Corte di Cassazione – Sentenza n. 26247 del 2011 Inutilizzabili se il P. M. non le ha consegnate al difensore prima del riesame

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

Il Tribunale del riesame di Roma, con ordinanza in data 24 giugno 2010, in riforma dell’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Latina in data 8 giugno 2010, sostituiva, nei confronti di P.E.A., V.G. e I.P., I.T., indagato, il primo, per usura, estorsione consumata e tentata e calunnia, e gli altri per usura, la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari. Proponevano autonomi ricorsi per cassazione i difensori degli indagati deducendo i seguenti motivi comuni:
1) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) e/o e) per nullità relativa alla violazione del diritto di difesa ex art. 178 c.p.p., lett. c) e artt. 179 e 180 c.p.p. in relazione all’art. 309 c.p.p., comma 9 per ingiustificato rifiuto da parte del P.M. di consegnare al difensore la trasposizione su supporto informatico delle registrazioni poste a base della misura cautelare;
2) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) e/o e) per totale inutilizzabilità delle intercettazioni ex artt. 268 e 271 c.p.p., svolte presso il centro intercettazioni telefoniche del Tribunale di Roma, con ascolto remotizzato presso il Nucleo investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma, e non, invece, presso la Procura della Repubblica di Roma;
3) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) e/o e) in relazione agli artt. 234, 191 e 291 c.p.p. e del diritto di difesa per nullità e/o inutilizzabilità delle registrazioni relative alla conversazione tra presenti, non risultando depositato l’originale del supporto magnetico delle conversazioni, equiparate a documenti;
4) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) e/o e) in relazione all’art. 273 c.p.p., art. 292 c.p.p., comma 1, lett. c) – c bis), comma 3 ter, art. 125 c.p.p., comma 3, per totale sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati rispettivamente contestati;
5) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) e/o e) in relazione agli artt. 274 e 275 c.p.p., art. 292 c.p.p., comma 1, lett. c) – c bis), comma 3 ter, art. 125 c.p.p., comma 3 per omessa, contraddittoria e manifesta incongruenza circa la valutazione delle esigenze cautelari e dei criteri di scelta applicativi della misura cautelare.
Con Sentenza in data 25/11/2010, questa Corte statuiva in ordine alla posizione di V.G., I.P. e P.E.A., disponendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame, omettendo di pronunziarsi sulla posizione di I.T. Di conseguenza veniva fissata l’odierna udienza per l’esame del ricorso del solo I.T.

Considerato in diritto

Questa Corte si è già pronunziata sulla vicenda in esame con la sentenza n. 44383 (ud. Del 25/11/2010), depositata il 16/12/2010.
Di seguito si riporta il testo della motivazione della sentenza che questo Collegio condivide e fa propria.
“1) Con riferimento al primo motivo di ricorso occorre verificare se il comportamento del P.M., che non ha provveduto sull’istanza presentata dalla difesa allo stesso RM. procedente, non effettuando la richiesta trasposizione, integri una violazione del diritto di difesa La ragione della denunciata inutilizzabilità è ravvisata, dal difensore ricorrente, nel fatto che non furono posti a sua disposizione, prima dell’udienza di riesame, i supporti contenenti le registrazioni e non venne, pertanto, consentita allo stesso difensore la verifica della corrispondenza delle trascrizioni di queste registrazioni con quanto desumibile dall’ascolto diretto dei dialoghi intercettati.
Ritiene questo Collegio che sussista il diritto “costituzionalmente protetto della difesa di conoscere le registrazioni poste a base del provvedimento eseguito”, con conseguente possibilità di ottenere copia della traccia fonica, trattandosi di “diritto incondizionato”, il cui esercizio è preordinato allo scopo di esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 336/2008 ha stabilito che “il giudice delle leggi ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 268 c.p.p. nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura personale cautelare, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate, senza però stabilire alcun termine entro il quale tale adempimento debba essere assolto”.
L’intervento della Corte Costituzionale (che ha richiamato anche il principio dalla stessa espresso nella propria sentenza del 17-24 giugno 1997, n. 192, che ebbe a dichiarare la illegittimità costituzionale dell’art. 293 c.p.p., comma 3, nella parte in cui non prevedeva la facoltà per il difensore di estrarre copia, insieme all’ordinanza che ha disposto la misura cautelare, della richiesta del pubblico ministero e degli atti presentati con la stessa) ha riguardato solo l’art. 268 c.p.p., in tema di esecuzione delle operazioni di intercettazione; integro, perciò, rimane l’assetto normativo delineato dall’art. 309 c.p.p., in tema di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva, ma è di tutta evidenza come quella regola affermata dal Giudice delle leggi incida, poi, (anche) sulla procedura di riesame, segnatamente sotto il versante dell’esercizio del diritto di difesa, delle prospettazioni di merito in quella sede proponibili, del controllo attuale del giudice sulla sussistenza degli elementi giustificativi della misura cautelare, alla stregua della evidenza procedimentale delineata e concretizzata dagli atti tutti al riguardo presentati dal Pubblico Ministero a supporto della richiesta di emissione del provvedimento coercitivo, cosi stabilendo, in sostanza, un obbligo per il pubblico ministero, a richiesta della parte, di completa discovery del mezzo di prova utilizzato ai fini della imposizione della misura cautelare, con l’effetto, tra l’altro, di configurare, sia pure limitatamente alla sola materia delle intercettazioni, il diritto previsto dall’art. 293 c.p.p., comma 3, non più solo come strumento di conoscenza degli elementi su cui è fondata l’ordinanza cautelare, ma come diritto alla piena conoscenza degli elementi che il giudice ha utilizzato nell’emettere il provvedimento restrittivo della libertà personale. Va, quindi, salvaguardato l’effettivo esercizio del diritto di accesso riconosciuto dal Giudice delle leggi e le conseguenze che il suo mancato riconoscimento determina nei procedimenti de libertate. Recentemente anche le Sezioni Unite hanno rilevato, in tema di riesame, l’illegittima compressione del diritto di difesa, derivante dal rifiuto o dall’ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore, prima del loro deposito ai sensi dell’art. 268 cod. proc. pen., comma 4 l’accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei cosiddetti brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell’adozione di un’ordinanza di custodia cautelare, da luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., lett. c), in quanto determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova, che non inficia l’attività di ricerca della stessa ed il risultato probatorio, in sé considerati. Ne consegue che, qualora tale vizio sia stato ritualmente dedotto in sede di riesame ed il Tribunale non abbia potuto acquisire il relativo supporto fonico entro il termine perentorio di cui all’art. 309 c.p.p., comma 9, le suddette trascrizioni non possono essere utilizzate come prova nel giudizio “de libertate”. (In motivazione, la Corte ha altresì precisato che l’eventuale annullamento del provvedimento cautelare, per le ragioni testé indicate, non preclude al G.I.P. di accogliere una nuova richiesta cautelare, se corredata dal relativo supporto fonico), (Sez. U, Sentenza n. 20300 del 22/04/2010 Cc. (dep. 27/05/2010) Rv. 246907) Va, quindi, affermato che al diritto del difensore di accedere alle registrazioni corrisponde un obbligo del pubblico ministero di assicurarlo. La Corte, difatti, ha configurato tale diritto come “incondizionato”, rilevando che, come si è già ricordato, “le esigenze di segretezza per il proseguimento delle indagini e le eventuali ragioni di riservatezza sono del tutto venute meno in riferimento alle comunicazioni poste a base del provvedimento restrittivo, il cui contenuto è stato rivelato a seguito della presentazione da parte del pubblico ministero, a corredo della richiesta, delle trascrizioni effettuate dalla polizia giudiziaria”. Il diritto alla acquisizione della copia può concernere, tuttavia, solo le intercettazioni i cui esiti captativi siano stati posti a fondamento della richiesta della emissione del provvedimento cautelare; non altri, né diversi esiti captativi che concernono persone diverse dall’indagato e che non rilevano al fine di valutare la posizione indiziaria di quest’ultimo. L’ascolto diretto delle conversazioni o comunicazioni intercettate non può essere surrogato dalle trascrizioni effettuate, senza contraddicono, dalla polizia giudiziaria, le quali possono essere, per esplicito dettato legislativo (art. 268 c.p.p., comma 2), anche “sommarie”, rilevando la Corte che “la possibilità per il pubblico ministero di depositare solo i “brogliacci” a supporto di una richiesta di custodia cautelare dell’indagato, se giustificata dall’esigenza di procedere senza indugio alla salvaguardia delle finalità che il codice di rito assegna a tale misura, non può limitare il diritto della difesa di accedere alla prova diretta, allo scopo di verificare la valenza probatoria degli elementi che hanno indotto il pubblico ministero a richiedere ed il giudice ad emanare un provvedimento restrittivo della libertà personale”.
“… La lesione del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost., comma 2, si presenta quindi nella sua interezza, giacché la limitazione all’accesso alle registrazioni non è bilanciata da alcun altro interesse processuale riconosciuto dalla legge… l’interesse costituzionalmente protetto della difesa è quello di conoscere le registrazioni poste alla base del provvedimento eseguito, allo scopo di esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali”; ne consegue, conclusivamente, che i difensori devono avere il diritto incondizionato ad accedere, su loro istanza, alle registrazioni poste a base della richiesta del Pubblico Ministero e non presentate a corredo di quest’ultima, in quanto sostituite dalle trascrizioni, anche sommarie, effettuate dalla polizia giudiziaria” e “Il diritto all’accesso implica, come naturale conseguenza, quello di ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni medesime”. In definitiva, l’accesso alle registrazioni delle conversazioni captate serve a rendere effettivo e completo l’esercizio del diritto di difesa della parte e la loro acquisizione, dunque, è finalizzata proprio al controllo della legittimità della misura genetica emessa nei confronti dell’indagato: e proprio tale scrutinio è demandato al giudice del riesame. Essendo, dunque, la richiesta della copia finalizzata ad esperire il diritto di difesa nel procedimento incidentale de libertate, ne consegue che essa deve essere rilasciata, comunque, in tempo utile perché quel diritto di difesa possa essere in quella sede esercitato.
Condivisibilmente ha rilevato la sentenza della Sez. 5, 24 giugno 2009, n. 39930, che “è di tutta evidenza che, essendo la messa a disposizione di quegli elementi finalizzata al pieno dispiegarsi dell’attività difensiva, implicito è l’obbligo per l’autorità procedente di soddisfare la richiesta in tempo utile, per consentirne la disamina in vista del riesame”. Nella fattispecie l’istanza è stata presentata in tempo utile, senza alcun provvedimento al riguardo emesso successivamente dal P.M.; va anche evidenziata, sotto il profilo organizzativo, la opportunità che il Pubblico Ministero, al momento di formulare la richiesta del provvedimento cautelare, si attrezzi anche preventivamente e per tempo per essere in grado di ottemperare tempestivamente al nuovo obbligo imposto dalla sentenza della Corte Costituzionale.
Al fine di porre il pubblico ministero nella possibilità di adempiere il proprio obbligo, è del pari necessario che la richiesta venga, quindi, proposta tempestivamente rispetto alle cadenze temporali indicate dalle norme processuali, segnatamente, per quanto nella specie rileva, dall’art. 309 c.p.p., comma 9, (cfr, tra altre, Cass., Sez. Feriale, 10 settembre 2009, n. 37151; Sez. 3, 3 novembre 2009, n. 46704, che ha richiamato quanto al riguardo rilevato dalla pregressa sentenza della Corte Costituzionale del 17-24 giugno 1997, n. 192; Cass. Sez. 6, 26 marzo 2009, n. 19150). E tanto va considerato tenuto conto della complessità o meno delle operazioni di duplicazione delle intercettazioni (poche o moltissime; facilmente estrapolagli o meno; ecc.).
Ove il Pubblico Ministero ritenga che le copie richieste non possano, per tali o altri similari motivi, essere rilasciate tempestivamente, si prospetta al riguardo un suo onere di congrua motivazione che dia conto di tale impossibilità, sulla stessa, poi, dovendosi esercitare il controllo del giudice della cautela, solo alla stregua di tali rappresentate prospettazioni, non avendo quest’ultimo la disponibilità dell’intero compendio delle attività captative. Se quella cadenza temporale non è possibile ragionevolmente osservare, per essere stata la richiesta proposta in tempo non utile ad essere assolta, o a motivatamente giustificare la impossibilità di adempiere alla stessa, prima della relativa udienza camerale, anche alla stregua delle ragioni prospettate dal pubblico ministero, il Tribunale del riesame deve comunque decidere alla stregua degli atti trasmessigli nel termine impostogli dalla legge: nella precitata sentenza della Corte Costituzionale n. 192/1997; in riferimento ai “termini rapidi e vincolanti previsti per l’interrogatorio”, si è osservato che “né il difensore potrà pretendere, né l’autorità giudiziaria potrà concedere dilazioni di tali termini ove risulti materialmente impossibile procedere alla copia di tutti gli atti richiesti entro le rigide cadenze previste per l’interrogatorio e per l’udienza del riesame”.
D’altronde, il diritto a far valere eventuali rilievi e ragioni difensive, in termini di rilevanza probatoria o indiziaria, scaturenti dall’ascolto delle registrazioni, non rimane, in tal caso, affatto precluso all’indagato, giacché quei rilievi e quelle ragioni possono comunque essere dallo stesso fatti valere successivamente, una volta ottenuta la copia della traccia fonica richiesta. Appare, pertanto, illegittima la mancata risposta del P.M. sull’istanza della difesa.
Ove tale vizio sia stato ritualmente dedotto in sede di riesame, il Tribunale non potrà fondare la sua decisione sul dato di giudizio scaturente dal contenuto delle intercettazioni riportato in forma cartacea, in mancanza della denegata possibilità di riscontrarne la sua effettiva conformità alla traccia fonica e, sempre in sede di riesame, il dato assume connotazione di definitività probatoria solo quando la parte sia stata posta in condizione di verificare quella conformità, esercitando il richiesto diritto di accesso. Il giudice del riesame, quindi, in presenza di tale accertata patologia, non avrebbe dovuto utilizzare quel dato nel procedere alla valutazione della prova: in tal senso ed a tali fini quel dato, perciò, rimane in quella sede inutilizzabile.
Va, quindi, ritenuta, ai fini cautelari, la non utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, con rinvio al Tribunale del riesame perché valuti la congruità degli indizi di colpevolezza dell’indagato, senza tener conto degli esiti delle intercettazioni telefoniche e il giudice del rinvio dovrà, quindi valutare se quel dato non assuma rilevanza decisiva nel contesto della intera evidenza procedimentale rinvenibile, che gli consenta di egualmente esprimere il suo conclusivo divisamente riguardo alla sussistenza del richiesto grave quadro indiziario.
2) Con riferimento al secondo motivo il Tribunale del riesame ha ritenuto che le intercettazioni siano avvenute “nei locali di una Procura della Repubblica sia pure diversa da quella competente per territorio” (pag. 2 ord.), Le sezioni Unite hanno affermato che condizione necessaria per l’utilizzabilità delle intercettazioni è che l’attività di registrazione – che, sulla base delle tecnologie attualmente in uso, consiste nella immissione dei dati captati in una memoria informatica centralizzata – avvenga nei locali della Procura della Repubblica mediante l’utilizzo di impianti ivi esistenti, mentre non rileva che negli stessi locali vengano successivamente svolte anche le ulteriori attività di ascolto, verbalizzazione ed eventuale riproduzione dei dati così registrati, che possono dunque essere eseguite “in remoto” presso gli uffici della Polizia Giudiziaria. (In motivazione la Corte ha precisato, con riguardo all’attività di riproduzione – e cioè di trasferimento su supporti informatici di quanto registrato mediante gli impianti presenti nell’ufficio giudiziario , che trattasi di operazione estranea alla nozione di “registrazione”, la cui “remotizzazione” non pregiudica le garanzie della difesa, alla quale è sempre consentito l’accesso alle registrazioni originali). (Sez. U, Sentenza n. 36359 del 26/06/2008 Cc. (dep. 23/09/2008) Rv. 240395). Non è prevista alcuna sanzione di nullità o inutizzabilità delle intercettazioni nel caso in cui la Procura della Repubblica subdeleghi per tale attività altra Procura e non è, quindi, illegittima la intercettazione eseguita presso una Procura diversa da quella che ha disposto l’intercettazione.
Infine questa Corte ha precisato che sono utilizzabili i risultati delle intercettazioni nel caso in cui le operazioni di ascolto avvengano in luogo diverso da quello in cui sono eseguite la captazione e la registrazione delle conversazioni, atteso che l’art. 268 c.p.p., comma 3 si limita a disporre che le operazioni di intercettazione vengano effettuate presso gli uffici della Procura della Repubblica, ma in alcun modo vieta che l’ascolto delle conversazioni possa avvenire, ove gli strumenti tecnici disponibili lo consentano, anche in un altro luogo. In applicazione del principio, questa S.C., ha ritenuto utilizzabili e valide le intercettazioni eseguite presso gli uffici della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, mentre l’ascolto e la trascrizione delle telefonate avveniva negli uffici della polizia giudiziaria siti in Milano, (Sez. 4, Sentenza n. 30002 del 12/07/2007 Cc. – dep. 24/07/2007 – Rv. 237051).
3) Con riferimento al terzo motivo di ricorso, ancorché il Tribunale della libertà non abbia deciso sulla eccezione della difesa di inutilizzabilità delle conversazioni registrate dalla persona offesa Cappelli, per il mancato deposito dell’originale del supporto magnetico delle conversazioni tra presenti, in quanto prova documentale ex art. 234 c.p.p., ha, tuttavia, rilevato che “la registrazioni effettuate dal Cappelli costituiscono un piccolo tassello di contorno” (pag. 3 ord.), pur avendo ritenuto di porre anche a fondamento della legittimità della misura cautelare, quantunque attenuata, anche le dichiarazioni della parte offesa, non ha attribuito a tali registrazioni rilevanza decisiva riguardo alla sussistenza del grave quadro indiziario.
Peraltro questa Corte ha già affermato la differente valutazione, condivisa dal Collegio, tra le intercettazioni regolate dall’art. 266 e segg. cod. proc. pen. che consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato, rispetto alla registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi; quest’ultima non è riconduciate, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 cod. proc. pen., salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipa. (Sez. U, Sentenza n. 36747 del 28/05/2003 Ud. (dep. 24/09/2003) Rv. 225465; Sez. 2, Sentenza n. 2829 del 15/12/2005 Ud. (dep. 24/01/2006) Rv. 233331 Sez. 1, Sentenza n. 14829 del 19/02/2009 Cc. (dep. 06/04/2009) Rv. 243741).
Quindi le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non necessitano dell’autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell’art. 267 c.p.p., in quanto non rientrano nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma si risolvono in una particolare forma di documentazione, che non è sottoposta alle limitazioni ed alle formalità proprie delle intercettazioni, mancando “la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste, e la “terzietà” del captante. (Sez. 6, Sentenza n. 23742 del 07/04/2010 Ud. (dep. 21/06/2010) Rv. 247384; Sez. 1, 14-4-1999, lacovone; Sez. 1, 14-2-1994, Pino; Sez. 6A 8-4-1994, Giannola).
Il nastro contenente la registrazione non è altro che la documentazione fonografica del colloquio, la quale può integrare quella prova che diversamente potrebbe non essere raggiunta e può rappresentare (si pensi alla vittima di un’estorsione) una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, con l’effetto che una simile pratica finisce col ricevere una legittimazione costituzionale (Cass. Sez. Un. 28-5-2003 n. 36747).
Anche, quindi, nel diverso caso di conversazioni tra presenti, devesi, anche in tal caso, riconoscere il relativo diritto di conoscere le registrazioni poste a base del provvedimento, con conseguente possibilità di ottenere copia della traccia fonica e delle relative trascrizioni, trattandosi, anche in questo caso, di esercizio del diritto preordinato allo scopo di esperire efficacemente il diritto di difesa. Tuttavia la mera affermazione del mancato deposito dell’originale del supporto magnetico, peraltro non suffragata da elementi concreti di riscontro, non è idonea a inficiare la validità di tali atti, occorrendo fornire validi elementi a supporto di una eventuale difformità rispetto all’originale. S’impone, quindi, con riferimento al primo motivo di ricorso, l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata per un nuovo giudizio, nel quale dovrà prescindersi dal contenuto di tali registrazioni o conversazioni. Gli altri motivi di ricorso restano assorbiti”.
Di conseguenza, anche con riferimento alla posizione di latinucci Tonino si impone l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata per un nuovo giudizio, nel quale dovrà prescindersi dal contenuto di tali registrazioni o conversazioni.
Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

Annulla con rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Roma per nuovo esame.
Si provveda a norma dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
Depositata in Cancelleria il 06.07.2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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