Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-08-2012, n. 14707

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. La Corte d’appello di Lecce, confermando la decisione di primo grado, con la sentenza indicata in epigrafe, ha affermato, nei confronti dell’INPS, il diritto di D.M.M., nato il (OMISSIS), titolare di pensione sociale dal maggio 1989, alla trasformazione automatica della suddetta pensione in assegno sociale al compimento del 65^ anno di età, con gli incrementi previsti dalla L. n. 488 del 1998, art. 67, a decorrere dal 1.1.1999, sul presupposto del mancato superamento dei limiti di reddito.

2. Per la cassazione di questa sentenza l’Inps propone ricorso affidato a tre motivi. In ottemperanza all’ordinanza interlocutoria di questa Corte, depositata in data 17 luglio 2009, l’Inps ha rinnovato la notificazione del ricorso agli eredi del D.M., deceduto nelle more del gravame e la cui morte non era stata dichiarata, come ammesso dalla legge, nel corso del giudizio di appello. Gli intimati non hanno resistito.

Motivi della decisione

3. Con i tre motivi di ricorso, illustrati in conformità del disposto dell’art. 366-bisc.p.c., applicabile ratione temporis, l’INPS deduce:

– violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 6 e 7, della L. n. 153 del 1969, art. 26, con riferimento alla L. n. 118 del 1971, art. 19 e all’art. 11 preleggi, deducendo che l’assegno sociale, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, può essere erogato solo nel caso in cui i requisiti per il conseguimento della prestazione sostitutiva – ivi compreso quello dell’età anagrafica – si siano perfezionati nella vigenza della L. n. 335 del 1995 e, pertanto, dal 1 gennaio 1996;

– violazione degli artt. 414, 416, 420, 437 c.p.c., art. 2697 c.c. e L. n. 448 del 1988, art. 67, per aver ritenuto acquisita al giudizio la prova del requisito reddituale e per aver erroneamente apprezzato, con motivazione palesemente viziata, i dati al riguardo forniti dall’INPS. 4. Il primo motivo è fondato.

5. Premesso che l’ammissione di mutilati ed invalidi civili alla pensione sociale (di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26), in sostituzione della pensione di inabilità o dell’assegno di invalidità (di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13 ) – "dal primo giorno del mese successivo al compimento dell’età di 65 anni" – ha carattere automatico, va osservato che, sopraggiunta la L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 6, ha così disposto: "Con effetto dal 1 gennaio 1996, in luogo della pensione sociale e delle relative maggiorazioni, ai cittadini italiani residenti in Italia che abbiano compiuto i 65 anni di età e si trovino nelle condizioni reddituali di cui al presente comma è corrisposto un assegno di base non reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per il 1996, a L. 6.240.000, denominato assegno sociale".

6. Quanto agli effetti che conseguono a detta ultima disposizione, questa Corte, con numerose sentenze, ex multis, Cass. 18825/2008, ha evidenziato che da tale norma non è possibile ricavare l’abolizione – a far tempo dal 1 gennaio 1996, appunto – delle pensioni sociali precedentemente conseguite nel vigore della rispettiva disciplina (L. 30 aprile 1969, n. 153 art. 26 cit.) – al compimento del 65^ anno di età. "Parimenti non ne risulta l’abrogazione (ai sensi dell’art. 15 disp. gen.), espressa oppure tacita – per incompatibilità con la sopravvenuta istituzione dell’assegno sociale, appunto, in luogo della pensione sociale (di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 6, cit.) – della prospettata sostituzione automatica (ai sensi della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, comma 1, cit.) – al compimento del sessantacinquesimo anno di età – della stessa pensione sociale alla pensione di inabilità oppure all’assegno di invalidità, in favore di mutilati ed invalidi civili (di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13, cit.). Coerentemente, mutilati ed invalidi civili – titolari di pensione di inabilità o di assegno di invalidità (di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13 cit.) – sono ammessi alla pensione sociale oppure all’assegno sociale (ai sensi della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, comma 1, cit.) – del pari automaticamente – a seconda che "il primo giorno del mese successivo al compimento dell’età di 65 anni" cada (o meno) prima della data (1 gennaio 1996) della istituzione dell’assegno sociale (di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 6, cit.), in luogo della pensione sociale (sul punto, vedi Cass. n. 18713, 17083/2004). In altri termini, mutilati ed invalidi civili – titolari di pensione di inabilità o di assegno di invalidità – continuano a percepire la pensione sociale – conseguita, al compimento del sessantacinquesimo anno di età entro il novembre 1995 mentre hanno diritto, invece, all’assegno sociale, ove la stessa età (di sessantacinque anni, appunto) sia stata raggiunta in data successiva (cioè dal dicembre 1995 in avanti)".

7. Poichè, nel caso di specie, il compimento del 65 anno di età è avvenuto il 22 aprile 1989, il D.M. continua a percepire la pensione sociale e non ha diritto all’assegno non reversibile istituito dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6 e la sentenza impugnata, che ha ritenuto irrilevante, ai fini del diritto all’attribuzione del predetto assegno, l’avvenuto compimento dei 65 anni di età ben prima del mese di dicembre 1995, è incorsa nelle denunciate violazioni di legge, sicchè la detta pronuncia, in accoglimento del primo motivo del ricorso dell’Istituto, deve essere cassata.

8. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda originariamente proposta da D.M.M..

9. Nulla deve disporsi per le spese del giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore all’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326, nella specie inapplicabile ratione temporis;

infatti le limitazioni di reddito per la gratuità del giudizio introdotte da tale ultima norma non sono applicabili ai processi il cui ricorso introduttivo del giudizio sia stato depositato, come nella specie, anteriormente al 2 ottobre 2003 (ex multis, Cass. 4165/2004; S.U. 3814/2005).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da D.M. M.; nulla spese.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *