Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-08-2012, n. 14665

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 24.12.1996 B. L. citava in giudizio avanti al tribunale di Grosseto, T.F. deducendo di avere con lui stipulato in data 30.9.96 un contratto preliminare con il quale la medesima si obbligava ad acquistare al prezzo pattuito di L. 228.000.000 un appartamento di proprietà del secondo, posto al piano attico dell’edificio sito ad (OMISSIS), versando L. 35.000.000 a titolo di caparra confirmatoria. Precisava che il promittente venditore non l’aveva resa edotta che l’assemblea condominiale aveva già deliberato di dismettere l’impianto di riscaldamento centralizzato, con la conseguente necessità d’installare canne fumarie al servizio dei singoli impianti autonomi che sboccavano sul terrazzo panoramico; aggiungeva che, dopo la stipulazione del preliminare erano state effettivamente installate nuove canne fumarie nel menzionato terrazzo, che immettevano fumi nell’immobile, e che ne compromettevano l’uso ed il godimento.

Chiedeva quindi l’attrice al tribunale adito che pronunciasse ai sensi dell’art. 2932 c.c. il trasferimento in suo favore della proprietà dell’appartamento, previa determinazione del residuo prezzo di vendita, con condanna del promittente venditore al risarcimento dei danni.

Si costituiva il T. contestando la domanda attrice, assumendo di averla invece informata prima della stipula del contratto che il condominio aveva deliberato di sopprimere l’impianto di riscaldamento centralizzato rilevando che le canne fumaria già attraversavano il terrazzo dell’appartamento promesso in vendita e deducendo altresì che la B. si era rifiutata con pretesti vari a stipulare il contratto definitivo, nonostante numerose sollecitazioni e diffide.

Formulava quindi domanda riconvenzionale chiedendo dichiararsi il suo diritto di recedere da preliminare per inadempimento della B. ed a trattenere la somma ricevuta a titolo di caparra.

L’adito Tribunale con sentenza n. 857 del 29.12.2003 respingeva sia la domanda principale della B. che la riconvenzionale del T.. La sentenza veniva appellata dalla B. che insisteva sul fatto di non essere stata previamente informata all’atto della stipula del preliminare della delibera condominiale sopra evidenziata e della conseguente necessità d’installare le nuove canne fumarie dei singoli impianti autonomi.

Si costituiva il T. chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo a sua volta appello incidentale per sentire accogliere la sua domanda riconvenzionale di recesso dal contratto e di trattenere la somma ricevuta a titolo di caparra.

L’adita Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 607/06 depositata in data 21.3.206, rigettava l’appello principale proposto dalla B. ed in accoglimento di quello incidentale, dichiarava il diritto del T. di recedere dal contratto preliminare de quo e di trattenere la somma di L. 35.000.000 ricevuta a titolo di caparra confirmatoria. La corte distrettuale riteneva sulla base delle dichiarazione dei testi e della lettera 28.9.96 spedita al T. dalla B. due giorni prima della stipula del preliminare de quo, che quest’ultima era perfettamente a conoscenza di tutte le circostanze che poi ha dedotto per giustificare il suo rifiuto di stipulare il rogito definitivo e la domanda di riduzione del prezzo.

Riteneva quindi giustificato il recesso del T. in conseguenza dell’inadempimento della promissaria acquirente che non aveva voluto stipulare il rogito, nonostante le numerose diffide e solleciti ricevuti.

Per la cassazione la suddetta decisione ricorre la B. sulla base di 3 mezzi; resiste il T. con controricorso, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Giova precisare che il ricorso in esame è soggetto alla normativa introdotta dall’art. 366 bis c.p.c. oggi abrogata ma vigente all’epoca di presentazione del ricorso trattandosi di sentenza pronunciata in data 21.3.2006.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia il vizio di motivazione, e critica in sostanza l’interpretazione delle risultanze istruttorie da parte della corte; tale motivo è inammissibile in quanto privo del momento di sintesi di cui alla 2A parte del citato art. 366 bis c.p.c.; secondo il quale nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 il motivo deve contenere, a pena d’inammissibilità, "la chiara indicazione dei fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione". Questa S.C. al riguardo, ha ritenuto inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., per le cause ancora ad esso soggette, il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione qualora non sia stato formulato il cd.

quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la "ratio" che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (Cass. n. 24255 del 18/11/2011; Cass. n. 3248 del 02/03/2012).

Quanto al 2 ed il 3 motivo (violazione degli artt. 1375 e 1175 c.c. e spese di lite) manca del tutto la formulazione del relativo quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. per cui essi sono inammissibili.

Conclusivamente il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.

Per il principio della soccombenza le spese processuali sono poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui e 2.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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