Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-08-2012, n. 14650

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con atto di citazione 16.6.2000 I.M. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 239/2000, con cui il Tribunale di Benevento gli aveva ingiunto il pagamento di L. 93.931.80 per prestazioni professionali eseguite dal geom. A. V., quale progettista e direttore dei lavori di costruzione di una stalla e di un’abitazione, appaltati da esso I..

L’opponente assumeva che gli immobili realizzati presentavano gravi lesioni strutturali che ne compromettevano la staticità e l’uso cui erano destinati ed, in via riconvenzionale, chiedeva accertarsi la responsabilità del V. e del titolare dell’impresa appaltatrice, P.A., con condanna in solido degli stessi al risarcimento dei danni causati dalla cattiva esecuzione delle rispettive prestazioni.

Instaurato il contraddittorio anche nei confronti del P. assunta la prova per interrogatorio e testi, espletata C.T.U., con sentenza 15.11.2004,11 Tribunale di Benevento, in accoglimento dell’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava, in solido, V.A. e P.A., rispettivamente nella misura del 75% e del 25%, al pagamento, in favore di I.M., di Euro 76.000,00 oltre interessi legali e rifusione delle spese processuali; rigettava la domanda di pagamento del V. e quella di risarcimento danni del P..

Avverso tale pronuncia i soccombenti proponevano distinti atti di appello, successivamente riuniti.

Il P. deduceva: la decadenza dello I. dall’azione ex art. 1669 c.c.,l’omessa ed erronea valutazione delle cause delle lesioni, l’irragionevolezza della statuizione sul risarcimento del danno con vincolo solidale, sul "quantum debeatur" e sul rigetto della domanda riconvenzionale.

A sua volta il V. lamentava:

l’erroneità della decisione quanto alla responsabilità ascrittagli, alla causa delle lesioni,alle risultanze della C.T.U., alla stima del costo delle riparazioni, alla ripartizione del risarcimento, alla quantificazione del compenso dovutogli, alla imputazione dei pagamenti ricevuti ed all’importo del prestito allo I..

Con sentenza depositata il 7.7.2010 la Corte di Appello di Napoli rigettava l’appello proposto dal P.; accoglieva, per quanto di ragione, l’appello del V., condannando lo I. al pagamento della somma di Euro 9.358,96, oltre interessi, a titolo di residuo compenso professionale del V., disponendo compensarsi detto importo col debito di quest’ultimo, rinveniente dal costo di riparazione dell’immobile e dal risarcimento dei danni; compensava le spese processuali del grado, nella misura di 1/2, tra il P. e lo I. e, nella misura di 2/3, tra il V. e lo I., condannando gli appellanti al pagamento della residua parte in favore dell’appellato I..

La Corte di merito rilevava che la censura relativa alla decadenza del termine annuale di cui all’art. 1669 c.c., non aveva investito anche il profilo della incidenza dei difetti costruttivi sulla statica della costruzione nè il collegamento causale del dissesto con l’attività di esecuzione dell’opera; il termine per la denuncia dei vizi, con riferimento alla conoscenza acquisita da parte del committente, risultava rispettato, avuto riguardo al calcolo a ritroso dal 1.4.2000, data della denuncia; che sussisteva la responsabilità dell’appaltatore per la realizzazione della costruzione su suolo geologicamente inesplorato (a seguito della traslazione della stalla), per omessa segnalazione al direttore dei lavori ed al committente di alcune oggettive incongruenze della relazione geologica, il carattere "anonimo" della relazione geotecnica e la non conformità dei dati espressi in tali elaborati;

peraltro, l’appaltatore aveva realizzato"fondazioni inferiori rispetto al progetto (agendo non quale nudus minister del direttore dei lavori o del committente), non completando il previsto cordolo e non creando il vespaio esterno";

che ricorreva la concorrente responsabilità del no, quale geometra e progettista, per la realizzazione della costruzione in un sito geologicamente inesplorato. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso V.A. sulla base di quattro motivi illustrati da memoria; resistono con distinti controricorsi I. M. e P.A., avanzando, entrambi, ricorso incidentale, lo I. sulla base di un unico motivo ed il P. di sette motivi.

Motivi della decisione

Il ricorrente principale deduce:

1) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, con riferimento al termine di decadenza ex art. 1669 c.c.;

la sentenza sul punto non aveva tenuto conto delle contestazioni delle parti sul contenuto della transazione del febbraio 1998, sulle risultanze della C.T.U. e sulle dichiarazioni rese dal teste S. da cui emergeva che le lesioni si erano palesate già nell’inverno del 1997-98, posto che, a lavori ultimati, nella stalla si era verificato un "cedimento istantaneo" che aveva causato le lesioni alla costruzione;

2) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, laddove era stata affermata la responsabilità del progettista e direttore dei lavori; la edificazione su sito inesplorato, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, non comportava alcuna responsabilità del V., atteso che la verifica del sito poteva essere omessa, ai sensi del D.M. 11 marzo 1988, art. C3 stante la possibilità di procedere "alla caratterizzazione dei terreni sulla base di dati e notizie raccolti mediante indagini precedenti…" e trattandosi, nella specie, solo di una mera rotazione di 180 della stalla e della vasca e non di uno spostamento di 15 metri; la redazione della relazione geologica e geotecnica esulava dalla competenza del geometra V., essendo rimessa a quella esclusiva di un geologo o ingegnere specializzato nel settore edilizio;

3) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, concernente la stima dei costi di riparazione delle opere;

la Corte di appello aveva escluso ipotesi alternative sulle modalità di riparazione della costruzione, omettendo di prendere in esame il documento depositato e allegato al n. 10 del fascicolo di parte del V.;

4) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, in ordine alla ripartizione di responsabilità tra progettista ed appaltatore, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 5, non essendovi motivo per attribuire al geom.

V. competenze tecniche, in tema di tipologia del terreno interessato dalla costruzione, superiori a quelle dell’appaltatore.

Col ricorso incidentale I.M. lamenta,con un unico motivo, violazione e/o errata applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, avendo la Corte di appello omesso di motivare la statuizione sulla compensazione delle spese di lite, non tenendo conto, inoltre, ai fini della determinazione del credito del V., delle maggiori somme da questi ricevute, sia pure "non giustificate da idonea documentazione fiscale".

P.A.A., con il ricorso incidentale, deduce:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 1669 e 2697 c.c., nonchè erronea ed insufficiente motivazione su punto decisivo della causa, laddove i giudici di appello avevano omesso di confrontare le risultanze della C.T.U., su modi e tempi di manifestazioni delle lesioni alla costruzione, con le dichiarazioni del teste S., con il contenuto della transazione del febbraio 1998 e con la missiva dell’Avv. C., così da desumere la tardività della denuncia dei vizi in quanto già conoscibili dallo I. nell’inverno 1997/1998;

erroneamente la Corte di merito aveva ritenuto assolto l’onere probatorio, a carico del committente, sulla tempestività della denuncia dei vizi, incorrendo nella omessa valutazione di numerose circostanze da cui era desumibile la conoscenza, da parte dello I., della gravità delle lesioni verificatasi poco dopo la ultimazione della struttura, avuto riguardo alla sottodimensione delle fondazioni, al contenuto della transazione del 18.2.98, al collaudo del 2.3.98, alla lettera 10.9.99 del legale del committente;

2) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio in ordine alla responsabilità dell’appaltatore;

contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte distrettuale, era evidente che il P., modestissimo imprenditore di scarsa istruzione, non era in grado di svolgere una valutazione delle caratteristiche geologiche del terreno in questione, tanto che era stato necessario espletare, al riguardo, una C.T.U. affidata ad uno specialista in materia; egli si era limitato ad eseguire gli ordini del committente e del direttore dei lavori che, in sede di collaudo, avevano accettato, senza riserva alcuna, la minor profondità delle fondazioni rispetto al progetto;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 2055 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; la sentenza impugnata aveva posto a carico del P. una responsabilità solidale per il 25%, benchè il progettista e direttore dei lavori fosse stato gravato per 3/4 del pagamento di quanto dovuto allo I. e non considerando la responsabilità parziale che il giudice di prime cure aveva attribuito all’appaltatore;

4) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul "quantum debeatur"; al riguardo il giudice di appello aveva omesso di esaminare la consulenza tecnica di parte, a firma dell’ing. D. D.A. (depositata dal P. nel giudizio di primo grado) da cui risultava un minor costo delle opere di risanamento della costruzione;

5) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione laddove non era stato indicato il criterio equitativo utilizzato per la quantificazione del danno, essendo stato affermato solo che il mancato acquisto di capi di bestiame, da parte dello I., non escludeva il ristoro del danno;

6) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo relativamente al rigetto della domanda riconvenzionale;

il pagamento dei lavori oggetto della transazione del 18.2.98 non riguardava quelli di cui alla domanda riconvenzionale, costituente il 75% del prezzo dell’appalto;

7) violazione e falsa applicazione dell’art. 645 c.p.c., comma 2 e dell’art. 647 c.p.c. per omessa motivazione sull’improcedibilità dell’opposizione dello I. in conseguenza della sua tardiva costituzione in giudizio, oltre il termine di cinque giorni dalla notificazione dell’opposizione. Il ricorso principale è infondato.

Con il primo motivo viene riproposta la questione sul termine di decadenza di cui all’art. 1669 c.c., già esaminata dalla Corte di merito e risolta con motivazione aderente alla giurisprudenza di questa Corte, laddove è stato evidenziato che, nella specie, la prova della tempestività della denuncia dei vizi scaturiva dall’analisi degli elaborati peritali, di parte e di ufficio, posto che la constatazione delle fessurazioni sulla muratura esterna degli immobili, verificatesi già durante l’inverno 97/98, secondo quanto riferito dal teste S., non valeva a dimostrare la riconoscibilità della "gravità" del fenomeno, nel senso della sua incidenza sulla statica e sulla sicurezza dell’edificio, "potendo l’occorso ascriversi anche a fenomeni naturali(es. smottamento) del tutto imprevedibili e successivi alla realizzazione del manufatto edilizio". Secondo l’apprezzamento del giudice di merito, quindi, solo dopo l’indagine tecnica il committente I. potè acquisire un apprezzabile grado di conoscenza della gravità dei difetti costruttivi in quanto influenti sulla statica dell’edificio e collegati causalmente all’attività di esecuzione dell’opera.

Giova ribadire che, secondo la giurisprudenza consolidata della S.C., l’esistenza di vizi di difficile identificazione, che danno luogo alla responsabilità ex art. 1669 c.c., comporta la decorrenza del termine annuale di decadenza per la denuncia dei vizi costruttivi dal momento in cui il denunciante ha raggiunto un ragionevole grado di conoscenza, rapportato, nel caso in esame,all’acquisizione della relazione del consulente tecnico(Cfr. Cass. n. 2460/2008; n. 1463/2008; n. 4622/2002).

Le altre doglianze del V. attengono anch’esse a questioni già disattese dalla sentenza impugnata con corretta e logica motivazione, censurata dal ricorrente sulla base di valutazioni in fatto, riservate al giudice di merito.

In particolare, il secondo e quarto motivo, tra di loro connessi in quanto attinenti alla responsabilità del V., quale progettista e direttore dei lavori, in solido con l’appaltatore P., è stata fondata sulla mancata previsione (con la variante) della realizzazione della costruzione in un sito geologicamente inesplorato e nel non aver ravvisato" talune incongruenze della relazione geologica e della discrasia con quella geotecnica, non sottoscritta nè timbrata".

Come rilevato dai giudici di appello il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore ed il progettista e direttore dei lavori trova fondamento nel principio di cui all’art. 2055 c.c. che, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all’ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale. Peraltro secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, ove il danno risentito dal committente di un contratto di appalto sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell’appaltatore e del progettista- direttore dei lavori, entrambi ne rispondono solidalmente, essendo sufficiente, per la sussistenza della solidarietà, che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento dannoso ( Cfr. Cass. n. 20294/2004; n. 5103/1995).

Orbene, nella specie, l’indagine sulla natura e consistenza del suolo edificatorio rientrava nei compiti sia del progettista – direttore dei lavori che dell’appaltatore, posto che la validità del progetto di una costruzione edilizia della sua esecuzione dipende dalla rispondenza alle caratteristiche geologiche del suolo interessato dalla edificazione. Consegue che, nei confronti del committente, sussiste la responsabilità del V. per inadempimento del contratto d’opera professionale nonchè dell’appaltatore per i vizi della costruzione dipendenti dal cedimento delle fondazioni dovuto alle caratteristiche geologiche del suolo (Cass. n. 11783/2000; n. 12995/2006).

La maggiore percentuale di risarcimento del danno a carico del V. (nella misura del 75%) è stata solo genericamente contestata, a fronte delle argomentazioni di merito del giudice di appello, riferite anche alla sentenza di primo grado ed alla maggiori conoscenze tecniche del progettista e direttore dei lavori.

Il motivo sub 3) attiene ad un apprezzamento sul costo delle riparazioni che, in quanto adeguatamente motivato con riferimento alla soluzione suggerita dal C.T.U., esula dal sindacato di legittimità.

Va rigettato il ricorso di I. per la sua genericità in quanto non rapportato alla motivazione con cui il giudice di appello ha determinato (per la complessità dei temi ed il parziale accoglimento dell’appello del V.) la diversa percentuale di compensazione fra le parti delle spese di lite.

In ordine al ricorso incidentale del P. valgono le considerazioni già svolte in merito a quello del V.. Va aggiunto che, a carico del P., è stato accertato l’ulteriore addebito di aver realizzato fondazioni inferiori rispetto a quelle previste nel progetto, "non completando il previsto cordolo e non creando il vespaio esterno", senza che abbia provato di aver agito quale "nudus minister" del direttore dei lavori e del committente (pag. 29 sent. imp.).

Per quanto attiene la valenza della transazione 18.2.98 la Corte territoriale ha accertato che, a quella data, "non era percettibile il dissesto murario" e le relative cause sicchè doveva escludersi un accordo transattivo sul punto.

Priva di fondamento è, infine, la censura sub 7), relativa alla improcedibilità della opposizione dello I. in conseguenza della sua tardiva costituzione in giudizio. Al riguardo è sufficiente rammentare che il principio secondo cui le questioni attinenti alla regolare costituzione del rapporto processuale sono rilevabili di ufficio, anche nel giudizio di legittimità, va coordinato con i principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo; ne consegue che dette questioni debbono ritenersi coperte dal giudicato implicito allorchè siano state ignorate dalle parti nei precedenti gradi di giudizio, come avvenuto nel caso in esame, considerato che il giudice di merito non si è pronunciato su di esse e che il contraddittorio è stato incentrato sul merito della controversia (Cass. n. 2427/2011; S.U. n. 24883/2008). Alla stregua dei rilievi svolti, i ricorsi vanno rigettati con condanna del ricorrente principale, V.A. e di quello incidentale, P.A.A., entrambi soccombenti, al pagamento in solido dei 2/3 delle spese processuali in favore di I.M., liquidate, per l’intero, come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore anticipatario di I..

Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo essenzialmente al fatto che anche il motivo di ricorso incidentale dello I. è stato rigettato, per compensare fra le parti il residuo terzo delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente principale V.A. e quello incidentale, P.A.A., al pagamento in solido dei 2/3 delle spese processuali in favore di I.M., liquidate, per l’intero, in complessivi Euro 3.500,00 oltre Euro 200,00 per spese e accessori di legge, con distrazione in favore del difensore dello I., compensato il residuo terzo fra le parti.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2012

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