Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 25-06-2013, n. 27750

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. – Con sentenza deliberata In data 23 ottobre 2012, depositata in cancelleria il 22 novembre 2012, in parziale riforma della sentenza 20 gennaio 2004 del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Treviso, su appello del Pubblico Ministero, dichiarava F. M. responsabile del reato di cui al capo A (reato di cui alla L. n. 895 del 1967, art. 2) e, concesse le attenuanti generiche, ritenuta la diminuente del rito abbreviato eletto, lo condannava alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 800,00 di multa.

1.1. – Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata, F.M., a seguito del suo arresto in flagranza del reato di concorso in estorsione aggravata in data (OMISSIS) effettuato dalla Squadra Mobile della Questura di (OMISSIS), veniva eseguita una perquisizione presso la Caserma dei Carabinieri a (OMISSIS) dove il F. prestava servizio come appuntato scelto, accesso in costanza del quale si perveniva al rinvenimento, all’interno di una cassetta metallica chiusa a chiave e aperta dallo stesso F., una pistola semiautomatica Walther P38 cal 9×19 Parabellum e 92 munizioni cal. 9×19.

1.2. – Il giudice di merito chiariva che il prefato, nel corso dell’interrogatorio di garanzia del 21 ottobre 2002 affermava che, nel mese di (OMISSIS) dello stesso (OMISSIS), mentre si trovava a passeggiare con il proprio cane, aveva rinvenuto, all’interno di una tubazione, un grosso sacco giallo che conteneva la pistola in questione. Non essendo pratico di armi contattava il comandante S., in ferie, il quale gli diceva di portare l’arma in caserma e di consegnarla al responsabile dell’armeria o di riporta in luogo sicuro che, al suo rientro, avrebbe provveduto alla stesura degli atti. Il comandante S., sentito a sommarie informazioni testimoniali, confermava la circostanza. Quanto alle munizioni, riferiva di averle trovate in giro per la caserma.

La Corte territoriale, non condividendo le conclusioni del primo giudice che, ritenendo che il F. non avesse avuta l’effettiva autonoma disponibilità della pistola e sulle munizioni, sicchè era da ritenersi meritevole di una pronuncia assolutoria, rilevava che la cassetta in cui era riposta l’arma era di esclusiva disponibilità del soggetto (che ivi l’aveva tenuta per più di un mese), mentre non era credibile che le munizioni fossero state trovate in giro per la caserma atteso che le stesse erano state rinvenute con i relativi contenitori.

2. – Avverso il citato provvedimento ha interposto tempestivo ricorso per cassazione F.M. chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.

In particolare sono stati sviluppati dal ricorrente due motivi:

a) con il primo motivo di doglianza veniva rilevata l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, contraddittorietà e illogicità manifesta e mancanza di motivazione; il giudice di secondo grado non ha chiarito come potesse essere compatibile con il reato il fatto che il F. avesse nell’immediatezza del fatto inviato un sms al comandante S. adempiendo poi quanto il superiore gli aveva prescritto e che tale circostanza era stata confermata, anche dagli accertamenti di polizia giudiziaria;

b) con il secondo motivo di censura veniva rilevato che l’armadio ove il F. aveva riposto sia l’arma che le munizioni erano nella disponibilità anche di altre persone, sicchè doveva ritenersi non sussistere un’apprezzabile signoria sull’arma;

c) con il terzo motivo di gravame veniva contestato che l’arma in questione potesse essere ritenuta arma da guerra atteso che la L. 110 del 1975, art. 2 comma 1, lett. a) ha provveduto a classificare come armi comuni da sparo le armi da fuoco 3 semiautomatiche o a ripetizione camerate per il munizionamento del cal. 9×19 parabellum.

2.1 – Con memoria difensiva avanzata, ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., e fatta pervenire a mezzo fax in data 3 aprile 2013, il prefato ha ripreso e approfondito le doglianze già espresse In ricorso, Insistendo per l’accoglimento delle medesime.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.

3.1 – Secondo una risalente giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, ma mai contraddetta da successive pronunce, non viene meno l’elemento psicologico dei delitti di porto e detenzione di armi allorchè l’agente sia animato dal proposito di consegnare armi casualmente ritrovate all’autorità competente ove tale proposito non sia immediatamente attuato e la detenzione ed il porto si prolunghino per un tempo apprezzabile e superiore a quello necessario e sufficiente per informare l’autorità del ritrovamento (Cass., Sez. 1, 7 aprile 1982, n. 7991, rv. 155077, Lo Rosso).

Ed è in ossequio a questo principio che il giudice di merito ha ritenuto la responsabilità del prefato. Nella fattispecie il F. non aveva provveduto immediatamente a mettere l’arma a disposizione dell’autorità essendosi limitato a contattare un proprio superiore per denunciare il fatto e chiedere come doveva comportarsi per poi tenere per mesi l’arma nell’armadio della caserma in una cassetta di sua esclusiva disponibilità. In altre parole l’arma è rimasta sempre nella detenzione del pubblico ufficiale carabiniere che l’aveva sì rinvenuta sulla pubblica via, ma senza che della stessa si fosse spogliato nei modo di legge non provvedendo nè a formalizzare il sequestro, nè a consegnare l’arma.

E’ appena il caso di rammentare che la L. n. 110 del 1975, art. 20 stabilisce l’obbligo per chiunque rinvenga un’arma, o parte di essa, di effettuarne immediato deposito della medesima (secondo le modalità che devono essere concordate con l’organo di Polizia) presso il locale Ufficio di Pubblica Sicurezza o, in mancanza, presso il più vicino comando dei Carabinieri; il F., che in quanto carabiniere aveva per giunta l’obbligo di legge di prelevare l’arma (peraltro anche da guerra) dal luogo ove l’aveva rinvenuta, aveva altresì l’obbligo ulteriore di portarla immediatamente in caserma per il deposito e le formalità consequenziali; un’arma smarrita deve essere infatti oggetto di provvedimento reale cautelare quantomeno come corpo del reato di omessa custodia dell’arma e di omessa denunzia dello smarrimento da parte del suo detentore, sicchè occorreva che in relazione alla stessa, venissero effettuati tutti gli accertamenti necessari per risalire al proprietario.

Nulla quaestio invece In relazione alle munizioni, posto che le medesime sono in dotazione numerata a ciascun militare e delle stesse deve rispondere sia in caso di utilizzo che di smarrimento, sicchè delle stesse avrebbe dovuto dare parimenti conto del loro ritrovamento. Peraltro, come ben argomenta il giudice, la versione a discarico del prevenuto, di aver rinvenuto le munizioni in giro per la caserma, quando invece sono state sequestrate con la relativa confezione, è inverosimile.

Infine va osservato che la L. n. 110 del 1975, art. 5, comma 1, lett. a) non ha affatto provveduto, come assume la difesa, a classificare come armi comuni da sparo le armi da fuoco semiautomatiche o a ripetizione camerate per il munizionamento del cal. 9×19 parabellum;

la legge stabilisce semmai che "salvo che siano destinate alle forze armate non è consentita la fabbricazione, l’introduzione nel territorio dello stato e la vendita di armi da fuoco semiautomatiche o a ripetizione camerate per il munizionamento 9×19. Nei casi consentiti è richiesta la licenza … " Ne consegue che l’arma in questione, in mancanza di contraria previsione normativa, è da guerra.

4. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost, sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2013

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