Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-08-2012, n. 14619

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Svolgimento del processo

G.G.A., proprietaria di un locale posto al piano terra, sito in (OMISSIS), pervenutole per atto notaio Mancuso del 10.10.1991 da D.B.M.T., agiva in giudizio, innanzi al Tribunale di Lecce, affinchè fosse accertata in sua favore la proprietà della porzione del lastrico solare soprastante il proprio immobile, ritenendola inclusa nel suddetto titolo di provenienza. A tal fine conveniva in giudizio S. C., proprietaria dell’unità abitativa posta al piano superiore del medesimo fabbricato e contigua al suddetto lastrico, al quale aveva accesso diretto tramite la cucina del l’appartamento.

La convenuta nel resistere in giudizio proponeva domanda riconvenzionale diretta ad accertare la proprietà dell’intero lastrico, sostenendo di averlo acquistato per donazione dalla madre, D.B.A., e, comunque, per usucapione, avendolo posseduto prima la sua dante causa e poi ella stessa.

Il Tribunale rigettava la domanda principale ed accoglieva quella riconvenzionale, ritenendo perfezionato l’acquisto della proprietà del lastrico per usucapione.

Tale sentenza era ribaltata dalla Corte d’appello di Lecce. Non controversa la riconducibilità dei rispettivi titoli di proprietà delle parti alla divisione per atto notaio Mancuso del 21.7.1969, la Corte territoriale riteneva evidente che tale contratto, in espressa deroga al regime delle pertinenze ed in conformità all’ultima parte dell’art. 818 c.c., comma 1 avesse attribuito al sottostante locale posto al piano terra la proprietà dell’area solare contigua alla terrazza a livello dell’appartamento sito al primo piano. Ciò premesso, giudicava non appaganti i risultati cui erano pervenute le prove testimoniali raccolte in primo grado in punto di usucapione, soprattutto riguardo alla durata ventennale del possesso. Osservava, infatti, che nel periodo intercorrente fra il 1969 ed il 1974 l’immobile di proprietà C. era stato detenuto dalla nonna e dalla zia di lei (rispettivamente, Santina Campobasso e M.T. D.B., quest’ultima dante causa di G.G.A.) a titolo di comodato o di locazione, il che, però, non implicava che fosse stata detenuta nomine alieno anche la porzione di terrazza in contestazione, "sussistendo in capo a D.B.M.T., una delle due detentrici dell’appartamento al primo piano, un titolo autonomo e proprio a consentirle di disporre dell’area in contestazione, assegnatale in proprietà in forza del menzionato atto di divisione". Pertanto, esclusa la computabilità, ai fini del possesso, del periodo di tempo antecedente al 1974, non si era compiuto il termine ventennale necessario per l’usucapione (essendo datata la litispendenza al 7.4.1992).

Avverso detta pronuncia C.S. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso G.G.A..

Motivi della decisione

1. – Col primo motivo si denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, e la violazione dell’art. 115 c.p.c., e segg., nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

La ricorrente lamenta, in particolare, che la sentenza impugnata non abbia adeguatamente affrontato il problema che ella aveva sottoposto all’esame della Corte territoriale, ossia la sorte della terrazza dal 1969 alla data dell’atto di vendita del 10.10.1991 tra M.T. D.B. e G.G.A., nel senso che essendo certo che Domenico Di Battista aveva donato alla figlia M.T. il locale di via (OMISSIS), e la corrispondente area solare, i giudici d’appello erano chiamati ad accertare se D.M.T. B. avesse mai concretamente esercitato uti dominus il diritto di proprietà trasferitole dal padre. Sul punto la Corte d’appello ha sorvolato, riferendosi genericamente alle risultanze della prova testimoniale che ha ritenuto non sufficienti ad accogliere la domanda riconvenzionale.

Sin dalla propria comparsa di risposta C.S. aveva sostenuto di aver acquistato la superficie in contestazione per usucapione, suffragando il possesso sulla base a) del fatto che l’area solare in questione è parte di una più vasta terrazza a piano, che rappresenta "pertinenza legale" e strutturale dell’appartamento di proprietà della stessa C., e che il relativo possesso dal 1969 al 1974 è stato esercitato da S. C., moglie di D.B.D., originario e unico proprietario dell’intero fabbricato, e madre di M.T. e di D.B.A., danti causa, queste ultime, rispettivamente, dell’attrice e della odierna ricorrente; b) la Corte territoriale ha attribuito valore probatorio del possesso alla planimetria allegata all’atto di divisione, senza confrontarlo con le risultanze processuali, che hanno dimostrato un possesso continuo ed ininterrotto dell’intera terrazza da parte della ricorrente e dei suoi danti causa; c) nessuna parola ha speso la Corte leccese sulla struttura stessa dell’area solare contesa, la quale – è pacifico – è parte dell’intera terrazza e ad essa si accede esclusivamente dall’appartamento di proprietà C., di cui è pertinenza.

1.1. – Il motivo è privo di fondamento per difetto del requisito di decisività del fatto non indagato.

Poichè la domanda di accertamento dell’acquisto per usucapione dell’intero lastrico solare è stata avanzata dall’odierna parte ricorrente, avente causa dalla madre, D.B.A., non è neppure indirettamente rilevante stabilire se D.B.M. T., dante causa dell’attrice e odierna controricorrente, abbia mai esercitato sulla porzione di lastrico contesa lo ius possidendi ture proprietatis, avendone peraltro il corrispondente ius possessionis. Trarre dal mancato esercizio del possesso immediato da parte del proprietario elemento di prova a sostegno della natura possessoria del potere di fatto esercitato sulla medesima res da altri, costituisce una conclusione non validabile dal punto di vista della logica giuridica, per la semplice ragione che si può possedere anche tramite la detenzione altrui (art. 1140 c.c. cpv).

Quanto alle restanti doglianze svolte nel motivo è sufficiente osservare che (1) il difetto motivazionale può avere ad oggetto (nella formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 ante D.Lgs. n. 40 del 2006, ratione temporis applicabile al caso di specie) un punto di fatto decisivo per la controversia, non i motivi d’appello (il cui mancato esame configura, piuttosto, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4: cfr. da ultimo e per tutte, Cass. n. 7871/12) e meno che mai le singole argomentazioni difensive svoltevi a sostegno; e (2) la deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge onera il ricorrente della specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (anche in tal caso l’orientamento di questa Corte è del tutto costante: cfr. Cass. n. 2707/04, 16132/05, 20145/05, 26048/05, 1108/06, 10043/06, 20100/06, 21245/06 e 14752/07). Tale specifica indicazione nel caso in esame è del tutto assente, non avendo la ricorrente esplicitato in qual modo la sentenza impugnata sarebbe incorsa nella denunciata violazione dell’art. 115 c.p.c. e segg. e dell’art. 2697 c.c..

2. – Con il secondo motivo si lamenta l’insufficiente e contraddittoria motivazione nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 1158, 1146 e 1362 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Premesso che ai fini dell’usucapione possono cumularsi tra di loro i periodi di possesso dei danti e degli aventi causa, parte ricorrente sostiene che la Corte d’appello sembra aver ritenuto irrilevante il titolo in forza del quale l’immobile in questione è stato detenuto dopo l’atto di divisione del 21.7.1969. L’intera terrazza, in particolare, è stata detenuta da D.B.D. e dalla moglie di lui C.S., poi solo da quest’ultima, dopo la morte del marito, corrispondendo un canone alla figlia D.A. B., divenuta proprietaria per effetto della divisione.

Parte ricorrente riporta, quindi, il contenuto delle deposizioni dei testi escussi (dai quali si ricava che l’unico accesso alla terrazza avviene tramite l’appartamento già abitato da C.S., con la quale fino al 1974 aveva convissuto la figlia M.T.).

E conclude assumendo che la confusione del possesso delle due parti della terrazza (quella pacificamente di proprietà C. e quella rivendicata da G.G.A.) costituisce elemento rilevante dell’animus col quale è stato esercitato il possesso su di essa.

2.1. – Anche tale motivo è infondato.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema, chi intende avvalersi dell’accessione del possesso di cui all’art. 1146 c.c., comma 2, per unire il proprio possesso a quello del dante causa ai fini dell’usucapione, deve fornire la prova di aver acquisito un titolo astrattamente idoneo (ancorchè invalido o proveniente a non domino) a giustificare la traditio del bene oggetto della signoria di fatto, operando detta accessione con riferimento e nei limiti del titolo traslativo e non oltre lo stesso (Cass. nn. 22348/11, 12034/00, 6382/99, 6489/98, 9884/96 e 6552/81); pertanto, data la tipicità dei negozi ad efficacia reale, l’oggetto del trasferimento non può essere costituito dal mero potere di fatto sulla cosa (Cass. nn. 6353/10 e 8502/05).

2.1.1. – Nello specifico di cui si tratta, parte ricorrente neppure chiarisce quale sarebbe l’atto traslativo che le consentirebbe l’accessione del possesso così da compiere il ventennio necessario all’usucapione, nè, pertanto, lamenta una specifica carenza motivazionale al riguardo. Non per caso nessuna specifica censura (tale non essendo la mera rubricazione del motivo) è proposta verso la motivazione d’appello che sorregge l’accertamento delle vicende del bene e del relativo godimento a partire dall’atto di divisione notaio Mancuso del 21.7.1969, atto la cui portata negoziale, nei termini ricostruiti dalla Corte salentina, esclude, per il principio di diritto richiamato, un’accessio possessionis favorevole all’odierna ricorrente.

Ed escluso (in fatto) il presupposto perchè possa operare (in diritto) l’art. 1146, cpv. c.c., è irrilevante l’elemento soggettivo del possesso preteso in relazione all’intero lastrico solare, non meno di quanto lo sia il titolo della detenzione ritenuta, invece, nella sentenza impugnata.

3. – In conclusione il ricorso va respinto.

4. – Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali di studio, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2012
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