Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 25-06-2013, n. 27757

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. – Con decreto emesso in data 17 novembre 2011, depositata in cancelleria in pari data, il Giudice delle indagini preliminari di Firenze, rigettando la richiesta del Pubblico Ministero 15 novembre 2011 con la quale veniva chiesta l’applicazione della misura coercitiva e cautelare della custodia in carcere nei confronti di B.B. ed altri, dichiarava la propria incompetenza a decidere, quale giudice distrettuale, rilevando che il reato associativo nella fattispecie contestabile, stante la clausola di esclusione contenuta nel D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6 e quindi la qualificazione del fatto associativo ex art. 416 bis cod. pen., non rientrava nella propria competenza funzionale per non essere il medesimo ricompreso tra quelli enunciati all’art. 51 c.p.p., comma 3 bis e dell’art. 328 cod. proc. pen. sicchè competente a conoscere il medesimo era il giudice territoriale di Pisa, cui inviava gli atti per il tramite della locale Procura della Repubblica.

1.1 – Con decreto pronunciato in data 9 novembre 2012, il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Pisa dichiarava a sua volta la propria incompetenza rilevando che la cognizione del procedimento in questione spettava per contro al Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Firenze, cui trasmetteva gli atti per il tramite della locale Procura della Repubblica senza elevare conflitto negativo di competenza confutando però la qualificazione del fatto così come delineata dal Pubblico Ministero, posto che l’associazione individuata era tale da soddisfare la richiesta di un numero considerevole di acquirenti circostanza questa che faceva ricadere la fattispecie nell’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 1 di competenza del giudice distrettuale.

Motivi della decisione

3. – Il conflitto sussiste, in quanto due giudici contemporaneamente ricusano la cognizione del medesimo fatto loro deferito, dando cosi luogo a quella situazione di stallo processuale, prevista dall’art. 28 cod. proc. pen. e la cui risoluzione è demandata a questa Corte dalla norme successive. Il conflitto, ammissibile in rito, deve essere risolto mediante la dichiarazione di competenza del Giudice delle indagini preliminari distrettuale di Firenze.

3.1 – La previsione contenuta nell’art. 74, comma 6 cit. D.P.R. secondo cui sussiste un delitto associativo autonomo "se l’associazione è costituita per commettere i fatti descritti nell’art. 73, comma 5", significa propriamente che ha quale sua ratio, quella di istituire un regime sanzionatorio più lieve per le fattispecie associative ritenute di ridotta pericolosità nella misura in cui si realizzano esclusivamente condotte delittuose rientranti nell’ambito dei fatti di minima offensività. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte la circostanza attenuante speciale del fatto lieve prevista dall’art. 73, comma 5 cit. D.P.R. può essere riconosciuta infatti solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti ostativo, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, P.G. in proc. Rico, rndov.

247911) rimane avulso da questo criterio di giudizio l’elevato numero degli episodi di spaccio, l’attivismo degli associati, il rilevante numero dei tossicodipendenti riforniti, la tipologia delle sostanze trattate (eroina e cocaina) (Sez. 1, 19 dicembre 2012, n. 4875, rv.

254194, Abate e altri; n. 37983 del 2004 rv. 230372, n. 34475 del 2011 rv. 250352) come risulterebbe avvenuto dalla lettura dei capi di imputazione. E’ appena il caso infatti di rammentare che, ai fini della competenza territoriale, è al capo di imputazione, così come contestato (ancorchè in forma provvisoria come in questa fase) che occorre far riferimento. E questo perchè, com’è principio condiviso di questa Corte di legittimità, le questioni attinenti alla competenza per territorio sono trattate in generale, a pena di decadenza, sino a dopo compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento, ed esclusivamente con riferimento alla contestazione (definitiva), rimanendo poi insensibile la relativa statuizione anche a successive modificazioni, nel corso dell’istruttoria o in sentenza, a una derubricazione del reato (Cass., Sez. 3, 9 novembre 1990, n. 16086, B.).

Ne consegue che l’ipotesi delineata dal Pubblico Ministero di Firenze prevedendo i capi di imputazione la sola ipotesi di cui all’art. 74 cit., senza alcun riferimento alla ravvisabilità delle sole fattispecie di cui art. 73, comma 6 in relazione al comma 5 stesso articolo e medesimo D.P.R., rientra nella competenza funzionale del GIP distrettuale dello stesso Tribunale, cui vanno trasmessi gli atti per il giudizio.

P.Q.M.

dichiara la competenza del GIP del Tribunale di Firenze, cui dispone trasmettersi gli atti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2013
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