio 2013, rigettava la richiesta avanzata nell’Interesse di A. A. avverso l’ordinanza custodiate anzi indicata che veniva così confermata.

Il giudice rilevava che il materiale probatorio si era nel frattempo arricchito in quanto, alle originarie dichiarazioni dei F., si erano aggiunti i più ampi elementi indicativi di cui all’interrogatorio del 21 agosto 2012 in ordine proprio all’imposizione del caffè, nonchè i risultati della collaborazione di P.G.. I F. avevano per vero chiarito che i rapporti con A.A. erano stati sempre travagliati sia in relazione all’Hotel (OMISSIS) che al bar e, in relazione agli stessi, si erano impegnati a corrispondere canoni mensili di notevole importo che non erano riusciti a un certo punto a onorare tanto da dover ricorrere a denaro imprestato dallo stesso A. a interessi usurari. Ancorchè le dichiarazioni dei F., in punto di prestiti usurari, non avessero trovato conferma nella consulenza fatta eseguire dal Pubblico Ministero, tuttavia, in punto di estorsione, le dichiarazioni delle parti lese si riscontravano fra loro e trovavano conferma nelle dichiarazioni rese da R.A. (madre di F.T. e moglie di R.) sulla natura dei rapporti commerciali tra l’ A. e i F., e negli esiti degli accertamenti della Guardia di Finanza di cui all’informativa 9 novembre 2011 oltre che nelle intercettazioni telefoniche acquisite.

In particolare, in una di queste, l’ A. comunicava a F.R. l’intenzione di rilevare il bar (OMISSIS) già locato a D.G., notizia che i F. accoglievano in modo non entusiastico dovendosi sobbarcarsi ulteriori oneri di gestione. E i F. si attivavano per procedere all’apertura del bar contattando dipendenti, preoccupandosi delle divise e altro come, per esempio, reperire il fornitore per il caffè. E’ a questo punto che si inseriva la richiesta estorsiva. Mentre in un primo tempo si comprende dalle intercettazioni che l’ A. è indifferente alla scelta sul punto da parte dei F., successivamente l’odierno ricorrente impone la scelta del caffè Seddio secondo le indicazioni del clan Mallardo cui inerisce, facendosi portatore degli interessi di quest’ultimo. Infine, il collaborante P. chiariva la dinamica camorristica dell’imposizione del caffè Seddio a tutto vantaggio dei fratelli Pi. e D.C.A. riscontrando il fatto estorsivo ai danni dei F.. Ciò risulta dalla conversazione 20 maggio 2009 n. 2859, nel corso della quale M.F. interloquisce con i nipoti D., facendo riferimento alla questione e dicendo che l’ A. si era comportato bene.

In punto di esigenze cautelari, giusta la contestazione della ritenuta aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 veniva sottolineato che l’unica misura applicabile è quella della custodia in carcere.

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Sabato Graziano, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione A.A. chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.

In particolare sono stati sviluppati dal ricorrente due motivi:

a) con il primo motivo di doglianza veniva osservato che, come risultava dalla documentazione prodotta, l’ A. non ha mai affidato il bar (OMISSIS) in locazione, documentazione che non è stata presa in esame dal giudice e che comprova invece una realtà ben diversa da quella delineata dalle parti lese e da R.A.;

il giudice del riesame tace peraltro anche sull’interesse che le parti lese hanno nei confronti dell’ A., titolare di una garanzia ipotecaria su un immobile dei F. oltre che creditori per centinaia di migliaia di euro. Nè il Tribunale valuta correttamente il fatto che non vi sia nessun riscontro alla denuncia delle parti lese visto che la consulenza del Pubblico Ministero anzi la avversa. Nè infine possono essere di conforto le intercettazioni telefoniche, atteso che delle stesse è stata data una mera lettura parziale come del resto contestato e osservato negli scritti difensivi del 2 aprile 2012 e del 9 gennaio 2013 di cui il Tribunale non fa alcuna menzione. Dalle intercettazioni emerge chiaramente che il titolare del bar è l’ A. e non F.R., che è solo Infatti, un suo dipendente senza alcuna autonomia gestionale, come del resto dimostra la documentazione depositata che comprende i contratti di forniture e dei dipendenti. I F. hanno chiesto aiuto per l’organizzazione del bar al l’ A. che li ha aiutati perchè sono buoni ragazzi. Se vi è stata estorsione è stato l’ A. ad averla subita dai Mallardo per aver avuto la visita dell’ Al.Pi., prima, e l’imbasciata di M. F. a messo di D.S. dopo, in caso contrario il ricorrente avrebbe fatto un’estorsione a se stesso. Del resto la fattura per la fornitura del caffè è intestata all’ A., il che fa rimanere senza senso che l’imposizione sia a carico del F.. Neppure le ulteriori e successive dichiarazioni di Pi. confortano le accuse delle parti lese, posto che, se è vero che i F. erano dei prestanome dell’ A., quest’ultimo non aveva nessuna necessità di minacciare alcunchè per la fornitura di caffè;

b) con il secondo motivo di doglianza veniva rilevata la mancanza dei presupposti del reato contestato; non solo i F. non hanno mal chiarito in cosa era consistita la violenza o la minaccia, ma non è stata neppure delineato l’ingiusto profitto; e l’ A. intanto si appoggiava ai F. in quanto, essendo un commercialista, non poteva occuparsi della gestione giornaliera;

inoltre dalle intercettazioni telefoniche si evidenza che destinatari dell’estorsione non erano i F. ma proprio l’ A., tant’è vero che, nel corso di oltre due anni di intercettazioni telefoniche, i F. non hanno lasciato traccia di reclamo nelle loro conversazioni nè con quelle con l’ A..

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Il giudice si è strettamente attenuto al dictum della Corte di Cassazione che aveva provveduto ad annullare il precedente provvedimento per carenza motivazionale in ordine al reato estorsivo.

In particolare va rilevato che è stata data ampia ed esaustiva contezza delle ragioni argomentative che attengono alla sussistenza della provvista Indiziaria per il reato in questione. E’ stato infatti evidenziato il fatto che le dichiarazioni accusatorie dei F. avessero trovato un nuovo e solido riscontro nelle propalazioni del collaborante Pi. non rilevando il fatto che quest’ultimo avesse riferito che i F. fossero dei semplici prestanome, posto che, come evidenziato dal giudice, il rapporto tra le parti offese e l’indagato era più volte mutato nel tempo, subendo un’involuzione e una relativa ingravescenza, posto che si era passato dall’iniziale rapporto locatizio per pervenire all’esautoramento totale della gestione dell’albergo e del bar. Inoltre il giudice ha evidenziato che la pressione estorsiva della famiglia Mallardo avevano operato sull’ A., anzichè sul F. ben poteva spiegarsi con il fatto che fosse l’ A. il referente del M. e dunque la persona più adatta per la posizione contrattuale avuta con i F. per avere ragione dei medesimi che godevano, allora, di una propria autonomia gestionale delle due attività.

Il giudice ha poi dato contezza della irrilevanza, nella fattispecie, della documentazione esibita dalla difesa a comprova, tra l’altro, della titolarità delle attività commerciali in capo all’indagato, posto non solo che spesso il profilo cartolare in casi consimili viene confezionato appositamente per accreditare una falsa rappresentazione della realtà, ma anche perchè il quadro indiziario è del tutto convergente (così come lo è il materiale relativo agli esiti di ascolto) dell’indicare la sussistenza di una forte esposizione debitoria dei F. nei confronti dell’ A. che, in carenza di una dimostrazione da parte di quest’ultimo di un titolo lecito che la giustifichi, non solo non è compatibile con la posizione di prestanome o di dipendenti dei F. ma dimostrerebbe, come rileva il giudice del rinvio, l’ingiusto profitto in capo all’Indagato per l’attività estorsiva perpetrata e la giustificazione per il successivo esautoramento delle attività commerciali dei F..

4. – Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2013

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