Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 25-06-2013, n. 27753

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. – Con sentenza deliberata in data 24 novembre 2011, depositata in cancelleria il 9 dicembre 2011, il Tribunale di xxx, decidendo in sede di rinvio disposto ex art. 627 cod. proc. pen. dalla Corte di Cassazione – che con sentenza 17 febbraio 2009 aveva dichiarato l’annullamento della sentenza del medesimo Tribunale in data 14 dicembre 2009 – confermava la sentenza del Giudice di Pace di Tirano 29 maggio 2009 che aveva dichiarato O.M. responsabile del reato ascrittole sub capo B) (art. 582 cod. pen.) condannandola, concesse le attenuanti generiche, alla multa di Euro 350,00.
Questa Corte di legittimità, nella sentenza detta, aveva rilevato un difetto motivazionale con riferimento alla richiesta difensiva attinente alla rinnovazione del dibattimento (si trattava della richiesta di esaminare le dottoresse U. e P. dell’ASL di xxx sull’attendibilità della minore messa in dubbio dal giudice di secondo grado) che avrebbe consentito di asseverare la non colpevolezza della prefata, posto che detta prova non avrebbe dovuto ritenersi preclusa per il solo fatto che la O. fosse decaduta dalla medesima, giusta l’esercitabilità del potere istruttorio ex officio da parte del giudice ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen..
Il giudice del rinvio rilevava tuttavia che, a prescindere dall’intervenuta decadenza cui Indubbiamente era incorsa l’imputata, l’esame testimoniale era da ritenersi del tutto ininfluente dal momento che avrebbe consentito tutt’al più di attestare la mera attendibilità generica della minore, vale a dire sotto il profilo squisitamente personologico, che non era però in discussione. Nella fattispecie, come ben chiarisce il giudice di merito, non doveva infatti essere esaminata l’attendibilità della P. come persona minore, bensì la sua credibilità nello specifico, per il fatto che fosse figlia dell’imputata e dunque da ritenersi comprensibilmente in condizioni tali da rendere dichiarazioni compiacenti e liberatorie nei confronti della madre. Peraltro nessuna delle due testimoni aveva assistito ai fatti.
2. – Avverso il citato provvedimento ha interposto tempestivo ricorso per cassazione O.M. chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.
In particolare è stato rilevato dalla ricorrente che il giudice aveva ammesso ma non aveva provveduto alla citazione dei testi, sicchè non avrebbe dovuto intervenire la decadenza per la sola omessa citazione. Inoltre, mancando di esaminare i due testi come indicato dalla Corte di Cassazione, il Tribunale aveva omesso di uniformarsi al dictum della sentenza di annullamento avendo dovuto provvedere all’integrazione ex officio ovvero quantomeno motivare in relazione al diniego della rinnovazione.
Motivi della decisione
3. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.
3.1 – Occorre preliminarmente rilevare che la decisione di annullamento con rinvio della Corte di Cassazione riguarda non la problematica attinente al difetto autorizzativo da parte del primo giudice in ordine all’esame delle due testimoni (questione che pur era stato oggetto di ricorso ma che era stata respinta) quanto piuttosto, come si evince dalla lettura della sentenza di annullamento, la carenza motivazionale rilevata nella decisione annullata per non essersi il giudice fatto carico, in modo argomentativo, della possibilità di recuperare la prova decaduta e di farla propria ex officio, dopo la valutazione della sua necessità ex art. 603 cod. proc. pen. qualora avesse ritenuta l’incompletezza dell’indagine dibattimentale.
E tale lacuna argomentativa è stata pienamente colmata dal giudice del rinvio il quale, con ampia ed esaustiva motivazione, ha dato contezza non solo della non decisività della prova ma anche della superfluità della medesima, posto che il richiesto sfogo alcuna incidenza avrebbe avuto sulla valutazione dell’attendibilità della minore, le cui dichiarazioni sarebbero rimaste, nell’ambito del poter discrezionale di apprezzamento del materiale probatorio da parte del giudice, non credibili per la particolare condizione di parte lesa e di figlia dell’imputata. E l’attendibilità insufficiente della minore, in questo senso, aveva peraltro costituito già oggetto di logica e non contraddittoria valutazione discrezionale da parte del giudice di primo grado, e che poi era stata confermata in grado di appello con la sentenza oggi gravata.
E’ poi appena il caso di rammentare che l’istruzione dibattimentale, nel giudizio di appello, costituisce un istituto eccezionale fondato sulla presunzione che l’indagine istruttoria sia stata esauriente con le acquisizioni del dibattimento di primo grado sicchè il potere del giudice di disporre la rinnovazione è subordinato alla rigorosa condizione che egli ritenga, contro detta presunzione, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (Cass., Sez. Un., 24 gennaio 1996, xxx; Sez. 1, 11 novembre 1999, xxx e altro). E’ giurisprudenza consolidata di questa Corte ritenere che l’esercizio di un simile potere è affidato al prudente apprezzamento del giudice di appello restando incensurabile nel giudizio di legittimità se adeguatamente motivato (Sez. 3, 29 luglio 1993, n. 7908, xxx, rv. 194487; Sez. 1, 15 aprile 1993, xxx). Ed è altresì consolidato principio di questa Corte ritenere, che la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio d’appello può costituire violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado (art. 603 c.p.p., comma 2) (Cass., Sez. 5, 8 maggio 2008, n. 34643, P.G. e xxx e altri, rv. 240995) ipotesi qui non riscontrabile, mentre l’error in procedendo è rilevante ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) e configurabile soltanto quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le motivazioni addotte a sostegno della sentenza impugnata, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una decisione diversa;
la valutazione in ordine alla decisività della prova deve essere compiuta accertando se i fatti indicati dalla parte nella relativa richiesta fossero tali da poter inficiare le argomentazioni poste a base del convincimento del giudice di merito (ex plurimis, Cass., Sez. 4, 14 marzo 2008, n. 23505, xxx, rv. 240839). L’accoglimento della prova richiesta, nello specifico vaglio del giudice di rinvio, non avrebbe dunque sortito alcun concreto progresso nell’accertamento della verità stante anche la doverosa ottemperanza, in carenza di una effettiva esigenza accertativa, del cogente principio della ragionevole durata del processo, la cui elaborazione giurisprudenziale da parte della Corte di Strasburgo, nell’interpretazione dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ha condotto al riconoscimento nel nostro ordinamento del relativo principio con la riforma costituzionale del 1999.
4. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la con-danna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2013
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