Corte di Cassazione – Sentenza n. 14872 del 2011 Inidoneo alle mansioni di autista

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza qui impugnata la Corte d’appello di Torino, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato in data 18 ottobre 2006 a M.C., dipendente della A. Trasporti s.p.a., per sopravvenuta inidoneità alle mansioni di autista internazionale e, per l’effetto, condannava la società datrice di lavoro al risarcimento dei danni liquidati in cinque mensilità dell’ultima retribuzione di fatto. In particolare, la Corte di merito rilevava che: l’effettuazione della visita medica, che aveva accertato la inidoneità, presso una struttura pubblica non impediva l’impugnazione giudiziale; a prescindere, peraltro, dalla sussistenza, o meno, della idoneità fisica allo svolgimento delle mansioni, la società non aveva assolto all’onere di provare la impossibilità di reimpiego, che. d’altra parte, era risultato nel corso del giudizio che presso la A. Trasporti venivano impiegati numerosi dipendenti con funzioni diverse da quelle di autista; la domanda era stata “ridotta” in udienza da parte del lavoratore, sì che doveva farsi luogo esclusivamente al risarcimento del danno, pari a cinque mensilità di retribuzione.
2. Avverso questa decisione il M. propone ricorso per cassazione con due motivi di impugnazione: la società A. Trasporti s.p.a. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, anch’essa con due motivi, cui il lavoratore resiste, a sua volta, con controricorso. La società ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Considerato in diritto

1. In via preliminare, i ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., perché proposti avverso la stessa sentenza.
2. Il ricorso principale si articola in due motivi.
2.1. Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di motivazione, il lavoratore lamenta che la Corte di merito, nel dichiarare l’illegittimità del recesso, abbia omesso di pronunciare sulla domanda di reintegrazione nel posto di lavoro, puntualmente proposta e mai abbandonata nel corso del giudizio (la riduzione della domanda riguardando solo l’entità del risarcimento in ragione dell’aliunde perceptum).
2.2. Con il secondo motivo si lamenta, ugualmente, la mancata reintegrazione, sotto il profilo della violazione dell’art. 18 legge n. 300 del 1970 e del vizio di motivazione.
3. 11 ricorso incidentale si articola, anch’esso, in due censure.
3.1. Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 17 d.lgs. n. G2G del 1994 e vizio di motivazione, si sostiene che il giudizio di inidoneità fisica emesso dalla commissione medica prevista da tale norma precludeva un diverso accertamento in sede giudiziale; il giudice di merito, comunque, aveva anche omesso alcun accertamento in ordine alla inidoneità.
3.2. Col secondo motivo, denunciando violazione degli art. 414 c.p.c. e 5 legge n. 604 del 1966, si sostiene che la datrice di lavoro era sollevata dall’onere di provare l’impossibilità di reimpiego in altre mansioni, che sarebbe spettato al lavoratore indicare le mansioni equivalenti disponibili e allegare la propria disponibilità allo svolgimento delle medesime.
4. Per ordine logico delle questioni proposte, deve esaminarsi dapprima il ricorso incidentale, in quanto relativo alla legittimità, o meno, del licenziamento.
1.1. Tale ricorso non è fondato in alcun profilo.
4.1.1. La censura relativa all’ammissibilità del giudizio di inidoneità fisica, nonché all’omesso accertamento delle condizioni fisiche del lavoratore, è inammissibile per inconferenza rispetto al decisimi, poiché la decisione della Corte d’appello ha ritenuto, esplicitamente, di prescindere dalla sussistenza, o meno, di tale inidoneità, essendo assorbente, in ogni caso, il mancato assolvimento dell’onere di reimpiego.
4.1.2. La censura relativa a tale onere è priva di fondamento, in quanto, per la consolidata giurisprudenza di questa Corte, richiamata dalla stessa ricorrente, in caso di licenziamento illegittimo per giustificato motivo il datore di lavoro ha l’onere di provare l’impossibilità di reimpiego in altre mansioni (cfr., da ultimo, Cass. n. 8832 del 2011). mentre al lavoratore non può addossarsi altro onere che quello di allegazione della nuova possibilità di lavoro, dovendosi, appunto, tener conto dei concreti aspetti della vicenda e delle allegazioni del lavoratore attore in giudizio (cfr. Cass. n. 15500 del 2009). È invece inammissibile la configurazione di oneri ulteriori, come l’indicazione degli specifici posti disponibili, che presupporrebbe la necessaria conoscenza dei complessivi assetti aziendali e renderebbe difficoltosa l’allegazione in giudizio riguardo alla possibilità di essere occupato in mansioni diverse da quelle originarie, divenute incompatibili con le condizioni fisiche del prestatore. Nella specie, d’altra parte, non risulta che la datrice di lavoro abbia contestato le modalità dell’allegazione, risultando, invece, dalla decisione qui impugnata, l’assoluta genericità delle deduzioni e delle articolazioni istruttorie di parte datoriale riguardo alla questione del reimpiego. Infine, l’accertamento della Corte di merito in ordine alla effettiva possibilità di diversa occupazione del dipendente è preciso, specifico e puntuale, essendo emersa, in particolare, la disponibilità in azienda di un gran numero di posti non comportanti mansioni di autista.
1.1.3. Il ricorso incidentale è pertanto rigettato.
F). L’esame congiunto dei motivi del ricorso principale rivela la fondatezza delle censure proposte dal lavoratore, nei limiti delle considerazioni seguenti.
La statuizione di condanna a cinque mensilità di retribuzione consegue, nella decisione impugnata, alla constatazione della avvenuta riduzione della domanda, ma non viene specificato se tale riduzione abbia riguardato anche la originaria richiesta di reintegrazione, ovvero solo l’entità del risarcimento (in relazione al riconoscimento attoreo dell’aliunde perceptim); in ogni caso, la qualificazione del residuo petitum come mera pretesa risarcitoria avrebbe richiesto una qualche valutazione, in ordine alla configurazione della volontà espressa dalla parte, ai fini della effettività della tutela richiesta, specialmente nell’ambito di un giudizio vertente sulla tutela reale del prestatore, divenuto fisicamente inidoneo allo svolgimento delle mansioni lavorative.
6. Ne consegue che per tale ultimo profilo il ricorso principale è accolto e la decisione impugnata è cassata, con rinvio della causa alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione. Lo stesso giudice di rinvio pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie quello principale e rigetta l’incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Depositata in Cancelleria il 06.07.2011

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