Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 25-06-2013, n. 27755

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Svolgimento del processo
1. – Con sentenza deliberata in data 29 novembre 2010, depositata in cancelleria il 30 novembre 2010, il Tribunale di Genova applicava a A.O., ex art. 444 cod. proc. pen., per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter la pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione con sostituzione della pena detentiva con la libertà controllata per il doppio della durata.
2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione A.O. chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all’art. 129 cod. proc. pen..
Motivi della decisione
3. – La fattispecie che punisce la condotta di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento del questore, ancorchè posta in essere prima della scadenza dei termini per il recepimento della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, deve considerarsi non più applicabile nell’ordinamento interno, a seguito della pronuncia della Corte di giustizia U.E. 28 aprile 2011 (nell’ambito del processo xxx, C- 61/11PPU), che ha affermato l’incompatibilità di detta norma incriminatrice con la predetta normativa comunitaria, determinando effetti sostanzialmente assimilabili alla "abolitio criminis": con la conseguente necessità di dichiarare, nei giudizi di cognizione, che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, e fare ricorso in sede di esecuzione – per via di interpretativa estensiva – alla previsione dell’art. 673 cod. proc. pen. (cft. Sez. 1, 28 aprile 2011, n. 22105 e 29 aprile 2011, n. 20130). Il decreto L. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazioni in L. 2 agosto 2011, n. 129 – recante disposizioni urgenti per il completamento dell’attuazione alla direttiva suindicata sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva sul rimpatrio di cittadini di paesi terzi irregolari – ha quindi novato la fattispecie (sostanzialmente confermando l’intervenuta abolitio criminis). La nuova formulazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, introdotta con l’intervento normativo suindicato, non realizza infatti una continuità normativa con la precedente disposizione, non soltanto per lo iato temporale intercorrente con l’effetto della direttiva, ma anche per la diversità strutturale dei presupposti e la differente tipologia della condotta necessari ad integrare l’illecito delineato. Sul punto basterà ricordare che oggi alla intimazione di allontanamento si può pervenire solo all’esito infruttuoso dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria e allo spirare del periodo di trattenimento presso un centro a ciò deputato (CIE). Il D.L. citato ha istituito dunque una nuova incriminazione, applicabile solo ai fatti verificatisi dopo l’entrata in vigore della novella. L’intervenuta abolitici criminis, impone quindi di risolvere il problema che si pone nella presente fattispecie, connotata dalla particolarità della inammissibilità del ricorso (avendosi riguardo a sentenza di applicazione della pena richiesta dalla stesso imputato, con motivazione che, ancorchè succinta, sarebbe in astratto adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni), nel senso che l’incompatibilità è destinata a prevalere anche sulla causa di inammissibilità del ricorso, in quanto alla impossibilità di rilevare cause di non punibilità in costanza di ricorso inammissibile, resistono le ipotesi di successione di leggi, riconducibili all’art. 2 cod. pen. La nozione di condanna, ricavabile da tale norma in combinato con l’art. 673 cod. proc. pen., non può essere difatti che ricondotta al giudicato formale e ciò comporta che, fin tanto che esso non si è formato, spetta al giudice della cognizione prendere atto, in particolare, della intervenuta abolitio criminis e annullare la condanna per fatto divenuto privo di rilievo penale.
4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 620 cod. proc. pen. come da dispositivo.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato non è previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2013

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