Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-08-2012, n. 14659

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Svolgimento del processo

Con citazione del 17/6/2000 Me.Da., Me.Va., Me.Gi. e Me.Sa., quali comproprietari, iure successionis, di alcuni fondi e fabbricati convenivano in giudizio S.P., S.C., D.M., Me.Lu.

A., M.L. e M.R. quali comproprietari dei fondi e fabbricati comuni, per chiedere l’accertamento della intervenuta usucapione della loro proprietà esclusiva a seguito di possesso ultraventennale esercitato prima dal loro padre e poi da loro stessi.

Si costituivano soltanto M.L. e M.R. che contestavano le avversarie domande e proponevano riconvenzionale diretta ad ottenere la declaratoria di usucapione delle quote dei comproprietari in relazione ad alcuni beni. Il Tribunale di Udine, sezione distaccata di Cividale, con sentenza del 9/5/2002 accertava l’acquisto per usucapione dei beni de quibus come richiesto dagli attori principali.

M.L. e M.R. proponevano appello al quale resistevano gli attori principali che proponevano appello incidentale dolendosi della compensazione delle spese da parte del primo giudice.

La Corte di Appello di Trieste con sentenza del 16/12/2005 rigettava sia l’appello principale che l’appello incidentale.

M.L. e M.R. propongono ricorso affidato a due motivi che si concludono con la formulazione (per ciascun motivo) di due quesiti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis; inoltre depositano memoria.

Resistono con controricorso gli intimati Me.Da., M. V., Me.Gi. e Me.Sa. e depositano memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo le ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 1165 e 2943 c.c. sostenendo:

– di essere intervenute nel giudizio promosso da Me.Va.

e Me.Sa. per il riconoscimento della usucapione speciale ex lege n. 346 del 1976 (che ha introdotto l’art. 1159 bis c.c.) e di essersi opposte alla loro domanda intervenendo nel giudizio di opposizione proposto da S.P., S.C. e M. G.;

– che all’opposizione al riconoscimento dell’acquisto della proprietà doveva essere attribuito, ai sensi degli artt. 1165 e 2943 c.c. natura di atto interruttivo del corso dell’usucapione trattandosi di domanda proposta nel corso del giudizio, come previsto dall’art. 2943 c.c. richiamato dall’art. 1165 c.c.. In relazione al motivo formulano il quesito diretto a stabilire se l’atto di opposizione all’accertamento dell’usucapione sia idoneo a interrompere il corso del possesso utile all’usucapione e se la stessa efficacia abbia anche l’atto di intervento (nel quale si dichiara di aderire all’opposizione per insussistenza dei presupposti dell’usucapione) nel giudizio di opposizione proposto da altri soggetti nei cui confronti sia stata formulata domanda di usucapione.

1.1 Il motivo è infondato e ai quesiti occorre dare risposta negativa.

Infatti, costituisce orientamento consolidato di questa Corte il principio secondo cui in tema di possesso ad usucapionem, con il rinvio fatto dall’art. 1165 c.c., all’art. 2943 c.c., la legge elenca tassativamente gli atti interruttivi, cosicchè non è consentito attribuire efficacia interruttiva ad atti diversi da quelli stabiliti dalla norma, per quanto con essi si sia inteso manifestare la volontà di conservare il diritto, giacchè la tipicità dei modi di interruzione della prescrizione non ammette equipollenti (Cass. 12/9/2000 n. 12024; Cass. 21/5/2001 n. 6910; Cass. 1/4/2003 n. 4892;

Cass. il 11/6/2009 n. 13625).

D’altra parte, come pure ripetutamente affermato da questa Corte, non può riconoscersi efficacia interruttiva del possesso se non ad atti giudiziali diretti ad ottenere "ope iudicis" la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapente (v. Cass. 23/12/2010 n. 26018) o comunque ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa; proprio dal limite di compatibilità con la natura dell’usucapione che l’art. 1165 c.c. pone all’applicazione del rinvio alle disposizioni generali sulla prescrizione, si ricava che non può esservi interruzione dell’usucapione senza la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa o senza atti giudiziari diretti a privare il possessore del possesso; in coerenza agli evidenziati principi questa Corte (Cass. 19/6/2003 n. 9845) ha rilevato che neppure la messa in mora o la diffida (pur considerati interruttivi della prescrizione dall’art. 2943 c.c. richiamato dall’art. 1165 c.c.) possono costituire atti interruttivi dell’usucapione.

Ne discende che correttamente e senza violazione dei principi sopra enunciati il giudice di appello ha ritenuto che non poteva costituire atto interruttivo dell’usucapione l’atto di intervento nel procedimento di opposizione alla domanda di usucapione abbreviata (ma, sulla base dei principi sopra richiamati, a non diversa soluzione si giunge anche qualificando l’intervento come atto di opposizione) non implicando, tale atto (neppure rivolto nei confronti di due dei quattro attori) una domanda diretta al concreto recupero del godimento (sia pure nei limiti fissati dall’art. 1102 c.c. per il godimento della cosa comune) del bene in tesi posseduto e goduto in via esclusiva dai comproprietari che chiedono la declaratoria di usucapione contro gli altri comproprietari esclusi dal possesso.

2. Con il secondo motivo le ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 1165 e 2943 c.c. sostenendo che l’opposizione all’usucapione abbreviata proposta da S.P., S.C. e Me.Gi. costituiva domanda giudiziale idonea a interrompere l’usucapione e che pertanto la domanda di usucapione avrebbe dovuto essere rigettata difettando il requisito dell’ultraventennalità del possesso; l’effetto interruttivo dell’usucapione si era verificato (a dire delle ricorrenti) nei confronti di tutti i comproprietari convenuti e non solo nei confronti dei comproprietari che si erano opposti all’usucapione e avrebbe dovuto essere rilevato di ufficio dal giudice.

In relazione al motivo formulano il quesito diretto a stabilire se l’atto di opposizione all’accertamento dell’usucapione L. n. 346 del 1976, ex art. 3 sia idoneo a interrompere il corso del possesso utile all’usucapione e se l’interruzione sia rilevabile di ufficio dal giudice.

2.1 Il motivo è infondato (e al quesito occorre dare risposta negativa) per le stesse ragioni espresse nel rigettare il primo motivo, ossia l’inidoneità dell’opposizione all’usucapione abbreviata a interrompere l’usucapione ordinaria non incidendo sul protrarsi del possesso esclusivo in mancanza di domanda diretta a privare il possessore del possesso o comunque del possesso esclusivo dopo l’accertata interversione del possesso uti condominus nel possesso uti dominus.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti M.L. e M.R. a pagare ai controricorrenti Me.Da., Me.Va., Me.Gi. e Me.Sa. le spese di questo giudizio di Cassazione che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2012

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